CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 20531 depositata il 25 maggio 2022
Indebita percezione di erogazioni pubbliche – Reato ex art. 316-ter cod. pen. – Configurabilità – Utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Bari con la quale T.S. è stata condannata alla pena di mesi cinque di reclusione per il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., così riqualificata l’originaria contestazione di cui agli artt. 81 e 640 cod. pen., perché, nella qualità di legale rappresentante della TCS Italia s.r.l., dichiarando falsamente all’I.N.P.S. di avere corrisposto alla lavoratrice F.S. l’indennità di maternità relativa al periodo dal maggio 2013 ad agosto 2014, per complessivi euro 8000,00, conseguiva indebitamente il conguaglio di detto importo con i contributi dovuti periodicamente all’Istituto previdenziale.
2. Propongono ricorso per cassazione i difensori di T.S., avv. M.L. e avv. V.O., deducendo la violazione dell’art. 316-ter cod. pen. e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ritiene superata la soglia di punibilità prevista dall’art. 316-ter, comma secondo, cod. pen., considerando l’importo complessivo dell’indennità di maternità anziché i singoli importi mensili, relativi a somme comprese tra i 500,00 ed i 700,00 euro, portati a conguaglio dei contributi previdenziali dovuti attraverso il modulo DM10. Si deduce che l’importo complessivo non corrisposto alla lavoratrice era inferiore ad euro 8000,00 in quanto questa aveva ricevuto dei pagamenti parziali dell’indennità con due bonifici del 7 agosto 2013, di euro 495,00, e del 15 maggio 2013, di euro 500,00; la dipendente, infatti, si era insinuata nel passivo fallimentare della TCS s.r.l. per un importo pari ad euro 3561,81; la prova dei pagamenti era stata allegata all’atto di appello, come attestato dal Cancelliere, ma non era stata rinvenuta dalla Corte territoriale. La sentenza impugnata, inoltre, pur aderendo alla tesi che considera la soglia di punibilità quale elemento costitutivo del reato, ha sommato i sedici illeciti amministrativi commessi attraverso l’invio dei DM10 mensili considerando superata detta soglia, in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ritiene configurato il reato con l’invio del singolo modello DM10 mensile.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
2. Giova preliminarmente rammentare che nella giurisprudenza di legittimità sono emersi diversi orientamenti ermeneutici in merito alla qualificazione giuridica della condotta del datore di lavoro che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore somme a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottenga dall’I.N.P.S. il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, così percependo indebitamente dallo stesso istituto le corrispondenti erogazioni. Tale condotta è stata qualificata ora come appropriazione indebita (Sez. 2, n. 5486 del 5/11/2015, Crespi, Rv. 266367), ora come truffa, ponendosi l’accento sull’artificio costituito dalla fittizia esposizione delle somme corrisposte al lavoratore e sulla successiva induzione in errore dell’istituto previdenziale (Sez. 2, n. 42937 del 3/10/2012, Riondato, Rv. 253646) ora, infine, come indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen. (tra le tante, Sez. 6, n. 7963 del 26/11/2019, dep. 2020, Romano, Sez. 2, n. 51334 del 23/11/2016, Sechi, Rv. 268915).
Tale ultima soluzione, cui il Collegio intende dare continuità, esclude la ravvisabilità degli elementi costitutivi sia del delitto di truffa che di quello di appropriazione indebita in considerazione del seguente ordine di ragioni: i) la mancanza di artifici e raggiri e, soprattutto, la considerazione che la difforme rappresentazione della situazione all’ente previdenziale non è idonea a determinare alcun danno dell’ente cui il lavoratore non potrà richiedere quanto spettantegli, dovendo questo rivolgersi esclusivamente al proprio datore di lavoro; ii) la mancanza del presupposto del possesso delle somme indebitamente percepite dal datore di lavoro.
Tale soluzione ermeneutica, oggi prevalente nella giurisprudenza di legittimità, risulta maggiormente coerente con la giurisprudenza della Corte costituzionale (ord. n. 95 del 2004) e con i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 7537 del 16/10/2010, dep. 2011, Pizzuto, Rv. 249104; Sez. U, n. 16568 del 19704/2007, Carchivi, Rv. 235962) che hanno evidenziando il carattere residuale della fattispecie di cui all’art. 316-ter cod. pen. rispetto a quella prevista dall’art. 640-bis cod. pen., alla luce sia del dato normativo che della ratio legis, essendo l’art. 316- ter cod.pen. volto ad assicurare agli interessi da esso considerati una tutela aggiuntiva e «complementare» rispetto a quella già offerta dall’art. 640-bis cod. pen., coprendo gli eventuali margini di scostamento – per difetto – del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode (così, Corte cost., ord. n. 95 del 2004).
Difatti, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite, ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. è l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere (ovvero l’omissione di informazioni dovute) da cui derivi il conseguimento indebito di erogazioni da parte dello Stato o di altri enti pubblici o delle Comunità Europee. Tali erogazioni, peraltro, non devono necessariamente consistere nell’ottenimento di una somma di denaro, ma possono consistere indifferentemente o nell’ottenimento di una somma di danaro, oppure nell’esenzione dal pagamento di una somma altrimenti dovuta.
In definitiva, il reato previsto dall’art. 316-ter cod. pen., punisce condotte decettive non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate (oltre che dal silenzio antidoveroso) da false dichiarazioni o dall’uso di documenti falsi, ma nelle quali l’erogazione non discende da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’ente pubblico erogatore, che non viene indotto in errore perché in realtà si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale attestazione del richiedente.
