CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 29869 depositata il 3 luglio 2018
Imposte indirette – IVA – Fallimento – Pagamento di debiti – Riscossione – Concordato preventivo
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 15/5/2017, il Tribunale del riesame di Roma annullava – quanto a S.B. – il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 24/2/2017, non ravvisando a carico dello stesso il fumus del delitto di cui all’art. 10-ter, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, ascrittogli quale legale rappresentante della “G.E. s.p.a.”.
2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, deducendo i seguenti motivi:
– inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 322-bis cod. proc. pen., 10-ter contestato e 45 cod. pen. L’ordinanza, riconoscendo l’assenza del dolo di reato e, addirittura, lo stato di necessità, si porrebbe in evidente contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte sul tema, tale da escludere che, nel caso di specie, si possa vertere nella medesima causa di non punibilità;
– inosservanza delle stesse norme in relazione agli artt. 182-bis, comma 6, 183-ter, 182-quinquies, commi 5 e 6, I. fall.
Il Collegio avrebbe affermato che l’ordinanza emessa dal Tribunale fallimentare ai sensi dell’art. 182-quinquies I. fall., avrebbe comportato, in capo al debitore, il divieto di pagare spontaneamente il debito IVA qui in esame; orbene, tale lettura risulterebbe violativa delle norme richiamate, atteso che un qualche divieto – ma solo ad intraprendere azioni esecutive – deriverebbe dal provvedimento fallimentare esclusivamente in capo ai creditori. E con la precisazione che l’ordinanza citata sarebbe stata emessa su impulso della società, e con riguardo ai soli pagamenti che la stessa aveva richiesto di effettuare (dai quali erano esclusi quelli nei confronti dell’Erario). Si precisa, da ultimo, che, alla data di consumazione del reato (27/12/2014), non sarebbe ancora intervenuta (né tantomeno sarebbe stata omologata) alcuna transazione fiscale tra la società e l’Agenzia delle Entrate, ma solo una proposta, datata settembre 2014, mentre l’accordo sarebbe stato formalizzato soltanto l’11/9/2015;
– violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., contraddittorietà della motivazione. L’ordinanza avrebbe mandato esente da colpa l’indagato senza fornire una motivazione che consenta di individuarne il percorso logico-giuridico sulla cui base è pervenuto alla decisione.
Si chiede, pertanto, l’annullamento della pronuncia.
Il difensore dell’indagato ha presentato una memoria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
3. Osserva preliminarmente questa Corte che, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. ammette il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606, stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).
4. Ciò premesso, il ricorso risulta fondato.
Osserva la Corte, infatti, che l’intera ordinanza si fonda su un erroneo presupposto giuridico – quindi, su una violazione di legge -, quale l’assunto per cui la proposta di accordo di ristrutturazione del debito, di cui all’art. 182-bis l. fall. – avanzata dalla “G.E.” ed oggetto del decreto 22/12/2014 del Tribunale fallimentare di Roma -, avrebbe comunque impedito al B., nella sua qualità, il pagamento dell’IVA relativa all’anno 2013; ciò, alla luce del fatto che, con il citato provvedimento, il Collegio – disponendo il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive individuali, nonché autorizzando la società ad effettuare taluni pagamenti (stipendi, utenze, canoni di locazione) – ne avrebbe implicitamente vietato altri, ossia tutti quelli non indicati in modo espresso nel provvedimento, come quello relativo all’IVA in oggetto.
Il B., pertanto, si sarebbe trovato nell’impossibilità giuridica di adempiere a questa obbligazione tributaria, pena la violazione del decreto appena citato.
5. Orbene, ritiene la Corte che tale assunto sia errato in punto di diritto, sì da giustificare l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Al riguardo, giova osservare innanzitutto che la proposta di accordo di ristrutturazione, anche qualora accolta nei limitati termini di cui al decreto ex art. 182-bis, l. fall., non impedisce di certo il pagamento di debiti ulteriori rispetto a quelli espressamente compresi nel provvedimento stesso, a meno che l’adempimento di questi ultimi non si riveli esiziale rispetto agli altri, impedendone o pregiudicandone radicalmente ogni soddisfazione (ad esempio, per esaurimento della capienza finanziaria); quel che, tuttavia, il ricorrente non ha dedotto in questa sede, né ha censurato esser stato invocato in fase di merito e non valutato. Diversamente ipotizzando, infatti, ed accedendo alla tesi del Tribunale del riesame, il debitore – in forza di una propria iniziativa e di un provvedimento interinale emesso in stretta aderenza alla stessa (il citato decreto del Tribunale fallimentare), nonché sulla base della documentazione allegata alla medesima domanda – sarebbe posto nelle condizioni di “scegliere” quali creditori soddisfare e quali no, così – ad esempio – pregiudicando le pretese erariali e garantendosi, rispetto all’inadempimento di esse, la piena immunità; ciò, peraltro, anche nel caso in cui l’accordo di ristrutturazione prospettato non fosse poi depositato nel termine assegnato dal Tribunale, sì da imporre la revoca del provvedimento emesso ex art. 182-bis l.f., come peraltro pacificamente avvenuto nel caso di specie e richiamato anche nell’ordinanza impugnata.
