Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 25991 depositata il 15 settembre 2020
Trust simulato – sequestro preventivo o probatorio
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Parma, in sede di riesame, con ordinanza del 24 gennaio 2020, ha rigettato l’istanza di riesame proposta dalla società T. s.r.l. (in persona del consigliere delegato S.E.) avverso il decreto di sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma del 2 settembre 2019, per la confisca diretta della somma di € 10.163.675,36 (ammontare delle imposte complessivamente evase dalle società consorziate) e, in via sussidiaria – nell’ipotesi di mancanza di liquidità del patrimonio delle persone giuridiche -, il sequestro finalizzato ala conquista per equivalente delle somme o dei beni comunque rinvenuti nella disponibilità dei singoli indagati.
2. Ricorre in cassazione S.E. (nella sua qualità di Consigliere delegato della società T. s.r.l. e quale legale rappresentante di T.S. – terzo sequestrato -) deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen., 322 ter cod. pen., 12 bis d. lgs. 74 del 2000, 1322 cod civ. e 2 legge 364/1989).
In esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo la Guardia di Finanza, con verbale del 25 settembre 2019, sottoponeva a sequestro il patrimonio (interamente) della T.s. (beni immobili, conti correnti bancari e 100 % delle quote societarie di E.I.e s.r.1, nonché un credito per finanziamento soci).
Avverso questo sequestro la T.s., quale terzo sequestratario, tramite il Trustee T. s.r.l., proponeva richiesta di riesame rappresentando le proprie ragioni, con produzioni documentali e memoria scritta.
Il sequestro risulta illegittimo in quanto disposto su beni non nella disponibilità (in qualsiasi modo) degli indagati nel procedimento penale.
I beni risultano di proprietà del Trust. L’istituto risulta espressamente riconosciuto dalla legislazione nazionale (legge 16 ottobre 1989, n. 364, di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985). Solo nelle ipotesi di accertata perdita dei beni solo apparente non si configura la separazione del patrimonio del Trust con il disponente (sham trust). Il Trust in oggetto fu costituito dai coniugi D’Orsi nel 2010, ma come, anche, riconosciuto dall’ordinanza impugnata, il Trust con atto notarile del 25 giugno 2018 veniva completamente modificato (radicale novazione) sia soggettivamente che oggettivamente. L’incarico di Trustee veniva conferito ad una società completamente autonoma dai coniugi (Dei e D’Orsi) la T.h s.r.l. e, peraltro, oneroso. Con l’atto notarile in oggetto i disponenti perdevano completamente qualsiasi potere di controllo o disposizione sui beni conferiti nel Trust (al di là di alcune facoltà marginali riservate nelle norme costitutive).
Per il sequestro di beni conferiti in Trust sono necessari “elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato costituito a fini meramente simulatori” – come previsto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione: 30 giugno 2015 n. 9229 -.
Con la conclusione del contratto del 25 giugno 2018 le parti hanno realmente conferito (trasferito) la piena proprietà di T.S. e del complesso dei beni al ricorrente Trustee T.h s.r.l., con ogni definitiva perdita di ogni potere disposizione dei conferenti sui beni del Trust.
Per l’ordinanza impugnata la conferma della perdurante disponibilità di T.S. in capo agli originari conferenti sarebbe desumibile dall’ampiezza dei poteri riservati, nel nuovo contratto, all’immutato guardiano del Trust Paolo Piva e, in particolare, quello di nominare un nuovo Trustee. Si tratta di un palese travisamento della clausola contrattuale (art. 13); secondo la lettera della disposizione contrattuale il guardiano non può nominare un nuovo Trustee ma solo nominare nuovi ed aggiuntivi Trustee, impregiudicata quindi la posizione della T.h s.r.l.
Il sequestro, pertanto, è avvenuto su beni appartenenti a persona estranea ai reati in accertamento.
Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
2. 2. Con successive note e conclusioni la difesa ha ribadito la illegittimità del sequestro ritenendo, peraltro, non motivate le richieste del P.G. di inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati e, peraltro, articolato in fatto e reiterativo dei motivi del riesame.
