Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 31327 depositata il 17 luglio 2019

Omesso versamento dei contributi previdenziali – Concordato preventivo con riserva – Causa di non punibilità – Condizioni

Massima

Il legale rappresentante, che riceva la diffida al pagamento dei contributi omessi, della società ammessa al concordato preventivo con riserva, può, al fine di avvalersi della causa di non punibilità due possibilità: a) l’adempimento dell’obbligazione il nome e per conto della società, secondo schema del pagamento del terzo ex articolo 1180 c.c. b) oppure richiedere al Tribunale, ai sensi dell’art. 161, comma 7, L. Fall., l’autorizzazione al pagamento dei debiti previdenziali

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ravenna, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena inflitta a T.A., in relazione al reato di cui all’art. 81 c.p., comma 2 e D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1 bis convertito dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, perché, quale legale rappresentante del Gruppo T. spa, ometteva di versare le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori per i mesi di giugno e novembre 2012, per un ammontare superiore alla soglia di legge. In (omissis) il (omissis).

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo dei difensori di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo due motivi di ricorso.

– Violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’erronea applicazione del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2 convertito dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e correlato vizio di motivazione.

Argomenta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe escluso la rilevanza, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità prevista dal D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1 bis conv. dalla L. n. 638 del 1983, della circostanza che l’imputato aveva commesso il reato quale legale rappresentate del Gruppo T. spa, società ammessa alla procedura di concordato preventivo, procedura concorsuale, avente natura pubblicistica, che non potrebbe essere ininfluente, come ha ritenuto la sentenza impugnata, e ciò in quanto,. la dilazione del pagamento dei debiti tributari (al pari di tutti i debiti sociali) rientra nel piano concordatario. Qualora si dovesse ritenere, come in effetti ha argomentato la corte territoriale, che il T. avrebbe dovuto adempiere al pagamento del debito tributario in pendenza della procedura di concordato, si da ritenere tamquan non esset la procedura concorsuale, si determinerebbe una violazione del principio di unitarietà dell’ordinamento giuridico con un conseguente vulnus, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. per disparità di trattamento e lesione del diritto di difesa. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1 bis, cit. per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. sarebbe rilevante nel caso in esame, dovendo la norma trovare applicazione nel giudizio a quo, e non manifestamente infondata in quanto sussisterebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra coloro che, legali rappresentanti di una società in bonis, decidono deliberatamente di non provvedere al versamento del termine trimestrale dei contributi previdenziali rispetto a coloro che, invece, come l’imputato, siano legali rappresentanti di una società sottoposta a procedura concorsuale nella quale si prevede una dilazione nel pagamento del debiti in oggetto. La scelta di avvalersi del termine trimestrale per escludere la punibilità costituisce esercizio del diritto di difesa, che verrebbe precluso dalla previsione della dilazione nel pagamento per effetto dell’ammissione alla procedura concorsuale. Chiede sollevarsi la questione di legittimità costituzionale nei termini sopra indicati.

In secondo luogo, difetterebbe l’elemento soggettivo del reato, tenuto conto che la società di cui il T. è legale rappresentante, è di dimensioni ragguardevoli, e al medesimo non può essere imputato l’errore nel calcolo delle somme da versare compiuto da un collaboratore, trattandosi al più di omesso controllo colposo.

– Violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. erroneamente esclusa, giacché il versamento degli importi in contestazione sarebbe avvenuto in adempimento del piano concordatario, con il primo riparto parziale in presenza di condotta occasionale.

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato sulla base delle considerazioni che seguono.

5. Va, anzitutto, ricordato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali (D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2 conv. in L. 11 novembre 1983, n. 638), in quanto reato omissivo istantaneo, si consuma, secondo la formulazione precedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, norma più favorevole applicabile al caso in esame, (Sez. 3, n. 37232 del 11/05/2016, Lanzoni, Rv 268308), nel momento in cui scade il termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento, attualmente fissato, dal D.Lgs. n. 422 del 1998, art. 2, comma 1, lett. b) al giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi, essendo irrilevante, ai fini dell’individuazione del momento consumativo, che la data per adempiere al pagamento sia fissata nei tre mesi successivi alla contestazione della violazione, poiché la pendenza di tale termine determina esclusivamente la sospensione del corso della prescrizione per il tempo necessario a consentire al datore di lavoro di avvalersi della causa di non punibilità di cui al citato D.L., art. 2, comma 1 bis, (Sez. 3, n. 26732 del 05/03/2015, Rv. 264031).

