CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 30307 depositata il 4 agosto 2021

Reati tributari – Occultamento o distruzione di documenti contabili obbligatori – Dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti – Prescrizione

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza emessa in data 13 giugno 2019, la Corte di appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, pronunciando in parziale riforma della sentenza dal Tribunale di Bolzano, per quanto di interesse in questa sede, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità di V.P. per i reati di occultamento o distruzione di documenti contabili e di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, nonché di L.F. per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, dichiarato estinto per prescrizione il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti a carico di F., confermato, nei confronti di P., la pena irrogata e la confisca per equivalente per 19.466,66 euro, e, infine, rideterminato la pena nei confronti di F..

Secondo i giudici di merito, V.P., socio accomandatario e legale rappresentante della “2000 s.a.s. P. V. & c.”, avrebbe: -) occultato o distrutto il registro dei beni ammortizzabili relativo agli anni dal 2010 al 2013 e le ricevute fiscali emesse nel 2009, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, fino al 30 luglio 2014 (capo 1); -) indicato nelle dichiarazioni annuali, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, le fatture emesse dalla “S.G. s.a.s. di F.L. & C.” nel 2009, per l’importo eccedente 42.667,00 euro, quindi per 47.333,00 euro, e nel 2010, per l’importo di 50.000,00 euro (capo 2). L.F., invece, legale rappresentante della “S.G. s.a.s. di F.L. & C.”, avrebbe occultato o distrutto le fatture emesse nel 2009 e nel 2010 nei confronti della “2000 s.a.s. P. V. & c.”, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume degli affari, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, fino al 4 marzo 2015 (capo 4). La confisca è stata disposta per equivalente nei confronti di P. per un valore pari a 19.466,66 euro, in quanto corrispondente all’I.V.A. evasa dalla “2000 s.a.s. P. V. & c.” per l’utilizzo delle false fatture emesse dalla “S.G. s.a.s. di F.L. & C.”. È stato dichiarato estinto per prescrizione il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti contestato a F., con riferimento alle fatture emesse dalla “S.G. s.a.s. di F.L. & C.” nel 2009, per l’importo eccedente 42.667,00 euro, e nel 2010, per l’importo di 50.0, 00 euro, in favore della “2000 s.a.s. P. V. & c.” (capo 5).

2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe V.P. e L.F., con un unico atto a firma degli avvocati A.L. e A.M., articolato in quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati per i quali è stata affermata la penale responsabilità o dichiarata l’estinzione per prescrizione.

Si deduce che la sentenza impugnata è del tutto priva di motivazione e non si è in alcun modo confrontata con i motivi di appello, originari e aggiunti, in quanto si è limitata a descrivere i fatti indicati nelle imputazioni, ma ha omesso qualunque apprezzamento in ordine alla attendibilità delle fonti di prova o ai rapporti di inferenza tra queste e il risultato probatorio. Si osserva che, in questo modo, è eluso anche il diritto a conoscere le ragioni della decisione e a proporre, se del caso, ulteriore impugnazione. Si richiama, in particolare, Sez. 6, n. 53420 del 04/11/2014.

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati di occultamento o distruzione di documenti contabili obbligatori, di cui ai capi 1 e 4.

Si ripropongono le questioni dedotte con i motivi di appello, e alle quali la Corte distrettuale non ha dato alcuna risposta.

