CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 29440 depositata il 23 ottobre 2020
Reato di lesioni colpose aggravate – Violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro – Reato estinto per prescrizione – Risarcimento del danno in favore della costituita parte civile
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
1. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale nella parte in cui, aveva riconosciuto la penale responsabilità di B.D., manovratore dell’escavatore e legale rappresentante della S.C.I., che aveva avuto in appalto dalla società V. i lavori di scavo e movimentazione terra nel cantiere relativo ad un edificio in costruzione, per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, commesso in danno di M.G., gruista e dipendente V., in Velletri il 10.02.2011 e, dopo aver dichiarato non doversi procedere in relazione al reato ascritto perché estinto per prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili e condannato, in solido con l’imputato, la V. s.r.l. e la S.C. s.r.l. quale responsabile civile, al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
2. La doglianza dell’impresa V. – la quale aveva lamentato di essere stata erroneamente evocata in giudizio quale responsabile civile, non essendovi, nel processo un imputato del cui operato dovesse per legge rispondere – veniva ritenuta infondata dalla Corte territoriale, sul rilievo che l’art. 185 cod.pen. chiarisce la portata della figura del responsabile civile per fatto altrui che non implica che venga accertata una responsabilità penale per fatto proprio e che comunque nel caso di specie la fonte di responsabilità della V. trae origine dal rapporto di lavoro nei confronti della persona offesa e nella titolarità del cantiere che imponevano di garantire adeguate condizioni di sicurezza in favore dei propri dipendenti e di coloro che si fossero trovati nell’area di cantiere anche in ragione della compresenza sul luogo di lavoro di operatori di imprese subappaltatrici.
3. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione la V. s.r.l. chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
3.1. inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare dell’art. 578 cod.proc.pen. in quanto la Corte territoriale ha omesso un accertamento compiuto sul fatto reato attribuito a D.B.;
3.2. inosservanza ed erronea applicazione della legge in relazione all’art. 2087 cod.civ. e all’art. 10 DPR 1124/1965 e con riferimento all’art. 185 cod. pen. in quanto l’infortunio è stato addebitato al comportamento abnorme o anomalo del B. legale rappresentante della S.C.; erroneamente si richiama la violazione di norme antinfortunistiche poste a capo del committente nel qual caso la responsabilità della V. sarebbe diretta e non per il fatto di terzo; ma nessun addebito è stato mosso in tal senso alla V. che potrebbe rispondere solo dell’operato del suo dipendente e per gli infortuni subiti dai propri dipendenti gode dell’esonero di responsabilità prevista dal TU 1124 del 1965. Evidenzia la ricorrente come nessuna responsabilità penale fosse stata ascritta a suoi dipendenti;
3.3 – violazione di legge con riferimento agli artt. 2087 e 2049 codice civile e 25 della cost. avendo la V. adottato tutte le cautele ai fini di prevenzione degli infortuni tanto da essere ritenuta beneficiaria di risarcimento a carico dell’imputato. La sentenza di primo grado, le cui argomentazioni non sono state scalfite dalla Corte di appello, ha individuato i comportamenti colposi attribuibili esclusivamente al B. ( fol 28) che ha posto in essere una condotta imperita e imprevedibile che ha causato le lesioni del dipendente della V. s.r.l.;
3.4 violazione di legge in relazione all’art. 2055 cod.civ. E’ mancato, pur in presenza di uno specifico motivo di impugnazione il necessario approfondimento in relazione all’addebito di colpa ritenuto a carico della V., ai rapporti con la S.C., stante la mancata contestazione della violazione di specifiche norme antinfortunistiche;
3.5. violazione di legge in relazione alla omessa valutazione dei rapporti contrattuali intercorrenti tra la V. e la S.C.;
3.6. violazione di legge con riferimento agli art. 86 e 87 cod.proc.pen in relazione agli artt. 651 e 654 cod.proc.pen. oltre che vizio di motivazione in relazione all’entità del danno differenziale, alla quantificazione e all’esistenza del danno non risarcito. Il M. è stato risarcito dall’Inail e la V. ha presentato istanza di estromissione in ogni grado di giudizio senza ricevere risposta sul punto.
4. In data 2.10.2020 è pervenuta dichiarazione di rinuncia al ricorso, da parte del legale rappresentante della V. s.r.l., L.L., sottoscritta dal difensore di fiducia e procuratore speciale, motivata dalla intervenuta revoca della costituzione di parte civile, risultante da atto depositato in pari data, sottoscritto dal difensore di fiducia nonché procuratore speciale di G.M..
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 591 cod.proc.pen. per rinuncia a seguito di sopravvenuta carenza di interesse. Occorre precisare che non si versa in una situazione di “soccombenza” nei casi in cui la inammissibilità sia giustificata dalla rinuncia all’impugnazione per carenza di interesse correlata a cause sopravvenute alla presentazione della stessa (Sez. 2, n. 4452 del 08/01/2019 Cc. (dep. 29/01/2019) Rv. 274736 – 01; Sez. 1, n. 13607 del 10/12/2010 – dep. 05/04/2011, Valentini, Rv. 249916).
La decadenza dell’interesse alla decisione per fatti sopravvenuti alla presentazione del ricorso impedisce, infatti, di ritenere che il rinunciante sia “soccombente”, essendo il suo interesse perento per cause non prevedibili al momento dell’impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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