Il soggetto attivo del rapporto previdenziale è solo ed esclusivamente il datore di lavoro il quale, anche quando delega ad altri il versamento delle ritenute, conserva l’obbligo di vigilare sull’adempimento dell’obbligazione da parte del terzo (Sez. 3, n. 34619 del 23/06/2010, Di Mambro, Rv. 248332; Sez. 3, n. 5416 del 07/11/2002, Soriano, Rv. 223372; Sez. 3, n. 33141 del 10/04/2002, Nobili, Rv. 222252).

6. Il quesito, come variamente articolato, posto dal primo motivo di ricorso può trovare soluzione, secondo il Collegio, seguendo le seguenti coordinate interpretative, indicate nella giurisprudenza di legittimità che, pur non essendo state direttamente espresse per il caso in scrutinio, offrono la linea interpretativa per la risposta ai rilievi difensivi.

In tale ambito, in primo luogo, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito, con riferimento al profilo della successione nella carica sociale, che tenuto ad adempiere alla diffida inviata ai sensi del D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, resta pertanto colui che era obbligato al momento dell’insorgenza del debito anche se, “medio tempore”, ha perso la rappresentanza o la titolarità dell’impresa. Ciò perché il pagamento costituisce una causa personale di esclusione della punibilità, sicché vi è tenuto solo l’autore del reato, tenuto a sollecitare, nel caso in cui altri abbiano assunto la veste di datore di lavoro, perché questi adempia al pagamento nel termine trimestrale decorrente dalla contestazione o della notifica dell’avvenuto accertamento della violazione (Sez. 3, n. 39072 del 18/07/2017, Falsini, Rv. 271473; Sez. 3, n. 19574 del 21/11/2013, Assirelli, Rv. 259741). In tali casi, si è chiarito, l’imputato, autore del reato, resta tenuto ad adempiere alla diffida ai sensi del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2 conv. dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e può beneficiare della causa personale di non punibilità adempiendo all’obbligazione in nome e per conto di terzi, secondo lo schema del pagamento del terzo di cui all’art. 1180 c.c. (Sez. 3, n. 30879 del 27/03/2018, Lazzari, Rv. 273335).

La configurazione del pagamento nei tre mesi, a seguito di diffida, quale causa personale di non punibilità, espressamente enunciato per il caso di successione nella carica sociale, è una coordinata interpretativa che vale, a giudizio del Collegio, con le precisazioni su cui ci si soffermerà, anche nel caso in scrutinio, nel quale l’imputato, soggetto autore del reato, sia legale rappresentante di una società, nel cui interesse il reato è stato commesso, ammessa alla procedura di concordato preventivo, procedura per la soluzione della crisi di impresa che, si anticipa, comporta uno “spossessamento attenuato” della gestione sociale in capo all’amministratore.

8. Ora, il ricorrente T., legale rappresentante della società Gruppo T. spa, ha omesso il versamento dei contributi previdenziali sulle retribuzioni per i lavoratori per i mesi di giugno e novembre 2012; ha ricevuto la notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, da cui decorrono i tre mesi per il pagamento, in data 02/07/2013, per le omissioni di versamento relative alle mensilità di giugno e novembre 2012, rispettivamente consumate, al 16 luglio 2012 e 16 dicembre 2012; la società di cui il ricorrente è legale rappresentate, ha avanzato istanza di concordato con riserva, ai sensi dell’art. 161 L. Fall. come novellato dal D.L. 22 giugno 2017, conv. con mod. con la L. 7 agosto 2012, n. 134 (Decreto sviluppo); il Tribunale ha concesso il termine di 60 giorni, per la predisposizione del piano, con provvedimento in data 06/03/2013, prorogato con provvedimento del 30/04/2013; infine, il Tribunale ha ammesso la società alla procedura di concordato preventivo con provvedimento del 23/07/2013.

7.1. Così ricostruita la successione temporale degli eventi, osserva, in primo luogo, il Collegio, che alla data della scadenza del termine per il versamento, che costituisce il momento consumativo del reato (16/07/2012, 16/12/2012), nei confronti della società non era ancora stata aperta la procedura di concordato preventivo, e, rispetto a tale momento, il reato si era già consumato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi.

