Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 26135 depositata il 3 luglio 2024
illecita influenza sulla assemblea
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza emessa il 23 ottobre 2023, confermava quella del Tribunale milanese, che aveva accertato la responsabilità penale di F. P., in ordine a due delitti di illecita influenza sull’assemblea ai sensi dell’art. 2636 cod. civ. commessi in relazione alla MMC S.r.l. (capo a) e alla A. S.r.l. (capo c).
In particolare, a P., commercialista, veniva contestato di avere agito in tale qualità in concorso con M.M., figlio di M.E., originario amministratore unico delle due società, deceduto il 15 settembre 2018.
M.E. aveva avuto due figli, Massimiliano e M.K.M., da un primo matrimonio e poi aveva spostato R.I.. P. si occupava, quale consulente, delle società della famiglia M..
La condotta contestata sub capo a) ebbe a svolgersi, nella ricostruzione delle conformi sentenze di merito, prima del decesso di M., intervenuto il 15 settembre 2018, in quanto la registrazione del verbale di assemblea presso la Camera di commercio di Monza, effettuata a cura di P., intervenne il 14 settembre 2018.
P. è stato ritenuto consapevole della falsità del verbale, a fronte di una assemblea «in realtà mai tenutasi» (così si legge nella contestazione), alla quale non parteciparono né l’amministratore unico socio dimissionario, M.E. – che dal verbale risultava essersi invece dimesso in quella sede, consentendo così l’attribuzione dell’incarico al figlio Massimiliano – né la segretaria dell’assemblea, N. C., risultando apposte le rispettive sottoscrizioni false al verbale medesimo.
Tali condotte risultavano idonee, per i Giudici di merito, a realizzare il risultato di far apparire conseguita la necessaria maggioranza societaria e, quindi, a “determinare la maggioranza” per il funzionamento dell’assemblea, altrimenti interdetto, procurando l’ingiusto profitto costituito dall’assumere la carica di amministratore da parte di M.M., precludendo così l’effettiva partecipazione dei soci per quota ereditaria, vale a dire R.I., seconda moglie dell’M.E., e la figlia M.K.M..
La seconda condotta, invece, contestata sub capo b), consisteva nella tenuta di due assemblee della A. S.r.l. dopo il decesso di M.E., in data 16 ottobre 2018, sempre con il concorso di P., nella qualità di segretario dell’assemblea e incaricato della registrazione dei verbali di assemblea, risultando falsamente costituita la maggioranza dei soci alla assemblea ordinaria convocata per il cambio dell’organo amministrativo – da consiglio di amministrazione a amministratore unico – con attribuzione dell’incarico a M.M., in forza di una precedente assemblea, tenuta lo stesso giorno, che lo aveva nominato rappresentante comune dei diritti dei comproprietari delle quote di partecipazione al capitale sociale, estromettendo da entrambe le assemblee R.I., socia perché erede del marito M.E..
2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di F. P., consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. cod. proc. pen.
3. Il primo motivo deduce vizio di motivazione in ordine al capo a), lamentando che la sentenza impugnata abbia attribuito un ruolo centrale alle dichiarazioni della assistente di M.E., N. C., che aveva riferito che P. ebbe a redigere il verbale falso e a depositarlo presso la camera di commercio, senza il consenso di M.M..
Lamenta il ricorrente che le dichiarazioni rese dalla C. risultavano inattendibili, perché caratterizzate da un evidente interesse di tutela nei confronti di M.M., il che renderebbe illogica l’attribuzione di responsabilità esclusiva a P., che in sé nessun interesse avrebbe avuto ad agire in autonomia, senza il concorso del Massimiliano.
Tale deficit di attendibilità della C. sarebbe stato sottovalutato dalla Corte territoriale, tanto più che la dichiarante viene indicata da Iannelli, moglie di M.E., come legata da un rapporto strettissimo al figlio di quest’ultimo, Massimiliano.
Difetterebbero, inoltre, i riscontri esterni al narrato della dichiarante, non potendo ritenersi tali le affermazioni di Iannelli.
Inoltre, osserva la difesa, se P. avesse agito in autonomia, si sarebbe indicato come presente all’assemblea, il che non avvenne, risultando illogica la ricostruzione operata dalla Corte territoriale.
Né P. poteva essere stato incaricato da M.E., in quanto lo stesso aveva riferito alla moglie che mai avrebbe voluto riconoscere al figlio Massimiliano il ruolo di amministratore.
4. Il secondo motivo, sempre in relazione al capo a), denuncia violazione di legge penale in quanto P., non avendo partecipato alla assemblea, o predispose il verbale, come accadeva, o si limitò a depositarlo, senza poter sospettare della volontà fraudolenta del Massimiliano, tanto pi1J che M.E. al tempo dell’assemblea, il 4 settembre 2018, risultava essere in condizione di partecipare.
Anche il deposito presso la Camera di commercio risulta un atto solo rilevante ai fini della pubblicità ma non costitutivo, cosicché, vertendosi in tema di reato di evento, che viene a configurarsi con la determinazione fraudolenta della maggioranza, P. non avrebbe fornito alcun contributo riguardo alla condotta contestata, non avendo partecipato all’assemblea.
