CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 21064 depositata il 31 maggio 2022
Sicurezza sul lavoro – Braccianti agricoli – Infortunio mortale – Responsabilità – Condizioni ambientali – Tempi di esposizione a fattori micro e macroclimatici sfavorevoli
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Potenza con sentenza in data 26 febbraio 2021 ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Matera che in data 16.2.2018, all’esito di giudizio abbreviato condizionato all’acquisizione di tre relazioni tecniche di parte, aveva mandato assolti gli imputati R.G. e P.G., in qualità di datori di lavoro, dai reati di cui agli artt. 113 e 589 comma 2 cod. pen. nonché dai reati di cui agli art. 110 e 55, commi 3, 4, 5 e 170 d.lvo 9 aprile 2008 n. 81 (come meglio descritti in rubrica- capi da a) ad f) dell’imputazione) perché il fatto non sussiste in relazione all’infortunio mortale occorso a A.D.M.
Riepilogando in breve i fatti come ricostruiti dai giudici di merito: il giorno 5 agosto 2015 D.M.A. stava lavorando come bracciante agricolo assunto con un contratto a tempo determinato per l’Azienda agricola “G. s.r.l.” presso un fondo adibito a vigneto sito in Metaponto con un turno di lavoro dalle 5 alle 13 con il compito di prelevare da terra le cassette della frutta per trasportarle su delle pedane ai lati del vignev:o allorché verso le 11 e 30 dichiarava di non sentirsi bene perché gli mancava l’aria.
Dopo aver ripreso a lavorare verso le 12 e 40 dichiarava nuovamente di sentirsi male e veniva immediatamente soccorso dalla collega N.R. che lo faceva sedere all’ombra accorgendosi che era molto caldo.
Allertato il 118, per non perdere tempo nell’individuazione del fondo da parte del personale dell’ambulanza, i colleghi N. e G. facevano salire il D.M. su un’autovettura con cui altre colleghe lo portavano presso la Guarda medica di Metaponto. Qui giunto, il D.M. cominciava a perdere coscienza e portato presso l’Ospedale di Potenza, dopo 34 giorni di degenza decedeva in data 8 settembre 2015.
Il consulente del Pubblico Ministero nella sua relazione, a seguito dell’esame autoptico, concludeva che il decesso del D.M. era da identificarsi in una patologia ben precisa ovvero nella “iperpiressia da colpo di calore” con morte del soggetto dopo un coma irreversibile esitato in arresto cardiocircolatorio terminale, il tutto da inquadrarsi come infortunio sul lavoro.
Gli accertamenti tossicologici avevano altresì evidenziato la presenza di paracetamolo nelle urine in quantità tale da far ipotizzare che nei giorni precedenti vi fosse stata una “massiva assunzione di tale sostanza in ragione dei suoi tempi di dimezzamento” per la presenza di uno stato febbrile intercorrente.
Veniva così formulata l’ipotesi che lo stato febbrile del D.M., ignoto al datore di lavoro, fosse una condizione “favorente nel determinismo del colpo di calore”.
Il giudice distrettuale ha ritenuto coerenti con le risultanze istruttorie e pienamente condivisibili le valutazioni del primo giudice in ordine all’assenza di profili di colpa generica o specifica ascrivibili ai dal:ori di lavoro ed etiologicamente rilevanti rispetto al colpo di calore che colpiva il D.M.
In particolare aveva ritenuto congrue le previsioni del DVR adottato dalla ditta G. rispetto alle mansioni svolte dai braccianti agricoli occupati nel vigneto essendo indicate adeguate misure di miglioramento delle condizioni ambientali di rischio ovvero limitare i tempi di esposizione a fattori micro e macroclimatici sfavorevoli ivi compresi i consigli che i lavoratori devono seguire nei periodi caldi.
Inoltre ha ritenuto che non fosse configurabile alcun profilo di inadeguatezza del primo soccorso fornito al D.M. che peraltro alle 11 e 30, in occasione dei primi sintomi del calore, aveva deciso autonomamente di continuare a lavorare senza effettuare alcuna segnalazione ad A.B., addetto al primo soccorso.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa delle parti civili Cosimo D.M., A.P., B. D.M., F.P.C., la quale ha introdotto sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo rubricato “Inosservanza ed erronea applic:azione della norma dettata dall’art. 55, comma 3, d.lgs. n. 8:I del 2008 in relazione alla norma contenuta nell’articolo 28, comma 2, lett. d) del medesimo testo normativo (art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.).