7.2. In tale ambito, quanto all’elemento oggettivo del reato, correttamente, i giudici del merito hanno ritenuto non applicabile la giurisprudenza di legittimità secondo cui è escluso il reato solo se il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative (Sez. 3, n. 2860 del 30/10/2018, P.M. in proc. Maurino, Rv. 274822-01; Sez. 3, n. 39696 del 08/06/2018, Grifi, Rv. 273838-01; Sez. 3, n. 15853 del 12/03/2015, Fantini, Rv. 263436-01). Trattandosi di reati omissivi di natura istantanea, non si configura quella situazione giuridica, che la difesa paventa come antinomia dell’ordinamento giuridico, per il quale da un lato per effetto dell’ammissione alla procedura di concordato sono vietati i pagamenti di debiti pregressi, e per altro verso, alla scadenza del termine per il versamento si consuma il reato.

7.3. Quanto all’elemento soggettivo del reato, oggetto di censura nel primo motivo, esso si configura quando il datore di lavoro consapevolmente omette il versamento dei contributi previdenziali alla scadenza del termine per l’adempimento dell’obbligazione.

Occorre rammentare che il reato è punito a titolo di dolo generico, sicché è sufficiente la consapevolezza di omettere il versamento che si sa dovuto in adempimento dell’obbligo gravante sull’imprenditore di effettuare le trattenute e versarle all’istituto di previdenza, e che al di fuori dell’assoluta impossibilità di adempiere, le difficoltà nell’adempimento, pur imputabili a terzi, non valgono ad escludere la responsabilità per l’omesso versamento. È sufficiente, dunque, la volontà dell’omissione alla scadenza del termine (Sez. 3, n. 3663 del 08/01/2014, Rv. 259097), certamente sussistente, nel caso in esame, avuto riguardo al momento della scadenza del termine, in epoca precedente alla domanda di concordato preventivo. Né assume rilievo, come correttamente rilevato dalla corte distrettuale, l’eventuale delega a provvedere al pagamento a terzi, nell’ambito di società di rilevanti dimensioni, non escludendo la volontarietà dell’omissione sul rilievo che in capo al datore di lavoro il compito di vigilare sul corretto adempimento da parte del dipendente e professionista (Sez. 3, n. 39072 del 18/07/2017, Falsini, Rv. 271472-01; Sez. 3, n. 34619 del 23/06/2010, Di Mambro, Rv. 248332-01; Sez. 3, n. 33141 del 10/04/2002, Nobili, Rv. 222252-01).

7.4. Quanto all’ulteriore rilievo difensivo secondo cui, per effetto della procedura di concordato preventivo, all’imputato sarebbe stato precluso di avvalersi della causa di non punibilità, ex art. di cui al D.L. cit., art. 2, comma 1 bis, così da creare un vulnus nell’ordinamento non rimediabile se non con la rimozione della norma incostituzionale da parte del Giudice delle Leggi, esso è sotto tutti i profili non fondato.

Si è già visto che l’indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità configura la causa di non punibilità, ex art. di cui all’art. 2, comma 1 bis, citato D.L., quale causa personale di esclusione della punibilità, secondo cui il legale rappresentante della società, vincolata al versamento contributivo, resta tenuto ad adempiere alla diffida ai sensi del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2 conv. dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, e può beneficiare della causa personale di non punibilità adempiendo all’obbligazione in nome e per conto di quest’ultima, secondo lo schema del pagamento del terzo di cui all’art. 1180 c.c. (Sez. 3, n. 30879 del 27/03/2018, Lazzari, Rv. 273335).

Tale indirizzo può essere applicato anche qualora, medio tempore, la società debitrice dei contributi previdenziali sia stata ammessa alla procedura concorsuale. In questa, il legale rappresentate che non è privato del tutto della gestione sociale (secondo il principio comunemente affermato dello “spossessamento attenuato”), può attivare la procedura di autorizzazione per il compimento di atti di amministrazione straordinaria urgenti, prevista dall’art. 161, comma 7 e art. 167 L. Fall. e chiedere al Tribunale l’autorizzazione al pagamento dei debiti.

La procedura di concordato preventivo, a differenza della procedura fallimentare, non priva l’imprenditore in crisi dell’amministrazione dei beni, ma gli consente il compimento di alcuni atti gestori, situazione che viene comunemente indicata come “spossessamento attenuato”. In tale ambito, la disciplina prevista dalla legge fallimentare, contempla la possibilità per l’imprenditore, che ha fatto domanda di concordato, e anche prima della sua ammissione (art. 161, comma 7, L. Fall.), di compiere atti gestori, e ciò in coerenza con il limitato spossessamento dei beni cui segue la limitata facoltà di gestione patrimoniale, potendo compiere gli atti di ordinaria amministrazione e quelli urgenti di straordinaria amministrazione, dietro autorizzazione del Tribunale (art. 161, comma 7 e art. 167 L. fall.).