2.1 Premessa, dunque, la correttezza della qualificazione giuridica della condotta ascritta alla ricorrente, la questione che il ricorso pone all’attenzione del Collegio attiene al criterio di computo della soglia di punibilità stabilita dall’art. 316-ter, comma secondo, cod. pen. allorché il reo consegua in momenti diversi delle somme un’esenzione di pagamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dal Collegio pienamente condivisa e ribadita, in tema di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, il superamento della soglia di punibilità indicata dall’art.316-ter, comma 2, cod. pen. integra un elemento costitutivo del reato e non una condizione obiettiva di punibilità, sicché è irrilevante che il beneficiario consegua in momenti diversi contributi che, sommati tra loro, determinerebbero il superamento della soglia, in quanto rileva il solo conseguimento della somma corrispondente ad ogni singola condotta percettiva (Sez. 6, n. 31223 del 24/06/2021, Ciccarini, Rv. 282105).
Si è, infatti, considerato, con riferimento proprio all’indebito conguaglio effettuato dal datore di lavoro tra le somme dovute a titolo di contribuzione e quelle relative ad erogazioni anticipate al lavoratore, che la legge 24 novembre 2003, n. 326, ha previsto che i datori di lavoro debbano comunicare mensilmente all’I.N.P.S.
I dati retributivi e le informazioni utili al calcolo dei contributi e, fra queste, anche le erogazioni anticipate al lavoratore per conto dell’I.N.P.S. (come le indennità di malattia o maternità). In particolare, i datori di lavoro sono tenuti ad inoltrare tali informazioni, ivi compresi eventuali conguagli, entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello di competenza, utilizzando il modulo mensile DM10 (oggi UNIEMENS); quindi, sulla base di tale comunicazione, devono provvedere, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione da parte del lavoratore dipendente, al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Da ciò consegue che, in caso di indebita compensazione con somme non erogate al lavoratore, il datore di lavoro realizza la condotta tipica prevista dall’art. 316-ter cod. pen. nel momento in cui ottiene l’indebita erogazione da parte dell’ente pubblico, sotto forma di “risparmio di spesa” rispetto al quantum che avrebbe invece dovuto versare all’ente previdenziale se non avesse compilato detto flusso in termini non veritieri (in tal senso, si veda anche, Sez. 6, n. 7963 del 26/11/2019, dep. 2020, Romano, Rv. 278455; Sez. 6, n. 24890 del 20/02/2019, Giorgio, Rv. 277283; Sez. 6, n. 38292 del 14/07/2015, Trevisan, Rv. 264609).
Pertanto, il superamento della soglia di punibilità prevista dal secondo comma dell’art. 316-ter cod. pen., espressamente collegata all’entità della «somma indebitamente percepita», non può che essere calcolato considerando il risultato economico derivato da ciascuna delle condotte produttive dell’indebita erogazione (così, Sez. 6, n. 31223 del 24/06/2021, Ciccarmi, Rv. 282105; nello stesso senso anche Sez. 2, n. 4404 del 13/1/2016, Carli, in motivazione).
2.2 Tale conclusione potrebbe apparire in contrasto con altro principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato, nella valutazione del superamento o meno della soglia di punibilità, prevista dall’art. 316-ter, comma secondo, cod. pen., occorre tener conto della complessiva somma indebitamente percepita dal beneficiario e non di quella allo stesso corrisposta con cadenza periodica, ove le erogazioni conseguano ad una iniziale ed unitaria condotta (Sez. 6, n. 45917 del 23/09/2021, Prigitano, Rv. 282293; Sez. 6, n. 11145 del 02/03/2010, M., Rv. 246693).
Si tratta, tuttavia, di un contrasto meramente apparente in quanto in realtà il diverso principio relativo alla rilevanza della somma complessivamente erogata è stato affermato in fattispecie in cui le indebite erogazioni conseguivano ad una singola e unitaria condotta tipica dalla quale erano derivate delle erogazioni “dilatate” nel tempo (come, appunto, nel caso esaminato dalla sentenza M. in cui l’imputato aveva percepito dal Comune il reddito minimo di inserimento con cadenze mensili per un determinato arco temporale, a fronte di un’unica iniziale condotta, consistente nell’avere omesso di dichiarare all’ente territoriale di non trovarsi più nelle condizioni familiari che ne legittimavano l’erogazione).
2.3 Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata abbia erroneamente calcolato l’intero ammontare delle somme indebitamente compensate ai fini della determinazione del superamento o meno della soglia di punibilità. Tenuto, infatti, conto delle modalità della condotta ascritta alla ricorrente, effettuata sulla base delle comunicazioni mensili all’istituto previdenziale, e dell’ammontare delle somme mensilmente comunicate, deve, dunque, ritenersi che, in relazione alle singole mensilità contributive ed al conseguente risparmio di spesa ottenuto dalla S., non sia stata superata la soglia di punibilità prevista dal secondo comma dell’art. 316-ter cod. pen. Ne consegue che, difettando un elemento costitutivo del reato, tale condotta integra l’illecito amministrativo previsto dal secondo comma.
3. Tenuto conto di quanto sopra esposto, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, e la conseguente trasmissione degli atti alla Direzione Territoriale del Lavoro di Bari per l’irrogazione delle relative sanzioni amministrative.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Dispone trasmettersi gli atti alla Direzione Territoriale del Lavoro di Bari per quanto di competenza.
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