CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 32389 depositata il 31 agosto 2021
Reati tributari – Omesso versamento di imposte – Utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 15 ottobre 2020, la Corte d’appello di Campobasso in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Larino, in accoglimento dell’appello del Procuratore generale, ha disposto l’applicazione delle pene accessorie di cui all’art. 12 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, ed ha confermato la sentenza del Tribunale di Larino di condanna dell’imputato, alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, in relazione ai reati di cui all’art. 10-quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capi a) e b) per avere, quale legale rappresentante della M. srl, omesso di versare somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lvo 241 del 1997, crediti inesistenti per un ammontare complessivo pari a € 131.238,00 per l’anno 2011 e € 129.068,00 per l’anno 2012 e di cui all’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 (capo d) per avere occultato le scritture contabili e i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi, al fine di evadere le imposte, accertato il 21/01/2014.
2. Avverso la sentenza di condanna ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi di ricorso.
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione della legge penale segnatamente l’art. 10 quater d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. La corte territoriale avrebbe ritenuto sussistente il reato contestato sull’unico presupposto della ricorrenza di alcune fatture di importi notevoli che avrebbero generato operazioni in contestazione, fatture che in sede di verifica fiscale non venivano adeguatamente dimostrate con altra documentazione contabile. Tale conclusione si porrebbe in contrasto con le pronunce della corte di legittimità laddove ha espresso il principio secondo cui l’indebita compensazione deve risultare dal Mod. F24 di cui nel caso in esame non vi è prova che fosse stato effettivamente compilato e presentato e ciò in quanto è la compensazione che esprima la componente decettiva o di frode insista nella fattispecie in questione.
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà della motivazione della corte territoriale rispetto a quella del Tribunale che aveva ritenuto che i crediti portati in compensazione erano crediti Iva, mentre la corte territoriale ha ritenuto che la compensazione riguardasse debiti previdenziali e assicurativi.
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione della legge penale segnatamente l’art. 10 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74. La corte territoriale avrebbe reso una motivazione insufficiente limitandosi a ribadire la responsabilità penale dell’imputato limitandosi a rilevare il mancato reperimento nella sede legale della documentazione contabile, senza provare che la documentazione contabile, di cui si assume l’occultamento o la distruzione, sia stata istituita.
– Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla violazione del canone della condanna al di là del ragionevole dubbio.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di censure generiche e comunque meramente ripetitive di quelle già devolute al giudice dell’impugnazione e da quel giudice disattese con motivazione congrua, il che costituisce causa di inammissibilità.
Deve, in primo luogo, rammentarsi il principio secondo il quale quando le sentenze di primo e secondo grado concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, sicché è possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello (Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735).
4. Il ricorso non si confronta con la sentenza impugnata che, sulla scorta della deposizione testimoniale del dipendente dell’Agenzie delle Entrare di Termoli, che aveva effettuato gli accertamenti nei confronti dell’imputato compendiati nel verbale di constatazione in data 20/02/2014, verbale acquisito su accordo delle parti dopo l’assunzione della testimonianza del collega accertatore I., ha ritenuto dimostrato che l’imputato, legale rappresentate della M. srl, aveva utilizzato in compensazione a debiti derivanti da fatture e debiti Irap della società, crediti Iva superiori a € 7.500,00 negli anni di imposta 2011 e 2012, limitandosi a produrre solo alcune fatture di acquisto e di vendita e omettendo di esibire i registri Iva e tutta la restante documentazione prevista dalla legge ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 600 del 1973 e riteneva dimostrata l’inesistenza di siffatti crediti sul rilievo dell’inesistenza della documentazione contabile non prodotta e sul fatto che all’indirizzo indicato come sede sociale della società emittente vi era una stalla e la società risultava in liquidazione.
Ora il ricorrente ripropone la censura già devoluta mettendo in dubbio la stessa esistenza del mod. F24, censura che non coglie nel segno dal momento che il controllo dell’Agenzia delle Entrate era stato proprio, e necessariamente, effettuato su tale modello nel quale era stata rilevata la compensazione di debiti con crediti Iva inesistenti, né il ricorrente deduce il travisamento della prova. Da cui la manifesta infondatezza del motivo.