5. Il terzo motivo lamenta, quanto al capo c) dell’imputazione, la violazione di legge, rappresentando come, a seguito del decesso di l::ttore M., già detentore del 90% delle quote, la partecipazione societaria risultava ripartita con titolarità di M.M. e della sorella M.K.M. del 70% del capitale, mentre la Iannelli del 30%.
Ciò avrebbe dovuto escludere la responsabilità penale del P., in quanto la maggioranza era già sussistente e non fraudolentemente costituita.
6. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. Antonio Balsamo, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – con le quali ha chiesto rigettarsi il ricorso, rilevando come il primo motivo sia versato in fatto e chieda una rilettura del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità; il secondo e il terzo motivo risultino infondati.
7. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, I. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Il primo motivo non è consentito in generico e versato in fatto.
A ben vedere il motivo reitera il contenuto delle doglianze di appello, alle quali la Corte territoriale ha risposto congruamente, chiarendo come centrale per la decisione in ordine alla responsabilità del P. sia la deposizione della Iannella.
Inoltre, la Corte territoriale rileva come sia tutt’altro che ambigua la deposizione di Noris C., che di certo non accusava M.M., non sapendo se lo stesso avesse partecipato all’assemblea, ma certamente riferiva delle conversazioni avute fra quest’ultimo e P. in ordine a come occorreva procedere a seguito del decesso di M.E., riferendo, l’attuale ricorrente, di avere predisposto il verbale di assemblea, di averlo depositato senza firme, circostanza poi rivelatasi falsa, in quanto nell’atto depositato risultavano le sottoscrizioni di M.E. e Noris C..
Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica, che si rifà a una sostanziale confessione stragiudiziale del P. a M.M., in ordine alla predisposizione e al deposito del verbale, udita dalla C. e narrata nel corso del giudizio.
La Corte territoriale risponde anche in ordine al contributo di P., che si occupa della predisposizione del verbale e anche del deposito dello stesso con le firme false, evidenziando come la circostanza che lo stesso non si sia dato presente alla falsa assemblea risulti non decisiva, risultando invece decisiva la reticenza del commercialista a mostrare il verbale, a seguito delle richieste dalla C. e del legale della Iannelli, oltre che per le dichiarazioni dell’avvocato Palmieri, che ebbe un contatto telefonico con P., dal quale ebbe a sapere che mai si era svolta l’assemblea della MCC.
A fronte di tale ricostruzione, per un verso il motivo di ricorso si concentra solo sulle dichiarazioni di C., senza considerare che l’impianto probatorio valutato dalla Corte territoriale è ben più ampio e si fonda sulle dichiarazioni della Iannelli e dell’avvocato Palmieri, oltre che su elementi documentali.
Pertanto, il motivo non è specifico, in quanto ripropone le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice di appello e risulta carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), limitandosi al più all’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di app,ello non sono stati accolti (Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
In secondo luogo, come osserva la Procura generale, ciò che si chiede a questa Corte è una rilettura dei verbali delle dichiarazioni della Noris C., in vero non è consentita.
Va ricordato, a riguardo, che trattasi di valutazione di merito come tale insindacabile nel giudizio di legittimità, salva l’ipotesi in cui essa risulti manifestamente illogica e che sono inammissibili, pertanto, tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire 2dle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747 – 01; Sez. 6, n. 13809 del 17 marzo 2015, O., Rv. 262965).
Nel caso in esame la valutazione di attendibilità, operata nei due gradi di merito, in modo conforme con esito positivo, risulta non manifestamente illogica e soprattutto il motivo non si confronta con la circostanza che la sentenza di appello evidenzia che C. non abbia agito per tutelare M.M., ma si sia limitata a riferire ciò che ha percepito direttamente, dovendo evidentemente trarre le conseguenze in tema di prova l’organo giudicante, come ha fatto.
Per altro, deve anche rilevarsi che tutto il motivo si dipana intorno alla ritenuta irresponsabilità di M.M. garantita dalla C., ma M. non è imputato in questo processo, avendo evidentemente definito altrimenti il giudizio, cosicché del tutto irrilevante è l’esito della vicenda giudiziarii:1 di M., quanto alla tenuta logica della motivazione ora impugnata.
Ne consegue la genericità del motivo.
3. Quanto al secondo motivo, la Corte di appello richiama la responsabilità del ricorrente, tratta dal contributo che lo stesso ebbe a fornire con l’alterazione del verbale assembleare determinando così falsamente la maggioranza che portava alla nomina di M.M. come amministratore unico.
Ma lamentando P. di non aver preso parte all’assemblea, ma di avere avuto condotte antecedenti e successive, rappresenta anche che il delitto di evento che si perfeziona con la formazione fraudolenta della maggioranza, presuppone che l’assemblea si sia effettivamente tenuta.
3.1 Tale circostanza a ben vedere è esclusa dalla stessa imputazione sub capo a), che riferisce che l’assemblea non si sia mai tenuta.
Né la sentenza impugnata chiarisce se effettivamente l’assemblea ebbe a tenersi e P. non vi abbia partecipato perché coinvolto solo nella predisposizione del verbale e poi nelle attività successive, ovvero perché alcuna assemblea ebbe a tenersi.