4. Sia per il sequestro preventivo che per quello probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge, e non per vizio di motivazione.
Nella specie i motivi di ricorso risultano proposti per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606, comma 1, lettera del cod. proc. pen. (nella valutazione sostanziale del ricorso).
Il ricorso in cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Tuttavia, nella specie non ricorre una violazione di legge e, nemmeno, l’apparenza della motivazione e, conseguentemente, il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.
Infatti, il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva – con accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità – come il T.S. non può considerarsi persona estranea al reato perché manca in radice il carattere di alterità rispetto alla sfera di disponibilità dell’indagato. Per l’ordinanza impugnata la particolare posizione del guardiano Paolo Piva – soggetto, peraltro, molto vicino ai disponenti – renderebbe di fatto il Trust svuotato di contenuto “e piegato alla volontà dei disponenti, che liberamente tramite il guardiano (figura si noti eventuale nell’economia di un Trust), potevano con facilità disporre ed estromettere l’odierno ricorrente”. Su tale fondamentale aspetto nel ricorso in cassazione si ritiene travisato il contenuto dell’art. 13 del contratto. Tale travisamento, oltre a non essere stato denunciato in sede di riesame, risulta oltremodo manifestamente infondato in quanto la disposizione può avere un senso solo se letta così come fatto dal Tribunale del riesame poiché la clausola prevede espressamente “la nomina di nuovi Trustee o di un nuovo Trustee potrà essere effettuata e sarà efficace, per liberare più Trustee o un Trustee uscenti”.
Oltre a questo importante dato l’ordinanza impugnata evidenzia numerosi aspetti per affermare la finalità meramente apparente del Trust in oggetto, ovvero: l’entità dei conferimenti sproporzionata alle finalità familiari della costituzione del Trust; la sussistenza di un nesso tra oggetto del Trust e l’ipotizzata attività illecita, come emergente dai flussi di uscita dei conti correnti del Trust, per le numerose operazioni verso la società E.I.e s.r.l., con somme poi ritrasferite ai coniugi Dei -D’Orsi; anche la nomina di un soggetto professionale avvenuta solo net 2018 (T.h S.R.L.) come nuovo Trustee non può far configurare l’effettiva segregazione dei beni tra il patrimonio dei disponenti ed il Trust, in quanto la modifica è intervenuta poco prima della perquisizione a carico dei membri dell’associazione ex art. 416 cod. pen.; Ciani lona Marioara, sprovvista di capacità manageriali, è succeduta al Dei nella carica di amministratore unico della E.I.e, società che costituiva la cassaforte del nucleo familiare ed il cespite di maggior valore tra i beni conferiti nel Trust, e tale è rimasta anche dopo l’atto del 25 giugno 2018, di nomina del Trustee professionale; la Ciani pertanto è stata ritenuta mero prestanome per la carenza di capacità adeguate alla carica e per aver ricoperto negli anni incarichi in ben 14 società nonostante percepisse redditi non adeguati alle cariche ricoperte.
L’analisi del Tribunale del riesame, quindi, risulta adeguata alle risultanze degli atti, e sul punto le prospettazioni del ricorrente risultano generiche, in fatto, ipotetiche e, perciò, non valutabili in sede di giudizio di legittimità; relative, peraltro, al vizio di motivazione non ammesso nel caso in esame. Si tratta di evidenti accertamenti di fatto insindacabili nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivati, come nel caso in analisi.
Del resto, “È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni conferiti in un “trust” dall’indagato, ove sussistano elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato costituito a fini meramente simulatori. (Fattispecie di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni, conferiti in trust, individuati come profitto di reati tributari, nella quale la Corte ha censurato l’ordinanza del Tribunale che aveva accolto l’istanza di riesame non adeguatamente valutando, sulla base della struttura e dei concreti effetti del negozio giuridico posto in essere, le reali finalità elusive del programma di segregazione)” (Sez. 3, n. 9229 del 30/06/2015 – dep. 07/03/2016, P.M. in proc. Carmine, Rv.26645001, vedi anche Sez. 1, n. 7442 del 10/12/2019 – dep. 25/02/2020, MAIELLI NICOLA, Rv. 27807902).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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