Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 18498 depositata il 27 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – DEPENALIZZAZIONE DEI REATI – NON SI APPLICA – REATI IN TEMA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Fatto – Diritto
1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 5 – 7 settembre 2016, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. n. 8 del 2016, il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato la sentenza di condanna alla pena di euro 4.000,00 resa il 13 febbraio 2013 dal Tribunale di Cassino nei confronti di M.D’A., imputato del reato di cui agli artt. 28 e 55, lett. a), d.lgs. 81/2008, commesso in Piedimonte San Germano, il 7 dicembre 2007, sentenza divenuta irrevocabile il 15 ottobre 2013, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, al contempo ordinando la trasmissione degli atti all’Ispettorato del Lavoro per l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria.
1.1. Il Giudice ha ritenuto fondata la richiesta di revoca in considerazione del fatto che l’art. 55, lett. a), d.lgs. 81/2008 sanzionava la condotta con la sola pena pecuniaria dell’ammenda e l’art. 1, comma 1, d.lgs. 8/2016, stabiliva che non costituivano più reato ed erano soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria tutte le violazioni per le quali era prevista la sola pena della multa o dell’ammenda: poiché il procedimento penale era stato definito con sentenza irrevocabile di condanna emessa prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo di depenalizzazione, il giudice dell’esecuzione doveva provvedere alla revoca della sentenza di condanna, ai sensi dell’art. 8, comma 2, dello stesso decreto legislativo e dell’art. 2, secondo comma, cod. pen.
1.2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cassino, chiedendone l’annullamento senza rinvio e deducendo violazione di legge, in quanto il reato per il quale era intervenuta la sentenza di condanna non era stato depenalizzato.
1.3. Il Procuratore generale ha formulato parere nel senso dell’annullamento dell’ordinanza impugnata, segnalando che i reati in tema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. 8172008 sono esclusi della depenalizzazione stabilita dal d.lgs. n. 8 del 2016.
2. Si verte in un’ipotesi di revoca della sentenza di condanna emessa dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen., in relazione alla specifica disciplina dettata dall’art. 8 d.lgs. 8/2016, recante disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’art. 2, comma 2, legge 28 aprile 2014, n. 67.
In base all’art. 8, comma 2, cit. (rubricato con riferimento all’applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse), ” se i procedimenti penali per i reati depenalizzati dal presente decreto sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell’esecuzione provvede con l’osservanza delle disposizioni dell’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale”.
Chiaro è, dunque, il richiamo al procedimento inaudita altera parte che contempla l’emissione del provvedimento de plano, senza formalità e senza che venga fissata l’udienza di comparizione delle parti per l’espletamento del contraddittorio: provvedimento che viene comunicato al pubblico ministero e notificato all’interessato, i quali, al pari del difensore, possono proporre opposizione innanzi alla stesso giudice che procede ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen.
Di conseguenza, quando il giudice dell’esecuzione abbia reso il provvedimento de plano, ma anche lì dove abbia irritualmente anticipato il contraddittorio a tale prima fase, gli interessati possono proporre solo opposizione innanzi allo stesso giudice dell’esecuzione, che dovrà però trattare le relative questioni in procedimento partecipato, regolato dalle forme dell’incidente di esecuzione di cui all’art. 666 c.p.p., previa convocazione delle parti e dei difensori per un’udienza camerale.
2.1. Nel caso in esame, come si è premesso, proposta dal M.D’A. l’istanza di revoca della sentenza per dedotta applicazione al reato accertato a suo carico della depenalizzazione introdotta dal d.lgs. n. 8 del 2016, il giudice dell’esecuzione, dando atto espressamente di applicare la suddetta procedura semplificata, ha accolto de plano l’istanza e revocato la sentenza.
Il P.m. ha proposto avverso questo atto ricorso immediato per cassazione per la già indicata doglianza: ricorso che non può, però, dare luogo all’esame del motivo sopra richiamato per la ragione spiegata. Infatti, se si procedesse in questa sede omisso medio, le parti resterebbero private della fase della rivalutazione del provvedimento da parte del giudice dell’originario provvedimento che, a differenza del giudice di legittimità, ha cognizione piena della doglianza ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni che le parti non hanno ancora sottoposto al giudice di merito, in una materia in relazione alla quale il legislatore ha – con il richiamo del rito di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. – previsto la fase dell’opposizione proprio per le corrispondenti peculiarità.
Tuttavia, il ricorso non va dichiarato inammissibile, ma va qualificato come opposizione, per il principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis, in applicazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., dovendo ritenersi consentita la qualificazione dell’atto di impugnazione per la piena osservanza dell’indicato principio generale, di cui l’ultimo comma dell’art. 568 cit. costituisce chiara manifestazione (Sez. 1, n. 33007 del 09/07/2013, Compagnone, Rv. 257006), non apparendo consentaneo al citato principio far discendere l’effetto della declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione dall’erronea qualificazione della stessa (per l’applicazione del rito de plano con qualificazione del ricorso come opposizione, nell’analoga fattispecie di cui all’art. 101, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, Sez. 1, n. 51405 del 08/11/2016, Tega, n. m.).
2.2. Una volta qualificato il ricorso come opposizione, si deve dunque procedere alla conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Cassino affinché venga espletato il giudizio di opposizione, ai sensi degli artt. 8 d.lgs. n. 8 del 2016, 667, comma 4, e 666 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come opposizione, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Cassino.
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