CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 25537 depositata il 10 giugno 2019
Omesso versamento all’Inps delle ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti – Reiterazione delle condotte omissive – Causa di non punibilità – Presupposti
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 22 ottobre 2018, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia emessa il 21/11/2017 dal Tribunale di Alessandria, previa dichiarazione di non doversi procedere in relazione alle condotte omissive fino al 17/03/2011, riduceva la pena inflitta a L. V. S., a giorni 10 di reclusione e € 100,00 di multa, in relazione alle residue violazioni di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, per aver omesso, quale titolare dell’impresa E. T., di versare all’INPS le ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti per le mensilità da aprile a novembre 2011.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, deducendo – con unico motivo – l’inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
La causa di non punibilità di cui alla norma sarebbe stata esclusa in ragione della reiterazione delle condotte omissive e ciò in contrasto con il recente indirizzo giurisprudenziale espresso dalla sentenza n. 394413 del 2018 di Questa Corte di legittimità. Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza.
3. Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione.
Il Collegio condivide e intende dare continuità all’indirizzo ermeneutico espresso dalla sentenza di Questa Terza sezione della Corte citata dal ricorrente.
Come è noto l’art. 131 -bis cod. pen. stabilisce che “nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale”; ai sensi del comma 2, poi, “l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona”. Ai sensi del comma 3, invece, “il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
5. Tanto premesso, la Corte di appello di Torino ha negato al ricorrente questa causa di non punibilità sul presupposto della “reiterazione della condotta criminosa che induce a sottovalutare la contenuta entità del superamento della soglia di legge”, ritenendo operante la preclusione di cui all’art. 131- bis comma 3 cod.pen. attinente ai reati aventi ad oggetto “condotte plurime e reiterate”.
6. Ritiene il Collegio che tale assunto non possa essere condiviso in termini di assolutezza a fronte della mutata struttura del reato di cui all’art. 2 comma 1- bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638.
Questa Corte, chiamata a pronunciarsi all’indomani della modifica legislativa di cui all’art. 3 comma 6 del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità per il reato di omesso versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, ha affermato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali si configura oggi come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, ovvero, con la data del 16 gennaio dell’anno successivo (Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, Messina, Rv. 268813; Sez. 3, n. 37232 dell’11/5/2016, Lanzoni, Rv. 268308). Dunque, è superata la configurazione del reato quale reato omissivo che si consuma alle singole scadenze di versamento (il giorno 16 del mese successivo), essendo ora reato unico che si consuma al superamento della soglia di € 10.000,00 (soglia introdotta dall’art. 3, comma 6, d. Igs. 15 gennaio 2016, n. 8). Parimenti non è configurabile la reiterazione del reato per ogni singolo omesso versamento nell’anno di riferimento che, sotto il vigore della legge ante modifica, integrava l’unicità del disegno criminoso ai fini dell’art. 81 comma 2 cod.pen.
Dall’altro lato, l’art. 131-bis cod.pen. nel collegare l’abitualità del comportamento alla pluralità o reiterazione di condotte, si riferisce, all’evidenza, soltanto a quelle che già di per sé costituiscono reato, anche isolatamente valutate, sì da evidenziare – volta per volta – una nuova e ripetuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale, sicché il mero riferimento alla reiterazione dell’omissione del versamento dei contributi assistenziali e previdenziali non appare corretto per escludere l’applicabilità della causa di non punibilità.
A ciò deve aggiungersi che la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” è applicabile, in presenza delle condizioni ivi previste a tutte le tipologie di reato, non essendo previste esclusioni specifiche, ed è certamente applicabile anche ai reati per i quali il legislatore ha previsto una soglia di punibilità, dunque, anche ai reati di omissione di versamenti contributivi, per i quali il legislatore ha fissato la soglia di punibilità di € 10.000,00.
In tale ambito, tuttavia, la causa di non punibilità potrà essere applicata solo se gli importi omessi superano di poco l’ammontare di tale soglia, in considerazione del fatto che il grado di offensività che integra il reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 3292 del 3/10/2017, Spera, non massimata; in termini analoghi, seppure con riferimento agli omessi versamenti tributari, Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, Reggiani Viani, Rv. 266570). E ciò costituisce diretta applicazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 13681 del 25/2/2016, imp. Tushaj, che hanno ritenuto che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in quanto applicabile – in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – ad ogni fattispecie criminosa, non è in astratto incompatibile, con la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo (fattispecie in materia di reati inerenti alla circolazione stradale).
7. In conclusione, sulla scorta dei principi qui enunciati, deve essere censurata la motivazione della Corte d’appello di Torino, che ha ancorato il diniego della causa di non punibilità alla mera pluralità delle mensilità interessate, esplicitamente affermando l’irrilevanza della contenuta entità del superamento della soglia. Motivazione che non si pone in linea con i principi qui affermati.
La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino. Il giudice del rinvio, in applicazione dei principi sopra richiamati dovrà accertare il momento in cui si è verificato il superamento della soglia di punibilità e, soprattutto, l’entità dello stesso.
8. Infine, rileva il Collegio che la particolare tenuità del fatto costituisce una causa di non punibilità atipica (Sez. 3, n. 21014 del 07/05/2015, Fregolent, non mass.) per gli effetti negativi che produce per l’imputato (anzitutto la possibile rilevanza nei giudizi civili ed amministrativi ed, ancora, l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziale) e la sua applicazione presuppone, tra l’altro, l’accertamento della responsabilità penale ossia l’accertamento dell’esistenza del reato e della sua attribuibilità all’imputato, ragione per cui la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sull’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131 -bis cod. pen. (Sez. 3, n. 27055 del 26/05/2015, P.C. in proc. Sorbara, Rv. 263885).
Peraltro, l’eventuale questione del concorso tra le due cause di estinzione del reato e non punibilità può porsi solo quando le stesse siano entrambe contemporaneamente applicabili “in partenza”, con la conseguenza che quando, come nella specie, la Corte di cassazione, non essendosi ancora verificata la causa estintiva della prescrizione del reato, annulli la sentenza con rinvio al giudice di merito per l’applicabilità o meno dell’art. 131-bis cod. pen. (e quindi al cospetto di un annullamento parziale avente ad oggetto statuizioni diverse ed autonome rispetto al riconoscimento dell’esistenza del fatto-reato e della responsabilità dell’imputato), nel giudizio di rinvio non può essere dichiarato prescritto il reato quando la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza di annullamento parziale.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità dell’art. 131-bis cod.pen. con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino per nuovo esame.