CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 31509 depositata il 20 luglio 2023
Infortunio sul lavoro – Tutela della sicurezza e della salute del lavoratore – Omessa necessaria preliminare informazione e formazione professionale – Misure organizzative e gestionali – Lesioni personali nello svolgimento dell’attività lavorativa – Ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Frosinone con la quale (OMISSIS), era stato giudicato responsabile del reato di cui all’articolo 590 c.p., comma 2 e 3 e condannato alla pena di cinque mesi di reclusione, con altre statuizioni accessorie.
Secondo i giudici di merito il (OMISSIS), (OMISSIS), aveva riportato lesioni personali svolgendo attività lavorativa (lavori di tinteggiatura di parti di un edificio) alle dipendenze del (OMISSIS); lesioni da ricondurre al comportamento colposo di quest’ultimo perchè aveva omesso di somministrare al (OMISSIS), la necessaria preliminare informazione e formazione professionale e di adottare le misure organizzative e gestionali richieste dai lavori assegnati al lavoratore.
2. Avverso la sentenza il (OMISSIS), ha proposto ricorso a mezzo di difensore, formulando i seguenti motivi:
2.1. Vizio di motivazione pe aver omesso la Corte di appello di esaminare un motivo dedotto con i motivi nuovi proposti ex articolo 585 c.p.p..
Osserva il ricorrente che con l’appello era stata dedotta la natura eccezionale ed imprevedibile della condotta del lavoratore, tale da costituire sola causa delle patite lesioni; con il motivo aggiunto si rappresentava che gli obblighi posti dall’articolo 2087 c.c. in capo al datore di lavoro non comprendono attività poste in essere dal lavoratore antecedentemente al compimento della prestazione lavorativa richiesta e in palese violazione alle direttive impartite. Il (OMISSIS) era stato assunto con mansioni di magazziniere e non gli era stato richiesto alcun lavoro di tinteggiatura.
2.2. Violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 17, 28, 29, 36, 37 e 71, articoli 41 c.p. e 2087 c.c..
La Corte di appello ha ritenuto che le improprie modalità esecutive adottate dal lavoratore fossero diretta conseguenza delle violazioni poste in essere dal datore di lavoro; ma dagli atti emerge, invece, che la condotta del lavoratore ha avuto natura eccezionale, imprevedibile ed abnorme, esulando dalle mansioni di magazziniere affidategli (essendo, al proposito, irrilevante la tardività della comunicazione agli enti assistenziali e previdenziali) ed essendo stata svolta senza attendere l’arrivo del datore di lavoro, prima dell’inizio dell’orario di lavoro; ed essendo comunque abnorme rispetto alla stessa attività di tinteggiatura (avendo utilizzato un marchingegno da lui stesso creato per raggiungere la quota di lavoro, consistente in una pedana appoggiata sulle forche di un transpallet elettrico, comandato mediante un bastone legato con nastro adesivo alla leva di accensione, da muovere stando sulla pedana), pur essendo disponibili in loco attrezzature idonei allo scopo (tralbattelli e scale).
In conclusione, la persona offesa si era del tutto consapevolmente ed autonomamente esposta al rischio di procurarsi delle lesioni.
2.3. Il ricorrente ha depositato memoria datata (OMISSIS), con la quale ha comunicato di aver depositato i motivi aggiunti menzionati in ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Con riferimento al primo motivo, la lettura della sentenza impugnata evidenzia che il tema posto con il motivo aggiunto è stato preso in esame dalla Corte di appello. L’assunto del ricorrente era che l’esecuzione della prestazione lavorativa da parte del (OMISSIS) fosse avvenuta il primo giorno di lavoro e prima dell’orario di lavoro, con ciò determinandosi l’assenza di obblighi datoriali miranti alla tutela della sicurezza e della salute del lavoratore. A pg. 5 la corte distrettuale riporta il motivo, incentrato sull’affermazione che l’anticipazione del lavoro rispetto all’orario di inizio delle 8,30 – e quindi prima dell’arrivo del (OMISSIS), medesimo – importava che la condotta del lavoratore era stata abnorme e “in alcun modo riconducibile all’area entro la quale il datore di lavoro è considerato garante dell’incolumità fisica dei propri dipendenti”. A pg. 8 la Corte territoriale ha spiegato perchè ha ritenuto dii dover respingere la prospettazione difensiva, in quanto fondata su premesse fattuali non confermate dalle prove acquisite, dalle quali risultava, all’inverso:
– che il (OMISSIS) era intento ai lavori di tinteggiatura dei locali (insieme al collega (OMISSIS)) già da venti giorni circa;
– il (OMISSIS) aveva dato le chiavi di apertura del capannone al (OMISSIS), perchè abitava in comune non vicino a quello ove si trovava la struttura;
– che il giorno dell’incidente il (OMISSIS), non era mai giunto sul luogo del sinistro ma era stato chiamato in caserma dai carabinieri, dopo l’infortunio.
Il motivo è, pertanto, manifestamente infondato.
1.2. Il secondo motivo non è tra quelli per i quali, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., è ammesso il ricorso per cassazione. Esso si concreta, infatti, nella mera affermazione di una ricostruzione dei fatti diversa ed antagonista rispetto a quella fatta propria dai giudici di merito (con sentenze del tutto conformi tra loro). Al riguardo va ribadito il principio, peraltro consolidato, secondo il quale, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Per contro, i rilievi del ricorrente muovono da una ricostruzione dei fatti differente da quella fatta propria dai giudici di merito e anche con riferimento alla qualificazione del comportamento del lavoratore come abnorme si traducono in una contestazione delle premesse in fatto assunte dalla Corte di appello.
Deve solo aggiungersi che la Corte di appello ha considerato l’imprudente comportamento del (OMISSIS), ma lo ha reputato, con motivazione in alcun punto anche solo illogica, conseguenza diretta della assenza di precise istruzioni e informazioni in merito alle corrette e doverose modalità di espletamento dell’incarico da parte del datore di lavoro. Il quale aveva omesso una preventiva valutazione dei rischi e aveva lasciato che il lavoratore individuasse da sè le misure di prevenzione e le modalità di lavoro da porre in campo. Venendo così meno agli obblighi che la disciplina prevenzionistica, a partire sino alle disposizioni del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 2087 c.c. in particolare ma non esaustivamente, gli articoli 15, 17, 18, 28, 29, pone in capo al datore di lavoro.
2. L’inammissibilità del ricorso preclude di dare rilievo al decorso del termine massimo di prescrizione del reato, posteriore alla pronuncia della sentenza qui impugnata (cfr. Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 – dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818).
3. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila Euro alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
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