In relazione al capo 1, si premette che la fattispecie di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 è stata ritenuta sussistente con riferimento al registro dei beni ammortizzabili per l’anno 2010, e alle ricevute fiscali per l’anno 2009. Si osserva, in primo luogo, che l’occultamento concernente il registro dei beni ammortizzabili è stato ricostruito dal Tribunale come relativo ai dati da indicare nello stesso, e, quindi, non al libro contabile, ma al suo contenuto; si deduce che, però, in questo modo, si dà rilievo ad una supposta falsificazione, ossia ad una condotta nettamente diversa da quella di occultamento o distruzione, come ben evidenziato dalle disposizioni di cui agli artt. 216 e 217 l. fall. e di cui all’art. 4, primo comma, lett. a), del d.l. n. 429 del 1982, abrogato dal d.lgs. n. 74 del 2000. Si rappresenta, in secondo luogo, che l’occultamento delle ricevute fiscali per l’anno 2009 attiene a documenti già prodotti all’Agenzia delle Entrate in occasione di una verifica fiscale, poi archiviata dalla stessa Amministrazione finanziaria; si deduce che, in questo modo, si ampliano gli obblighi desumibili dal combinato disposto di cui agli artt. 22 d.P.R. n. 600 del 1973 e 2220 cod. civ., protraendoli anche ad epoca successiva al compimento della verifica fiscale (si cita Sez. 5 civ., n. 9384 del 13/05/2016) ed al quinquennio per la contestazione tributaria, già decorso alla data della perquisizione, avvenuta nel febbraio 2015. Si rileva, ancora, che, con riferimento all’elemento soggettivo, non si è considerato che le ricevute sono state consegnate prontamente all’Amministrazione finanziari produzione delle stesse ha prodotto un esito solo svantaggioso, perché ha impedito di dedurre qualunque costo.

In relazione al capo 4, si osserva che la contestazione della fattispecie di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 è intrinsecamente contraddittoria con l’altra, quella di cui all’art. 8 d.lgs. cit. Si segnala che l’azione di occultare o distruggere le scritture contabili della ditta emittente le false fatture produce un risultato opposto a quella di emissione delle stesse fatture: precisamente, se queste vengono emesse per consentire l’evasione di terzi, debbono essere rese palesi.

2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di cui al capo 5.

Si ripropongono anche in relazione a questi capi le questioni dedotte con i motivi di appello, e alle quali la Corte distrettuale non ha dato alcuna risposta.

Si premette che l’operazione, in relazione alla quale si assumono commessi i reati di cui all’art. 2 e di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000, è stata ritenuta comunque in parte esistente, anche perché si riconosce che la “S.G. s.a.s. di F.L. & C.” era in possesso di beni propri, da mettere a disposizione della “2000 s.a.s. P. V. & c.”. Si rappresenta, poi, che il Tribunale ha ravvisato il mendacio con riferimento alla quota di ammortamento annuale, senza considerare che i beni concessi in uso, anche quando interamente ammortizzati, se esistenti, conservano il loro valore commerciale, e che questo ragionevolmente produce un reddito, derivante dal compenso corrisposto dai terzi per il loro utilizzo. Si segnala, quindi, che l’ipotesi di accusa, secondo cui le somme pagate sarebbero in realtà in parte dei finanziamenti, da un lato, prospetta un’operazione elusiva, forse non opponibile all’Amministrazione finanziaria ex art. 37-bis d.P.R. n. 600 del 1973, ma certo non integrante gli estremi di un illecito penale, stante il disposto dell’art. 1 d.lgs. n. 12 del 2015, e, dall’altro, costituisce una petizione di principio non dimostrata, anzi palesemente in contrasto con una elementare logica di profitto, in forza della quale il compenso pattuito per il noleggio è commisurato non al valore dell’ammortamento, bensì al costo sopportato dal locatore per procurarsi il bene.

2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 157, 160 e 161 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, con dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, per l’anno 2009.

Si deduce che la sentenza impugnata non si confrontata nemmeno con la questione appena precisata, pur ritualmente proposta con motivi nuovi in appello, e, anzi, del tutto incongruamente, afferma che la condanna in primo grado per il reato di cui al capo 2 è avvenuta unicamente in relazione alla fattura n. 1 del 31.12.2010.

Considerato in diritto

1. I ricorsi sono fondati per le ragioni di seguito precisate.

2. Fondate, innanzitutto, sono le censure esposte nel quarto motivo, relative al ricorrente V.P., da esaminare preliminarmente perché pregiudiziali, e che contestano la mancata dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, per l’anno 2009.

2.1. La sentenza impugnata ha dapprima escluso, in motivazione, di dover pronunciare sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione con riferimento alla contestazione appena indicata, ascritta al solo V.P., osservando che, in relazione a tale imputazione, è «intervenuta condanna limitatamente al fatto di emissione della fattura n. 1 del 31.12.2010», e, quindi, in dispositivo, ha integralmente confermato, salvo che per il capo 5, relativo al solo L.F., la pronuncia del Tribunale.

