Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 31343 depositata il 17 luglio 2019
Omessa dichiarazione – Dolo specifico di evasione – Mancata dimostrazione – Non sussiste
Massima
In tema di reati tributari, che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30/10/2018, la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza emessa il 28/09/2016 dal Tribunale di Cosenza – con la quale P.L., a seguito di giudizio abbreviato, era stato dichiarato responsabile dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 (capi a-b-c) e condannato alla pena di anni uno, mesi quattro, giorni venti di reclusione – dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al capo a) perché estinto per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per i residui reati in mesi nove di reclusione.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.L., a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, argomentando che la sussistenza dell’elemento psicologico del reato era stata dedotta esclusivamente sulla scorta della violazione dell’obbligo dichiarativo, senza alcuna indagine in ordine alla effettiva volontà del ricorrente di porre in essere la condotta evasiva.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato, argomentando che, nonostante/motivo di gravame, la Corte territoriale non aveva fornito alcun elemento in base al quale ritenere provato il dolo specifico dell’evasione; inoltre, la motivazione era mancante anche in ordine all’effettivo raggiungimento della soglia di punibilità, dedotto dal solo accertamento della Guardia di Finanza.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Questa Suprema Corte ha affermato, in tema di reati tributari, che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (Sez. 3,n. 37856 del 18/06/2015, Rv. 265087-01, Sez. 3 n. 18936 del 19/01/2016, Rv. 267022-01).
3. Nella specie, la Corte territoriale, a fronte di specifico motivo di gravame, ha espresso sul punto una motivazione meramente apparente, limitandosi a richiamare regole di esperienza senza analizzare specifici elementi fattuali emergenti dagli atti.
4. Tale vizio motivazionale vizia la sentenza impugnata e ne impone l’annullamento sul punto con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
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