Dunque, quanto al caso in esame, il T., al momento del ricevimento dell’avviso di accertamento, il 02/07/2013, aveva avanti a sé due strade entrambe percorribili per avvalersi della causa di non punibilità: l’adempimento dell’obbligazione in nome e per conto della società, secondo quanto affermato dalla sentenza Lazzari di questa Corte di legittimità, oppure richiedere al Tribunale, ai sensi dell’art. 161, comma 7, L. Fall., l’autorizzazione al pagamento dei debiti previdenziali (risulta che tale autorizzazione era stata concessa in relazione al compimento di altri atti di gestione straordinaria), così da avvalersi, anche in questo caso, della causa di non punibilità.

7.5. Consegue, alla luce delle conclusioni qui esposte, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata di violazione dell’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento tra coloro che, legali rappresentanti di società in bonis, decidono di non avvalersi della causa di non punibilità per libera scelta e coloro che, per effetto dell’ammissione alla procedura concorsuale e della conseguente previsione di dilazione nel pagamento dei debiti e del divieto di pagamento dei debiti pregressi, non potrebbero esercitare la scelta di avvalersi del termine trimestrale per escludere la punibilità.

In virtù del carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, il giudice a quo deve in primo luogo verificare che il giudizio alla sua attenzione “non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale” (c.d. “rilevanza”), vale a dire, che la disposizione della cui costituzionalità si dubita dovrà essere applicata nel giudizio a quo e, quindi, che quel medesimo giudizio non potrà essere definito se prima non viene risolto il dubbio di legittimità costituzionale che ha investito la relativa disposizione, e poi che la questione non sia manifestamente infondata.

Ciò premesso, la questione è manifestamente infondata non essendo prospettabile alcuna lesione dell’art. 3 Cost., di cui neppure indica, il ricorrente, il tersus comparationis, neppure sotto il profilo della lesione del diritto di difesa, in quanto la previsione della dilazione dei pagamenti dei debiti, secondo il piano concordatario, non impedisce di per sé che l’imputato/legale rappresentante di una società ammessa al concordato preventivo, possa avvalersi della causa di non punibilità mediante pagamento con mezzi della società previa richiesta di autorizzazione al pagamento del debito pregresso dal parte del Tribunale, trattandosi di atto di amministrazione straordinaria urgente, ai sensi dell’art. 161, comma 7, L. fall. o art. 167 L. Fall. o anche secondo lo schema del pagamento del terzo di cui all’art. 1180 c.c. (Sez. 3, n. 30879 del 27/03/2018, Lazzari, Rv. 273335).

8. Il secondo motivo di ricorso è, partimenti, infondato.

Il riconoscimento della speciale causa di non punibilità ex art. 131 c.p. è stato escluso non avendo ritenuto, la corte territoriale, la tenuità dell’offesa in ragione dell’entità della somma non versata, ben superiore alla soglia di legge. Motivazione congrua, immune da rilievi di illogicità e corretta in diritto. La causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” è applicabile, in presenza delle condizioni ivi previste, a tutte le tipologie di reato, non essendo previste esclusioni specifiche, ed è certamente applicabile anche ai reati per i quali il legislatore ha previsto una soglia di punibilità, dunque, anche ai reati di omissione di versamenti contributivi, per i quali il legislatore ha fissato la soglia di punibilità di Euro 10.000,00.

In tale ambito, tuttavia, la causa di non punibilità potrà essere applicata solo se gli importi omessi superano di poco l’ammontare di tale soglia, in considerazione del fatto che il grado di offensività che integra il reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 3292 del 3/10/2017, Spera, non massimata; in termini analoghi, seppure con riferimento agli omessi versamenti tributari, Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, Reggiani Viani, Rv. 266570). E ciò costituisce diretta applicazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 13681 del 25/2/2016, imp. Tushaj, che hanno ritenuto che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in quanto applicabile in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma – ad ogni fattispecie criminosa, non è in astratto incompatibile, con la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo (fattispecie in materia di reati in materia di circolazione stradale). Infine, l’aver parzialmente pagato il debito previdenziale, in esecuzione di un riparto parziale, fatto successivo al reato, è stato positivamente valutato dai giudici del merito per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

9. Il ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.