In questo modo, la Corte d’appello, da un lato, è incorsa in un evidente errore di fatto, rilevabile già dal dispositivo della sentenza di primo grado e ampiamente confermato dalla motivazione di tale decisione, e, dall’altro, ha comunque “consolidato” l’affermazione di responsabilità di P. per il reato di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, per l’anno 2009.

Invero, il Tribunale aveva dichiarato V.P. «colpevole del reato a lui contestato […] al capo 2, limitatamente al fatto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture emesse dalla società S.G. SAS nell’anno 2009 per l’importo eccedente Euro 42.667 di imponibile e mediante l’uso della fattura emessa dalla società S.G. SAS nell’anno 2010». Inoltre, analitica spiegazione del perché le fatture emesse dalla società S.G. SAS nell’anno 2009 per l’importo eccedente Euro 42.667 di imponibile in favore della società “2000 s.a.s. di P. V. & C.” siano da ritenersi relative ad operazioni amministrata appunto dal ricorrente P., sia da ritenere fraudolenta per l’uso di tali fatture – è fornita dalla sentenza del Giudice di primo grado in uno specifico paragrafo della motivazione (pagg. da 16 a 22).

La “conferma” pronunciata dalla Corte d’appello, quindi, lasciando immutate tutte le statuizioni nei confronti di P., condannato anche al pagamento delle spese processuali, deve necessariamente ritenersi estesa anche all’affermazione di responsabilità del medesimo per il delitto di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, per l’anno 2009, nei termini precisati nella sentenza di primo grado.

Posto che V.P. è stato dichiarato dal Tribunale colpevole del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture emesse dalla società S.G. SAS nell’anno 2009 per l’importo eccedente Euro 42.667 di imponibile, e che la decisione di appello ha confermato tale statuizione, è doveroso rilevare in questa sede l’estinzione del reato appena indicato per prescrizione.

Ed infatti, si tratta di reato commesso, come indicato in contestazione, il 23 settembre 2010, e, per il quale, anche tenendo conto di un breve periodo di sospensione rilevabile in atti, la prescrizione è maturata il 13 aprile 2018, ossia oltre un anno prima della pronuncia della sentenza della Corte d’appello.

2.2. Occorre aggiungere, per completezza, che non vi sono i presupposti per una pronuncia di proscioglimento nel merito.

Le censure in argomento, in effetti, pongono questioni che attengono alla motivazione della sentenza impugnata ed alla ricostruzione del fatto come premessa per l’esame di questioni giuridiche. Ora, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in relazione alla quale non vi sono ragioni per dissentire, innanzitutto, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274-01). Inoltre, sempre secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275-01).

3. Fondate, poi, sono le censure enunciate nel primo motivo, comune ad entrambi i ricorrenti, e che contestano la mancanza di una effettiva motivazione della sentenza di appello in ordine ai reati per i quali è stata pronunciata condanna.

3.1. I ricorrenti, con l’atto di appello, per quanto interessa in questa sede, avevano criticato in modo argomentato l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati per il quali il Tribunale aveva affermato la loro colpevolezza.

In sintesi, per quanto riguarda l’accusa di occultamento o distruzione di documenti contabili obbligatori di cui al capo 1, ascritta a V.P., con riferimento al registro dei beni ammortizzabili per l’anno 2010 e alle ricevute fiscali per l’anno 2009, l’atto di gravame aveva formulato analitiche censure. In particolare, si era osservato che il Tribunale aveva ricostruito la condotta relativa al registro dei beni ammortizzabili avendo riguardo non all’elenco in sé, ma ai dati da indicare nello stesso, e quindi in termini di falsificazione, ossia di azione concettualmente distinta da quelle di occultamento e distruzione, come rilevabile dalle disposizioni di cui agli artt. 216 e 217 l. fall. e di cui all’art. 4, primo comma, lett. a), del d.l. n. 429 del 1982, abrogato dal d.lgs. n. 74 del 2000. Si era poi affermato che il Tribunale, in relazione alla condotta concernente le ricevute fiscali per l’anno 2009, non si era confrontato né con il dato della precedente produzione delle medesime ricevute all’Agenzia delle Entrate, con conseguente venir meno degli obblighi di conservazione delle stesse, né con le circostanze della pronta consegna di tali ricevute all’Amministrazione finanziaria, e dell’interesse a produrle per poter dedurre i costi.

