Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 2885 depositata il 23 gennaio 2024
amministratore formale (c.d. testa di legno) non risponde automaticamente dei reati commessi da altri (amministratore di fatto)
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10 maggio 2023 la Corte di appello di Reggio Calabria – per quanto qui rileva – confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Locri aveva condannato M.S. alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e tremila euro di multa per concorso nel riciclaggio di un’autovettura provento di furto.
2. Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo dei propri difensori, chiedendo l’annullamento della sentenza in ragione dei seguenti motivi.
2.1. Motivazione apparente sul punto della ritenuta consapevolezza di M.S. in ordine alle operazioni dissimulatorie della provenienza delittuosa dell’autovettura.
La Corte di appello, con una serie di proposizioni assertive, ha respinto la tesi del ricorrente, omettendo di rispondere alle deduzioni difensive con le quali si era contestata detta consapevolezza sulla base di una serie di significativi rilievi: M.S., dal 31 dicembre 2009 al 21 febbraio 2012, rivestì la qualifica solo formale di amministratore unico della concessionaria “C.C. s.r.l.”, amministrata di fatto dallo zio M.A., socio e amministratore unico nei sei anni precedenti; fu quest’ultimo ad acquistare e poi rivendere l’autovettura incidentata al fine di ottenere le targhe, i documenti di circolazione e il numero di telaio poi utilizzati sulla Fiat Punto provento di furto; fu il ricorrente, invece, in occasione del sinistro verificatosi in data 8 marzo 2012, a chiamare la Polstrada, consentendo agli agenti l’immediata scoperta delle grossolane operazioni di sostituzione dei segni identificativi, dei quali evidentemente egli era all’oscuro.
2.2. Violazione della legge penale quanto alla ritenuta responsabilità del ricorrente a titolo di concorso con lo zio, affermata solo in virtù della carica formale ricoperta, dismessa cinque mesi prima della consumazione del reato: la sentenza non ha indicato quale contributo materiale o morale l’imputato fornì per il compimento dell’attività finalizzata a ostacolare la individuazione della provenienza delittuosa del bene, la cui detenzione da sola non consente di ritenere integrato un riciclaggio.
2.3. Violazione della legge penale e motivazione apparente in relazione al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena.
2.4. I difensori hanno poi depositato memoria di replica alle argomentazioni con le quali il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato quanto ai motivi inerenti alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
2. La difesa dell’imputato aveva proposto specifici motivi di appello con i quali aveva evidenziato una serie di elementi obiettivi e di natura logica, indicati nel ricorso e sopra richiamati, potenzialmente idonei a contrastare la ricostruzione del primo giudice circa il concorso di M.S. con lo zio Antonio nell’acquisto e nella successiva rivendita della vettura incidentata, i cui documenti di circolazione, targhe e numero di telaio furono poi utilizzati sulla Fiat Punto provento di furto.
In particolare, la difesa aveva evidenziato che fu M.A. (che in appello ha concordato la pena) ad occuparsi personalmente delle due compravendite dell’autovettura incidentata (del 18 luglio e 21 ottobre 2011), sottoscrivendo i contratti e documenti e attribuendo a sé il ruolo di amministratore unico della società per giustificare l’apposizione della propria firma in calce agli atti, ruolo che lo stesso zio del ricorrente aveva effettivamente ricoperto in precedenza e che poi rivestiva nuovamente nel momento in cui, in data 8 marzo 2012, avvenne il sinistro stradale nel quale fu coinvolto l’imputato a bordo dell’autovettura provento di furto, sulla quale erano state apposte le targhe e sovrascritto il numero di telaio riferibili all’autovettura incidentata.
A fronte di tali deduzioni, la scarna motivazione della sentenza impugnata (a pag. 7) risulta nella sostanza apparente e in parte congetturale (“sembra implausibile ritenere che l’imputato non fosse a conoscenza dell’operazione in questione, posta in essere a nome della società da lui amministrata dal socio e zio dell’appellante, il coimputato M.A.”), avendo attribuito la consapevolezza della provenienza delittuosa del veicolo sul quale il ricorrente si trovava alla guida nonché delle operazioni di taroccamento alla sola veste formale dallo stesso rivestita al momento dell’acquisto da parte della C.C. s.r.l. dell’autovettura incidentata, poi rivenduta a M. B., assolto dalla Corte d’appello.
Va escluso che l’amministratore formale di una società debba rispondere automaticamente, per il solo fatto della carica rivestita, dei reati commessi da altri soggetti che abbiano operato nell’ambito dell’attività societaria, dovendosi verificare la sua compartecipazione materiale e morale al fatto che potrebbe anche essere sfuggito alla sua cognizione (cfr., da ultimo, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, Sez. 5, n. 33582 del 13/06/2022, Benassi, Rv. 284175-01).
3. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio ad altra Sezione della stessa Corte territoriale, che dovrà accertare la presenza di altri elementi idonei a confermare la responsabilità concorsuale di M.S. nel delitto di riciclaggio.
Resta assorbito il secondo motivo di doglianza nella parte in cui la difesa ha implicitamente contestato la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, al pari dell’ultimo motivo, inerente al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
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