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.)” deduce che, sebbene il documento di valutazione dei rischi contenga l’indicazione del programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, in realtà risulta assolutamente omessa la individuazione delle procedure per l’attuazione di quelle misure e dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi devono provvedere.
La Corte d’appello, riportandosi a quanto in proposito statuito dal Gip, ha omesso del tutto di accertare se il DVR contenesse tale individuazione.
Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Inosservanza ed erronea applicazione della norma dettata dall’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008 in relazione alla norma contenuta nell’articolo 28, comma 2, lett. f) del medesimo testo normativo. Inosservanza ed erronea applicazione della norma dettata dall’art. 170, comma 1 lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 in relazione alla norma contenuta nell’articolo 168, comma 2, del medesimo testo normativo” (art. 606 comma 1, lett. b) c.p.p.).
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma1, lett. e) cod.proc.pen” deduce che al sesto capitolo del documento di valutazione dei rischi non è presa in considerazione l’attività di movimentazione dei carichi tra quelle che richiedono una riconosciuta capacità professionale e che comportano rischi specifici e che la sentenza impugnata non ha motivato quanto alla mancata individuazione di detta attività tra quelle che comportano rischi specifici.
Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Inosservanza ed erronea applicazione della norma dettata dall’art. 55, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008 in relazione alla norma contenuta nell’articolo 29, comma 3, del medesimo testo normativo. (art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.).
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen.)” deduce che non risulta essere attuata dagli odierni imputati alcuna rielaborazione della valutazione dei rischi né alcun aggiornamento delle misure di prevenzione a seguito della variazione dei presidi di prevenzione sanitaria introdotti dal Decreto interministeriale del 27 marzo 2013.
Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Inosservanza ed erronea applicazione della norma dettata dall’art. 55, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008 in relazione alla norma contenuta nell’articolo 45, comma 1, del medesimo testo normativo. (art. 606 comma 1, lett. b) c.p..p.).
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, primo comma, lett. e) cod.proc.pen.)” deduce che sarebbe stato onere dei datori di lavoro quello di formare ed informare il personale dei rischi connessi alla attività esercitata e di garantire la costante presenza del responsabile del primo soccorso nonché di predisporre il collegamento con il servizio sanitario esterno.
La sentenza impugnata avrebbe omesso ogni motivazione sul punto limitandosi a ritenere che l’intervento dei colleghi di lavoro era stato tempestivo ed adeguato.
Con il quinto motivo di ricorso rubricato “Ulteriori diversi profili di motivazione incongrua, inadeguata, contraddittoria e manifestamente illogica. (art. 606, primo comma, lett. e) cod.proc.pen.)” deduce che la sentenza impugnata evidenzia incongruenze quanto alla data di assunzione del D.M., all’orario di arrivo presso la Guardia medica, alle condizioni metereologiche e climatiche, alle caratteristiche del telo di copertura del vigneto.
Con il sesto motivo di ricorso rubricato “Inosservanza ed erronea applicazione della norma dettata dall’art. 589, comma 2, cod.pen. anche in relazione alle norme contenute nell’art. 41 Cost. e nell’art. 2087 cod.civ. (art. 606, primo comma, lett. b) cod.proc.pen.).
Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen.)” deduce che va affermata la responsabilità degli imputati per colpa specifica ravvisabile nelle plurime violazioni in materia di igiene e sicurezza in ambiente di lavoro nonché per colpa generica avendo essi organizzato l’attività dei dipendenti in maniera negligente ed imprudente.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ed in subordine per il rigetto.
Considerato in diritto
1.1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni che si andranno analiticamente ad esaminare. Va evidenziato “in primis” che siamo di fronte ad una “doppia conforme”, in questo caso di assoluzione, in cui le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella dì appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
Ciò tanto più ove, come in casi qual è quello che ci occupa, i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (vedi Sez. 2 n. “34891 del 16/05/2013, Vecchia, Rv. 256096; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. il 2012, Valerio, Rv. 252615: Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. il 1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250).