Anche con riferimento all’accusa di occultamento o distruzione di documenti contabili obbligatori di cui al capo 4, ascritta a L.F., l’atto di appello muoveva una specifica censura di ordine di logico. In particolare, si deduceva che la condotta di occultamento o distruzione di fatture per operazioni inesistenti da parte di chi le ha emesse è condotta incompatibile con la finalità di consentire l’evasione dei destinatari delle stesse, e, quindi, con la condotta di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000.

Pure in ordine all’accusa di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture per operazioni inesistenti, di cui al capo 2, per l’anno 2010, ascritta a V.P., il gravame poneva una specifica questione. Precisamente, l’impugnazione di merito deduceva che erroneamente il Tribunale aveva ravvisato il mendacio con riferimento alla ricevuta fiscale del 31 dicembre 2010 per i beni concessi in uso dalla “S.G. s.a.s.” alla società “2000 s.a.s. di P. V. &C.”, poiché detti beni erano effettivamente esistenti, perché costituisce petizione di principio la commisurazione del compenso per il noleggio di detti beni al valore dell’ammortamento, e perché, in ogni caso, se attraverso l’operazione fosse stato anche un finanziamento, ci si troverebbe di fronte ad una ipotesi di elusione non costituente illecito penale a norma dell’art. 1 d.lgs. n. 12 del 2015.

3.2. A fronte di queste censure, la sentenza impugnata in questa sede offre una risposta stringatissima, che può essere trascritta.

Precisamente, la Corte d’appello rappresenta: «Orbene relativamente ai reati di cui all’art. 10 D.L.vo. 10.3.2000 n. 74, occultamento o distruzione di documenti contabili, attribuito sia al P. (capo 1) sia al F. (capo 2) le censure mosse dagli appellanti non scalfiscono la motivazione della sentenza di condanna cui si rinvia (pp. 9-16 e 29-31). Riguardo al P. va confermata in particolare (v. test. B. – G.d.F.) l’occultamento del registro dei beni ammortizzabili relativo all’anno 2010 ed alle ricevute fiscali emesse nell’anno 2009 giacché i documenti contabili “ricostruiti” e consegnati alla G.d.F. erano totalmente privi dei dati relativi all’anno 2010 in tal modo impedendo in fatto e con specifica finalità di evasione la ricostruzione delle quote di ammortamento tuttavia considerate nella dichiarazione dei redditi ma non suscettibili di verificazione da parte degli accertatori ed il mancato rinvenimento delle ricevute fiscali emesse nell’anno 2009 non messe a disposizione della G.d.F.

Riguardo al F. va confermato in particolare (v. test. B.) che le fatture emesse dalla “S.G. s.a.s.” e rinvenute nella contabilità della “2000 s.a.s.” non sono state esibite, ancorché richieste alla G.d.F. così da consentire e/o da agevolare l’evasione fiscale della “2000 s.a.s.”. Relativamente al reato di cui all’art. 2 D.L.vo. 10.3.2000 n. 74 (capo 2) attribuito a P., sempre dalla deposizione del teste B., risulta credibilmente che negli anni 2009-2010 la “S.G. s.a.s.” era in difficoltà economiche – non operativa e che la 2000 s.a.s”, anziché praticare direttamente un finanziamento, aveva scelto la via fiscalmente più conveniente, ma illecita di avvalersi di fatture emesse dalla “S.G. s.a.s.” per operazioni inesistenti».

3.3. Procedendo al raffronto tra contenuto degli atti di appello e motivazione della sentenza di appello, emerge evidente come quest’ultima non abbia fornito alcuna argomentata risposta alle plurime censure degli imputati.