Quel che, all’evidenza, non può esser consentito, pena una palese irragionevolezza della previsione ed una ingiustificata falla nel sistema delle garanzie erariali; queste, infatti, ben facilmente potrebbero essere vanificate ed eluse dal debitore, peraltro in forza di una mera iniziativa individuale sorretta da elementi dallo stesso esclusivamente rappresentati e, poi, tradottasi in un provvedimento interlocutorio quale quello del 22/12/2014.
6. A conclusioni diverse, inoltre, non è lecito pervenire neppure richiamando la disciplina generale in tema di concordato preventivo, sul punto evocata dal Tribunale del riesame. Ed invero, la costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte, diffusamente prodottasi negli ultimi anni anche con riguardo all’art. 10-ter contestato al B., ha sempre ravvisato il reato tributario nel caso in cui l’ammissione al concordato medesimo sia avvenuta in epoca successiva alla scadenza del debito d’imposta, ponendosi invece la questione – invero dibattuta – della sussistenza della fattispecie de qua solo per l’ipotesi in cui tale ammissione abbia preceduto la scadenza tributaria, allorquando si consuma il reato in esame, attesone il pacifico carattere istantaneo (tra le molte, Sez. 3, n. 12912 del 4/2/2016, Ugolini, Rv. 266708; Sez. 3, n. 3541 del 16/12/2015, Faranda, Rv. 265937; Sez. 3, n. 15853 del 12/3/2015, Fantini, Rv. 263436). Orbene, quanto precede non attiene affatto al caso di specie, nel quale
– si ribadisce – nessun provvedimento ammissivo sul punto vi è stato da parte del Tribunale fallimentare, ma soltanto un ‘autorizzazione (ex art. 182-bis I. fall.) a pagare determinati debiti, con divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive, come quello di acquisire titoli di prelazione – se non concordati – sul patrimonio della società; ciò, nell’attesa del deposito dell’accordo di ristrutturazione da parte del debitore, vero cardine della procedura (a conferma del carattere meramente interlocutorio del decreto richiamato), peraltro nel caso di specie mai avvenuto nel termine assegnato. E senza che, in senso diverso, possa poi affermarsi, quale limite ai pagamenti individuali (ossia, verso soggetti diversi da quelli indicati nel decreto), il divieto – appena citato – di iniziare o proseguire azioni sul patrimonio sociale non concordate; ed invero, contrariamente all’evincibile assunto del Tribunale, ed in aderenza a quanto affermato dal Procuratore ricorrente, tale norma non è affatto rivolta al debitore, pena la sua irragionevolezza, ma ai suoi creditori, e costituisce palese espressione del principio della par condicio creditorum.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, affinché il Collegio di merito – rimosso il principio secondo il quale il Tribunale fallimentare avrebbe indicato al B. quale debiti poter pagare, con tassativa esclusione e divieto di qualsiasi altro non contemplato (compreso quello IVA di cui alla rubrica) – verifichi la persistente fondatezza delle conclusioni alle quali è pervenuto, che appaiono allo stato limitarsi al mero dato cronologico della estrema vicinanza tra l’assunzione della carica di presidente del consiglio di amministrazione (23/12/2014) e scadenza del debito fiscale (27/12/2014). Quel che, peraltro, dovrà esser verificato – sia pur nella presente fase cautelare – anche in relazione al carattere istantaneo della fattispecie di cui all’art. 10-ter, d. Igs. n. 74 del 2000, già sopra richiamato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, sezione misure cautelari reali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20889 depositata il 18 luglio 2023 - La violazione dell’obbligo di cui all’art. 97, l. fall., non modifica in alcun modo la rigorosa disciplina dei termini processuali quanto alla proposizione delle domande c.d.…
- Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 16412 depositata il 15 luglio 2007 - La correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria e' assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 luglio 2022, n. 23314 - La prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 111 depositata il 3 gennaio 2024 - L'art. 380-bis c.p.x. (che nella parte finale richiama l'art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall'art. 35, comma 6,…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 31544 depositata il 20 luglio 2023 - Il giudice di legittimità, infatti, deve verificare che la motivazione della pronuncia sia "effettiva" e non meramente apparente, cioè realmente idonea a…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 31327 depositata il 17 luglio 2019 - Il legale rappresentante, che riceva la diffida al pagamento dei contributi omessi, della società ammessa al concordato preventivo con riserva, può, al fine di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: i dati tratti da server non c
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 7475 deposi…
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…