1.2. Ciò premesso la prima censura è infondata.
Ed invero il giudice d’appello, richiamandosi a quanto statuito dal giudice di primo grado, ha ritenuto che le previsioni dei DVR adottato dalla ditta G. fossero congrue rispetto alle mansioni svolte dai braccianti agricoli occupati nel vigneto, indicando adeguate misure di miglioramento delle condizioni ambientali di rischio vale a dire limitare i tempi di esposizione a fattori sfavorevoli, dotare i lavoratori di adeguati indumenti di lavoro ed apprestare idonei locali o ripari per il ristoro degli addetti.
Ed infatti, il rischio che riguarda in concreto l’attività di raccolta dell’uva, costituito dalla “movimentazione manuale dei carichi” (MMC), come emerge dalla diffusa motivazione della sentenza di primo grado (pg. 10), è in realtà considerato accettabile non richiedendo, quindi, alcuno specifico intervento da parte del datore di lavoro, né a livello procedurale (formazione o sorveglianza sanitaria), né a livello organizzativo cosicché non era neppure richiesta la previsione di specifiche misure dirette a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza in occasione della raccolta dell’uva.
2.2. Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato.
La sentenza di appello ha ritenuto che “l’impegno fisico richiesto ad un bracciante agricolo nell’attività di sollevamento e trasporto per una decina di metri di cassette del peso di 7 chilogrammi non è risultata un’attività idonea ad incidere in modo significativo sul rischio connesso da MMC che nel caso in esame è risultato modesto”.
Tale valutazione conferma le statuizioni del giudice di primo grado il quale ha chiarito che le mansioni del D.M. consistevano in operazioni molto semplici che pertanto non richiedevano particolari capacità professionali né specifica esperienza.
La sentenza di primo grado puntualizza altresì che i criteri per la valutazione del rischio da MMC contenuti a pg. 10 del DVR “fanno riferimento, pur in modo sintetico, al metodo Niosh per la valutazione specifica ed all’allegato XXXIII del d.lgs n. 81 del 2008 relativamente alle variabili del carico da considerare (in particolare il peso delle cassette) giungendo alla conclusione che si tratta di rischio “accettabile sia per uomini che per donne”.
3.3. Il terzo motivo è infondato.
La sentenza d’appello ha implicitamente disatteso la censura difensiva riguardante la mancata rielaborazione dei rischi alla luce del Decreto Ministeriale del 27 marzo 2013. Sul punto la sentenza di primo grado (pg.12-13) ha escluso che l’introduzione del nuovo protocollo abbia comportato la necessità di una nuova valutazione dei rischi in quanto tale nuovo protocollo era stato predisposto non in conseguenza di variazioni della tecnologia e dell’organizzazione dell’attività lavorativa di raccolta dell’uva ma in conseguenza delle modifiche normative introdotte dal Decreto interministeriale de quo.
4.4. Il quarto motivo è del pari infondato. In punto di mancata adozione da parte dei datori di lavoro dei provvedimenti necessari in materia di primo soccorso ed assistenza medica (capo f) dell’imputazione), la sentenza impugnata ha evidenziato che il giorno 5.8.2015 fino alle 12 era stato presente sul posto A.B., soggetto deputato in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza e che essendosi allontanato dal vigneto alle ore 12 per raggiungere altro fondo è stato sostituito da Rosaria N., preposto a controllare il lavoro dei braccianti per quel giorno, la quale è intervenuta tempestivamente a soccorrere il D.M.
Inoltre la Guardia medica di Metaponto, dove giungeva l’ambulanza del servizio 118, era distante meno di un Km dal vigneto e peraltro il D.M. veniva accompagnato in auto dai colleghi di lavoro in modo da assicurare un intervento ancor più tempestivo.
5.5. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile trattandosi d profili tipicamente inerenti al giudizio di merito e come tali non censurabili in questa sede.
All’evidenza postulano una valutazione di merito le circostanze relative alla data di assunzione del D.M. presso la G. s.r.l., l’accertamento del condizioni metereologiche e climatiche del fondo ove avvenne l’infortunio nonché le caratteristiche del telo di copertura.
Ancor di più la circostanza dell’arrivo del D.M. presso la Guardia medica sembra sollecitare una rivisitazione della ricostruzione dei fatti, preclusa in questa sede.
6.6. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico. Esso si sostanzia, invero, non in una specifica censura della sentenza d’appello bensì in una generica disamina dei principi disciplinanti la responsabilità del datore di lavoro per infortuni sul lavoro. In conclusione i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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