In particolare, con riferimento alla conferma della condanna per il capo 1, nei confronti di P., nulla è indicato né in ordine ai rilievi concernenti le modalità della condotta in tema di registro dei beni ammortizzabili, ricostruita specificamente dall’appellante come relativa al contenuto dei dati da esporre nel medesimo repertorio, e, quindi, come eventualmente costituente un’attività di falsificazione, ma non di occultamento e distruzione, né in relazione alla deduzione relativa alla pregressa produzione delle ricevute fiscali per l’anno 2009 all’Agenzia delle Entrate.

Relativamente alla conferma della condanna per il capo 4 (non 2, come erroneamente indicato), nei confronti di F., la sentenza impugnata si limita a dare rilievo al dato oggettivo della mancata esibizione delle fatture richieste dalla Guardia di Finanza, senza preoccuparsi di fornire alcuna risposta alla prospettazione difensiva, magari opinabile, ma comunque non immeritevole di essere del tutto ignorata.

Avendo riguardo alla conferma della condanna per il capo 2, nei confronti di P., infine, la Corte d’appello espone esclusivamente una considerazione, e cioè che l’operazione tra “S.G. s.a.s.” e “2000 s.a.s” era, in realtà, un finanziamento, ma nulla indica circa le ragioni poste a base di tale assunto, salvo le condizioni di difficoltà economiche della prima impresa. In questo modo, inoltre, la sentenza impugnata non si confronta minimamente con le deduzioni dell’appellante, che contestano il mendacio, stante l’esistenza dei beni presi a noleggio e la discrezionalità nella determinazione del prezzo da pagare quale corrispettivo, nonché, in subordine, la natura fiscalmente elusiva, ma penalmente non rilevante, dell’operazione.

3.4. Per completezza, occorre osservare che l’annullamento per vizio di motivazione non travolge la statuizione della sentenza impugnata che aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti di cui al capo 5, ascritto a L.F..

Si è infatti già evidenziato in precedenza, al § 2.2, che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, in presenza di una causa di estinzione del reato, (a) il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, e (b) non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 2009, Tettamanti, cit.).

4. L’accoglimento delle doglianze indicate nel primo motivo, comune ad entrambi i ricorrenti, rende superfluo l’esame delle censure formulate nel secondo e nel terzo motivo.

Ed infatti le stesse pongono quelle questioni sulle quali doveva soffermarsi la Corte d’appello, e che, implicando anche profili di merito, devolute al giudizio di rinvio.

5. L’annullamento della sentenza impugnata in ordine ai reati in contestazione, importa anche la caducazione delle statuizioni concernenti la confisca.

5.1. Preliminarmente, risulta necessaria una precisazione in ordine a natura e contenuto delle disposizioni concernenti le statuizioni di confisca adottate nel corso del presente processo.

Il Tribunale aveva disposto la confisca per equivalente nei confronti di V.P. per euro 19.466,66, nonché nei confronti di L.F. per euro 10.000,00 (cfr. pagg. 38-40 della sentenza di primo grado). Precisamente, la confisca nei confronti di P. si riferiva al profitto dei reati di cui al capo 2, concernenti le dichiarazioni fraudolente relative alla “2000 s.a.s. P. V. & C.” per uso delle fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società S.G. s.a.s. nell’anno 2009 per l’importo eccedente euro 42.667 di imponibile e nell’anno 2010 (una sola fattura) per l’importo di euro 60.000,00, di cui 10.000,00 euro a titolo di IVA. La confisca nei confronti di F. riguardava il profitto del reato di cui al capo 5, relativo alla emissione di una fattura per operazioni inesistenti, da parte della società S.G. s.a.s. in favore della “2000 s.a.s. P. V. & C.”, per l’anno 2010, per l’importo di euro 60.000,00, di cui 10.000,00 euro a titolo di IVA (si tratta della medesima fattura utilizzata nella dichiarazione della “2000 s.a.s.” per l’anno 2010, di cui al capo 2).