Tale profilo risulta dirimente anche per la responsabilità del ricorrente, in quanto non è sufficiente, vertendosi in tema di delitto di evento, la tenuta astratta di una assemblea, dovendo la condotta incidere sulla concreta determinazione della maggioranza che deve avere influenza ‘sulla assemblea’, come recita la rubrica dell’art. 2636 cod. civ.
Il delitto di evento in esame, infatti, è integrato da qualsiasi operazione che artificiosamente consenta di alterare la formazione delle maggioranze assembleari, rendendo così di fatto possibile il conseguimento di risultati vietati dalla legge o non consentiti dallo statuto della società (Sez. 2, n. 20451 del 04/02/2020, Panza, Rv. 279432 – 01), risultando tale anche la condotta dell’amministratore unico di una s.r.l., che aveva ripetutamente determinato le maggioranze nelle assemblee sociali con atti fraudolenti, rappresentando falsamente la presenza della maggioranza dei soci alle assemblee, in particolare, facendo figurare come presente una socia assente mediante la falsificazione della relativa firma sul verbale nonché attestando in capo alla socia presente, moglie dello stesso imputato, la titolarità di un numero di quote sufficiente a costituire la maggioranza per niente corrispondenti alla titolarità reale, con il risultato di determinare la maggioranza per il funzionamento della assemblea, altrimenti interdetto (in motivazione, Sez. 5, n. 555 del 14/10/2011, dep. 12/01/2012, Riggio, Rv. 252661 – 01; mass. conf.: N. 17854 del 2009 Rv. 243675 – 01).
E’ stato in modo condivisibile affermato che il delitto di «Illecita influenza sull’assemblea», ex art. 2636, cod. civ., richiede – rispetto al previgente art. 2630, comma primo, n. 3, cod. civ. – un elemento di frode integrato da comportamenti artificiosi aventi carattere simulatorio idoneo a realizzare un inganno, sicché il precetto sanzionato si configura come reato a forma vincolata; inoltre – essendo il reato posto a tutela dell’interesse al corretto funzionamento dell’organo assembleare – per la sua consumazione è necessario che la condotta abbia ‘effettivamente’ inciso sulla formazione della maggioranza, trattandosi di fattispecie criminosa costruita come reato di evento, diversamente da quella contemplata dal previgente art. 2630 cod. civ. (Sez. 5, n. 17939 del 21/05/2013, dep. 2014, Colombo, Rv. 260192 – 01).
La condotta simulatoria e fraudolenta deve essere tale da determinare ‘effettivamente’ l’alterazione della maggioranza, nell’ambito di una assemblea reale e non virtuale, dovendosi innescare un processo eziologico che alteri la maggioranza assembleare a seguito della condotta tipizzata negli atti di frode o simulatori.
3.2 Deve pertanto affermarsi che il delitto di illecita influenza sulla assemblea ex 2636 cod. civ. è delitto di evento, posto a tutela dell’interesse al corretto funzionamento dell’organo assembleare, cosicchè gli atti fraudolenti o simulati devono effettivamente determinare la maggioranza in assemblea, il che presuppone che una assemblea sia stata effettivamente tenuta, non risultando invece sufficiente ad integrare la condotta di reato la sola simulazione della tenuta della assemblea.
3.3 Ne consegue pertanto la fondatezza del motivo quanto al capo a) e la necessità di annullare con rinvio la sentenza sul punto, per effettuare la verifica in ordine alla effettiva tenuta della assemblea societaria.
4. Il terzo motivo è invece infondato e generico.
Infatti, la Corte di appello ha con motivazione congrua, oltre che in sintonia con i principi fin qui enunciati, evidenziato come la condotta fraudolenta rispetto alle assemblee tenute per la Allutek, contestate al capo c), consistesse nella circostanza che le maggioranze furono calcolate come se vi fosse stata già l’attribuzione delle quote societarie in via ereditaria, il che non era ancora avvenuto, né tantomeno M.M. poteva fregiarsi del titolo di rappresentate della comunione ereditaria
Tale elemento si aggiungeva a quello rilevato dalla sentenza di primo grado, che annotava come Iannelli, legittima erede di M.E., avesse ricevuto la convocazione per l’assemblea, ma poi proprio P. le comunicò che l’assemblea non sarebbe stata tenuta per un proprio impedimento personale. Dunque, decise di non prendervi parte.
E dunque, il presente motivo, che si incentra sulla sostanziale maggioranza della quale godevano i figli di M.E. quali eredi, non si confronta con le citate circostanze, che risultano decisive, sia perché le maggioranze non erano ancora quelle conseguenti all’apertura della successione, sia anche perché la Iannelli fu disincentivata a partecipare proprio dalla condotta fraudolenta di P.. E’ evidente, per un verso l’infondatezza del motivo per la corretta applicazione dell’art. 2636 cod. civ., per altro l’assenza di correlazione del motivo di impugnazione rispetto alle argomentazioni della sentenza impugnata e di quella di primo grado.
5. Ne consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo a) e il rigetto del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.