Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 175 del 7 gennaio 2020
reati tributari – confisca – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti – Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Fermo, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., applicava a C.A. la pena di un anno e due mesi di reclusione, con i doppi benefici di legge, e a C.G. la pena di un anno, sette mesi e dieci giorni reclusione, condizionalmente sospesa, in relazione ai delitti di cui agli artt. 110 cod. pen., 2 d.lgs. n. 74 del 2000 relativamente ai periodi di imposta 2012 e 2013 (capo A), 110 cod. pen., 8 d.lgs. n. 74 del 2000, relativamente ai periodi di imposta 2012, 2013, 2014 e 2015 (capo B), e 110 cod. pen., 10 d.lgs. n. 74 del 2000 (capo C).
2. Avverso l’indicata sentenza, il Procuratore generale territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, con cui lamenta il vizio di inosservanza della legge penale, non avendo il g.i.p. disposto, con la sentenza in esame, la confisca per equivalente del profitto dei reati contestati, ai sensi degli artt. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, confisca da ritenersi obbligatoria anche nel caso di sentenza pronunciata ai sensi dell’art.445 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente osservato che il ricorso, diretto a denunciare l’omessa statuizione di una misura di sicurezza patrimoniale, quale la confisca, da parte del giudice che ha pronunciato sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., è ammissibile. Invero, come recentemente affermato dalle Sezioni unite di questa Corte con sentenza deliberata il 26/09/2019, ric. Savin (di cui al momento è nota la sola informazione provvisoria), è ammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., con riferimento alle misure di sicurezza, personali o patrimoniali, che non abbiano formato oggetto dell’accordo delle parti.
2. Ciò posto, nel merito il ricorso è fondato.
2.1. Va osservato che, in materia di reati tributari, la confisca è stata introdotta dall’art. 1, comma 143, l. 24 dicembre 2007, n. 244, a norma del quale «nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale», il quale stabilisce che «in caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale (…) è sempre ordinata la condisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reato ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto».
2.2. Tale disposizione è stata successivamente abrogata dall’art. 14 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, che contestualmente ha introdotto, nel corpo del d.lgs. n. 74 del 2000, l’art. 12-bis, a tenore del quale la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, tra le due disposizioni appena indicate vi è continuità normativa (Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016 – dep. 28/11/2016, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 268386; Sez. 3, n. 35226 del 16/06/2016 – dep. 22/08/2016, D’Agapito, Rv. 267764), di talché non si pone una questione di successione nel tempo di leggi penali.
2.3. Da tali premesse, si è conseguentemente affermato che la confisca per equivalente del profitto del reato va obbligatoriamente disposta, anche con la sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., pur laddove essa non abbia formato oggetto dell’accordo tra le parti, attesa la sua natura di vera e propria sanzione, non commisurata alla gravità della condotta né alla colpevolezza dell’autore, ma diretta a privare quest’ultimo del beneficio economico tratto dall’illecito, anche di fronte all’impossibilità di aggredire l’oggetto principale dell’attività criminosa (Sez. 3, n. 6047 del 27/09/2016 – dep. 09/02/2017, Zaini, Rv. 268829; Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016 – dep. 28/11/2016, P.G. in proc. Lombardo, Rv. 268386; Sez. 3, n. 44445 del 09/10/2013 – dep. 04/11/2013, P.G. in proc. Cruciani, Rv. 257616).
3. Nel caso di specie, il Tribunale non si è attenuto ai principi poc’anzi richiamati: pur avendo pronunciato sentenza di applicazione della pena ex art.444 cod. proc. pen. per i reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 sopra indicati, commessi in data successiva all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007, ha omesso di disporre la confisca per equivalente relativamente al profitto del reato.
4. La sentenza va pertanto annullata limitatamente all’omessa statuizione della confisca, con rinvio al Tribunale di Fermo, sezione g.i.p., affinché provveda sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la confisca e rinvia al Tribunale di Fermo, sezione g.i.p., per nuovo esame.
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