La sentenza di appello, impugnata in questa sede, pur dichiarando estinto per prescrizione il reato di cui al capo 5 nei confronti di F., ha confermato implicitamente, senza alcuna motivazione sul punto, tutte le statuizioni di confisca.

5.2. La decisione implicita della Corte di merito di conferma delle precedenti statuizioni di confisca risulta inconciliabile con i principi giuridici applicabili, sia pure per ragioni diverse.

5.2.1. Per quanto riguarda la confisca riguardante i reati per i quali è stata dichiarata la prescrizione, la misura ablatoria non può essere in alcun modo mantenuta.

Invero, come evidenziato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, la disposizione dell’art. 578-bis cod. proc. pen., che ha disciplinato la possibilità di mantenere la confisca con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato, nel caso in cui sia accertata la responsabilità dell’imputato, è applicabile anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ma questa, ove sia stata disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578-bis cod. pen. (ndr art. 578-bis cod.proc.pen.), atteso il suo carattere afflittivo (Sez. 3, n. 20793 del in corso di massimazione).

Ne consegue che le statuizioni concernenti la confisca per equivalente nei confronti di L.F. per l’importo di 10.000,00 euro in relazione al capo 5, concernente l’emissione di una fattura nel 2010, e la confisca per equivalente nei confronti di V.P. per l’importo dì 9.466,66 euro in relazione al capo 2 per la dichiarazione relativa all’anno 2009, stante la dichiarazione di prescrizione di tali reati, e l’anteriorità di questi all’entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen., debbono essere annullate senza rinvio.

5.3. Per quanto concerne, invece, la statuizione relativa alla confisca per equivalente nei confronti di V.P. per l’importo di 10.00,00 euro in relazione al capo 2 per la dichiarazione della “2000 s.a.s. P. V. & C.” relativamente all’anno 2010, la misura ablatoria potrebbe essere mantenuta, in quanto ha come presupposto un reato per il quale non è stata dichiarata la prescrizione.

Tuttavia, l’annullamento con rinvio disposto in relazione al delitto di cui al capo 2 per la dichiarazione relativa all’anno 2010, per ragioni relative all’accertamento della sua sussistenza, determina allo stato anche la caducazione della statuizione della confisca del relativo profitto. Ed infatti, in tanto è ammissibile la confisca del profitto di un reato, in quanto questo risulti accertato, almeno in termini sostanziali, nonché riferibile al destinatario del provvedimento ablatorio. Di conseguenza, solo all’esito del nuovo giudizio, qualora si ritenga sussistente il reato di cui al capo 2 nei termini sopra precisati, e con sentenza di merito, sarà consentita la confisca per equivalente del suo profitto.

6. In conclusione, quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo 2 quanto alla condotta relativa all’anno d’imposta 2009, per essere tale reato estinto per prescrizione, nonché con riferimento alla confisca per equivalente disposta in relazione a tale condotte nei confronti di V.P. per il valore di 9.466,66 euro, e con riferimento alla confisca per equivalente disposta nei confronti di L.F. per il valore di 10.000,00 euro, non sussistendo i presupposti per il loro mantenimento.

La sentenza impugnata, invece, deve essere annullata in ordine ai restanti reati per i quali la Corte d’appello aveva confermato la condanna, nonché in relazione alla confisca per equivalente disposta nei confronti di V.P. per il valore di 10.000,00 euro con riguardo al reato di cui al capo 2 quanto alla condotta relativa all’anno 2010, perché si proceda a nuovo giudizio.

In relazione a tali reati, e precisamente a quello di cui al capo 1, a quello di cui al capo 2 limitatamente alla dichiarazione relativa al 2010, e a quello di cui al capo 4, il Giudice del rinvio esaminerà in modo puntuale le censure formulate negli atti di appello degli attuali ricorrenti e ne darà conto, in modo congruo, in motivazione, prima di decidere se confermare o meno l’affermazione di responsabilità e la confisca nei limiti sopra precisati.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 2 quanto alle condotte relative all’anno d’imposta 2009, per essere tale reato estinto per prescrizione.

Annulla la sentenza impugnata in ordine ai restanti reati e alla confisca con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Trento.