Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 30644 depositata il 6 luglio 2018
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 luglio 2017 il Tribunale di Napoli ha condannato MM alla pena di € 300,00 di ammenda, relativamente al reato di cui agli art. 81 e 659 del cod. pen. perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, in qualità di titolare dell’esercizio commerciale denominato “Made” ubicato in Napoli alla via A. F. n. 346, mediante schiamazzi o rumori provocati dalla sua attività disturbava il riposo delle persone. Fino al 14/12/2013.
2. Ricorre per Cassazione l’imputata, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Manifesta illogicità della motivazione relativamente alla responsabilità della ricorrente. La stessa decisione afferma che la ricorrente aveva affidato la gestione, dell’esercizio commerciale, al marito. L’affidamento in gestione dell’attività commerciale esonera certamente la ricorrente da qualsiasi responsabilità sia da un punto di vista soggettivo sia oggettivo. La ricorrente non ha mai ricevuto alcuna contestazione prima dell’avviso di elezione di domicilio, dopo l’accertamento del 14 dicembre 2013. Tutti hanno sempre avuto rapporti con Fr, marito della ricorrente. La condotta pertanto deve ritenersi compiuta dal solo Fr. Questi infatti era l’unico responsabile che doveva evitare eventuali emissioni sonore fastidiose.
2. 2. Violazione di legge, art. 659, cod. pen. Relativamente alla determinazione della pena. Il giudice è incorso in un errore relativamente alla determinazione della pena inflitta. Il reato in oggetto, infatti, è punito con la pena alternativa dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda sino ad Euro 309,00; la condanna ad Euro 300,00 è, pertanto, superiore al limite edittale previsto dalla norma; il giudice infatti ha ritenuto configurato il reato di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen. e con la concessione delle circostanze attenuanti generiche ha determinato la pena nel seguente modo: p.b. € 450,00 (superiore al minimo edittale) ridotta ad € 300,00 per l’art. 62 bis, cod. pen.
2. 3. Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, relativamente all’omessa concessione dei benefici di legge, sospensione condizionale della pena è non menzione della condanna. Il giudice non concede il beneficio della sospensione condizionale della pena, in considerazione del comportamento della ricorrente che non consente una prognosi favorevole, in quanto la stessa ha continuato nella sua condotta, nonostante i reclami degli abitanti del palazzo e gli interventi delle forze dell’ordine. Ciò non corrisponde a quanto emerso in sede di prove testimoniali, poiché l’amministratore del condominio ha riferito che dal 2015 i rapporti con il gestore del locale sono diventati equilibrati, la situazione era, infatti, migliorata. Conseguentemente la ricorrente avrebbe dovuto meritare la sospensione condizionale della pena e la non menzione Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità, peraltro articolato in fatto, ad eccezione della determinazione del trattamento sanzionatorio. La ricorrente contesta molto genericamente la decisione impugnata ed in particolare l’assenza di una sua diretta responsabilità per aver ceduto la gestione dell’attività commerciale al marito. La sentenza impugnata con motivazione adeguata, immune da contraddizioni e da manifeste illogicità ha ritenuto la ricorrente responsabile perché della contravvenzione risponde il titolare dell’esercizio commerciale che non impedisce i rumori molesti. Infatti per la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione il titolare di un’attività risponde per non aver impedito gli schiamazzi (Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015 – dep. 06/08/2015, Gallo, Rv. 26450101; e nello stesso senso, Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008 – dep. 24/12/2008, Baruffaldi, Rv. 24280801: «Risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio (nella specie, una pizzeria) che non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne – La Corte ha precisato che la qualità di titolare della gestione dell’esercizio pubblico comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare, con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall’ordinamento come l’attuazione dello “ius excludendi” e il ricorso all’autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica -»).
4. Anche relativamente ai doppi benefici di legge, la decisione risulta adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, con la considerazione della prognosi sfavorevole sulla commissione di altri reati, da parte della ricorrente «tenuto conto del comportamento della stessa, reiterato nel tempo , nonostante i reclami degli abitanti del palazzo e gli interventi delle forze dell’ordine». Si tratta di una evidente valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata, come nel caso in oggetto. Del resto «Il giudice, nel valutare la concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha l’obbligo di esaminare tutti gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., ma può limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti. (Fattispecie in materia di distruzione di scritture contabili, nella quale la Corte ha ritenuto legittima la mancata concessione del beneficio, motivata dalla spregiudicatezza dimostrata nella condotta contestata e dalla presenza di un precedente penale)» (Sez. 3, n. 35852 del 11/05/2016 – dep. 31/08/2016, Camisotti, Rv. 26763901).
5. Il ricorso, invece è fondato relativamente al trattamento sanzionatorio, e la sentenza deve annullarsi con rinvio al Tribunale di Napoli, per la sola rideterminazione della pena; irrevocabile l’affermazione di responsabilità ex art. 624, comma 2, cod. proc. pen. «È affetta da vizio di motivazione la sentenza di condanna per più reati che non indichi la pena base stabilita per il reato più grave e quella irrogata a titolo di aumento per la continuazione» Sez. 2, n. 33566 del 05/05/2010 – dep. 14/09/2010, De Silvio, Rv. 24812301; vedi anche Sez. 6, n. 48009 del 28/09/2016 – dep. 14/11/2016, Cocomazzi e altri, Rv. 26813101. Nel caso di specie è stato contestato l’art. 81, cod. pen., ma la motivazione sulla determinazione della pena irrogata, non contiene nessuna specificazione, per la pena base, e neanche per l’aumento per la continuazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio al trib
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