5. Anche il secondo motivo è inammissibile.
La giurisprudenza di legittimità, superando una isolata pronuncia (n. 380342/2019), ha, con orientamento oramai consolidato, affermato che il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 riguarda l’omesso versamento di somme di denaro attinente a debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento debba essere utilizzato il modello di versamento unitario (Sez. 3, n. 389 del 18/09/2020) Rv. 280776 – 01). Si è chiarito che in considerazione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 – a norma del quale i contribuenti che devono eseguire versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive – l’orientamento prevalente di questa Corte, richiamato come tale anche nella sentenza n. 35 del 2018 della Corte costituzionale, ha ritenuto che il reato di indebita compensazione possa configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere ad oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali. Tale giurisprudenza ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito. Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (ex plurimis, Sez. 3 n. 13149 del 03/03/2020, Rv. 279118; Sez. 3, n. 5934 del 12/09/2018, Rv. 275833; Sez. 3, n. 8689 del 30/10/2018, Rv. 275015; 4/02/2015, n. 5177; Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015).
Da qui l’irrilevanza della natura dei debiti compensati che possono essere anche di natura previdenziale oltre che di natura tributaria e della diversa indicazione contenuta nella sentenza impugnata sulla natura dei crediti rispetto alla sentenza di primo grado (pag. 3), essendo tutti debiti compensati con crediti inesistenti.
6. Infine, di carattere generico è il terzo motivo di ricorso non confrontandosi con la decisione impugnata nella parte in cui ha dato atto che era predisposta una qualche documentazione contabile, circostanza, peraltro, confermata dalla sentenza di primo grado dal momento che erano state prodotte dall’imputato alcune fatture di acquisito e di vendita (pag. 3). La censura che genericamente si appunta sulla mancata motivazione sul presupposto dell’istituzione della documentazione contabile, di cui si assume l’occultamento o la distruzione, è inammissibile.
E’ noto che la condotta del reato de quo non può sostanziarsi in un mero comportamento omissivo, ossia il non avere tenuto le scritture in modo tale che sia stato obbiettivamente più difficoltosa – ancorché non impossibile – la ricostruzione ex aliunde ai fini fiscali della situazione contabile, ma richiede, per l’integrazione della fattispecie penale/ un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento ovvero nella distruzione di tali scritture.
Nel caso in esame, contrariamente a quanto assume il ricorrente, la Corte territoriale è pervenuta all’affermazione della responsabilità penale in ordine al delitto di cui all’art. 10 cit con motivazione logica, aderente al dato probatorio e giuridicamente corretta alla luce dell’interpretazione della norma incriminatrice di cui sopra. La sentenza impugnata dà rilievo all’accertata circostanza dell’esistenza di fatture attive e passive e della mancata produzione in sede di accertamento, da cui l’affermazione della responsabilità penale al di là del ragionevole dubbio/come genericamente sostenuto nell’ultimo motivo di ricorso che è, anch’esso, inammissibile per genericità.
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 37085 depositata il 12 ottobre 2021 - Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, è configurabile, alla luce dell'ampliamento delle…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 14763 depositata il 13 maggio 2020 - E' configurabile il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all'art. 10 quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sia nel caso di…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 32617 depositata il 20 novembre 2020 - Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all'art. 10- quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in combinato disposto con l'art. 17 del…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 18311 depositata il 16 giugno 2020 - Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter cod. pen., e non quelli di truffa o di appropriazione indebita o di indebita…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 13149 depositata il 28 aprile 2020 - Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all'art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in combinato disposto con l'art. 17 del…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 15211 depositata il 30 maggio 2023 - In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa intesa alla loro correzione deve essere presentata, ex d.p.r. n. 322…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Unico 2023: compilazione del quadro RU per i credi
La compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi 2023 per l’i…
- Si può richiedere il rimborso del credito d’
Il credito relativi a versamenti per imposta non dovuto se esposto in dichiarazi…
- L’avvocato deve risarcire il cliente per il
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26464 depositata il 13 settembre…
- In caso di fallimento della società cedente, il cu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19806 depositata il 12 luglio 20…
- Per la cartella di pagamento notificata attraverso
Per la cartella di pagamento notificata attraverso la pec non è necessario appor…