CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 30105 depositata il 4 luglio 2018
Fallimento – Bancarotta fraudolenta – Condotta dell’amministratore – Prelevi somme dalle casse sociali – Pagamento di competenze – Compenso degli amministratori di società di capitali – Delibera assembleare
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna, pronunziata in giudizio abbreviato, di P.A. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta semplice documentali commessi nella qualità di amministratore della P. s.r.l., fallita nel corso del 2008.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo dei propri difensori articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo deduce errata applicazione della legge penale in merito alla configurabilità del reato di bancarotta distrattiva. In proposito eccepisce come l’appropriazione da parte del P. di somme della fallita altro non sia se non che il pagamento delle spettanze dovutegli per la sua opera di amministratore, statutariamente previste, mentre irrilevante sarebbe che il suo ammontare non fosse stato deliberato dall’assemblea attesa l’entità modesta dei prelievi, se rapportati al periodo in cui l’imputato ha prestato la sua attività, come parimenti irrilevante che gli stessi prelievi non siano stati contabilizzati. Inoltre la Corte territoriale non avrebbe tenuto, ai fini dell’eventuale configurabilità della fattispecie di bancarotta riparata, del fatto che nel corso della vita della società il P. aveva effettuato pagamenti e versamenti in suo favore.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ulteriore violazione della legge sostanziale in merito al mancato accertamento di un nesso di causalità tra le contestate condotte detrattive e il dissesto della fallita. Con il terzo motivo vengono dedotti nuovamente l’errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in realtà da escludersi proprio in ragione dei versamenti e dei pagamenti effettuati dall’imputato. Analoghi vizi vengono prospettati anche con il quarto ed ultimo motivo in merito al mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena, negata in ragione di precedenti penali non più ostativi.
3. Con memoria trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata il 29 maggio 2018 i difensori dell’imputato hanno ulteriormente sviluppato le doglianze svolte con il quarto motivo di ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Va premesso che, come con il ricorso, anche con l’atto d’appello l’imputato non ha proposto impugnazione avverso la condanna per il reato di bancarotta semplice documentale, divenuta dunque definitiva, come correttamente evidenziato nella sentenza gravata, già prima della pronunzia di quest’ultima. Ciò rilevato, i motivi di ricorso devono ritenersi manifestamente infondati e generici.
2.1 Per quanto concerne le doglianze avanzate con il primo motivo, deve ritenersi che i giudici del merito abbiano fatto buon governo dell’insegnamento di questa Corte per cui integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi somme dalle casse sociali, a titolo di pagamento di competenze, solo genericamente indicate nello statuto, in quanto la previsione di cui all’art. 2389 c.c. stabilisce che la misura del compenso degli amministratori di società di capitali sia determinata con delibera assembleare (ex multis Sez. 5, n. 50836 del 3 novembre 2016, Barbato, Rv. 268433; Sez. 5, n. 11405/15 del 12 giugno 2014, Clerici e altro, Rv. 263056).
Correttamente, dunque, la Corte territoriale ha evocato l’illiquidità del credito che il ricorrente ha opposto a giustificazione dell’impossessamento delle somme incassate per conto della fallita. Invero anche laddove effettivamente dovuta, la retribuzione dell’amministratore deve essere certa non solo nell ‘an, ma altresì nel quantum, mentre la liquidazione della sua entità non è rimessa allo stesso percettore, bensì, per l’appunto, o allo statuto o all’organo assembleare. Condizioni che nel caso di specie non ricorrono, atteso che non risulta alcuna deliberazione di quest’ultimo – né il ricorso ha sostenuto che la stessa esista – ovvero che lo statuto prevedesse l’ammontare del compenso, che infatti il ricorrente calcola in maniera del tutto astratta e sommaria, rivelando come, a tutto concedere, l’imputato avrebbe provveduto ad una indebita “autoliquidazione” dei suoi compensi, del tutto ingiustificabile, anche solo agli eventuali fini di una derubricazione del fatto nella meno grave fattispecie di bancarotta preferenziale. E’ infatti necessario ricordare come questa Corte abbia precisato che commette, per l’appunto, il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale l’amministratore di una società di capitali che preleva dalle casse sociali somme asseritamente corrispondenti a crediti da lui vantati per il lavoro prestato nell’interesse della società, senza l’indicazione di dati ed elementi di confronto che ne consentano un’adeguata valutazione, quali, ad esempio, gli impegni orari osservati, gli emolumenti riconosciuti a precedenti amministratori o a quelli di società del medesimo settore, i risultati raggiunti (Sez. 5, n. 49509 del 19 luglio 2017, Allia, Rv. 271464).
2.2 Manifestamente infondata è altresì l’obiezione per cui alcune delle distrazioni avrebbero compensato crediti vantati dall’imputato nei confronti della fallita per pagamenti effettuati e che pertanto, in parte qua, si verserebbe nell’ipotesi della bancarotta riparata. Anche a prescindere dal fatto che la sentenza impugnata ha contestato che tali pagamenti o versamenti (la cui entità ammonterebbe comunque ad una minima parte della somma complessivamente distratta) siano effettivamente avvenuti, è appena il caso o di evidenziare come la bancarotta riparata è fattispecie diametralmente opposta a quella configuratasi, posto che la stessa presuppone la restituzione di quanto illecitamente sottratto e non già la sottrazione a compensazione di un eventuale debito gravante sul patrimonio societario.
2.3 Generiche sono poi le censure mosse con il terzo motivo alla motivazione della sentenza con riguardo all’elemento soggettivo del reato, posto che non solo la Corte territoriale ha fatto buon governo del consolidamento insegnamento di legittimità in merito alla natura del dolo della bancarotta patrimoniale, ma altresì ha logicamente argomentato sulla consapevolezza da parte dell’imputato dell’illiceità della sua condotta evocando la sua scelta di non lasciar traccia nella contabilità della fallita dell’avvenuto incasso dei pagamenti indebitamente distratti: apparato giustificativo questo con il quale il ricorrente non si è sostanzialmente confrontato.
2.4 Manifestamente infondato è poi il secondo motivo, fondato sui principi affermati in un arresto di questa Corte, rimasto isolato nella sua produzione giurisprudenziale. In tal senso va infatti ribadito che il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione non richiede l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il dissesto dell’impresa, in quanto, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, detti fatti assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi e, quindi, anche quando l’impresa non versava ancora in condizioni di insolvenza, essendo sufficiente aver cagionato il depauperamento dell’impresa destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività (ex multis. Sez. Un., n. 22474 del 31 marzo 2016, Passarelli e altro, Rv. 266804; Sez. 5, n. 27993 del 12 febbraio 2013, Di Grandi e altri, Rv. 255567; Sez. 5, n. 11095 del 13 febbraio 2014, Ghirardelli, Rv. 262741; Sez. 5, n. 32352 del 7 marzo 2014, Tanzi e altri, Rv. 261942; Sez. 5, n. 47616 del 17 luglio 2014, Simone, Rv. 261683).
2.5 Infondato è infine il quarto motivo di ricorso. Infatti la Corte territoriale non ha ritenuto i precedenti penali dell’imputato oggettivamente ostativi al riconoscimento per la seconda volta della sospensione condizionale della pena, ma ha compiuto, sulla base de comportamento tenuto in passato dall’imputato, una valutazione della sua personalità motivatamente ritenuta incompatibile con la reiterazione del beneficio in ragione di una prognosi negativa sulla sua capacità dall’astenersi dal delinquere nuovamente. In proposito deve altresì rilevarsi come non possano essere prese in considerazione le osservazioni e la documentazione di cui alla memoria trasmessa dai difensori. Infatti nel giudizio di cassazione non è consentita la presentazione di memorie mediante l’uso della posta elettronica certificata (PEC) in quanto non può ritenersi estesa a tale giudizio la facoltà di deposito telematico di atti, in assenza del decreto previsto dall’art. 16-bis, comma sesto, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ed in considerazione dell’espressa limitazione ai procedimenti innanzi al tribunale ed alla corte di appello prevista dal comma 1-bis della medesima norma (Sez. 2, n. 31336 del 16 maggio 2017, P.M. in proc. Silvestri, Rv. 270858). Non di meno trattasi di memoria tardivamente presentata, senza rispettare il termine di quindici giorni previsto dall’art. 611 c.p.p. il quale trova applicazione anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate (Sez. 3, n. 14038/18 del 12 dicembre 2017, Faldini e altri, Rv. 272553).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali.