CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 32617 depositata il 20 novembre 2020
Reati tributari – Utilizzo in compensazione di crediti inesistenti – Rilevanza penale – Compensazione sia verticale sia orizzonatale – Soglia di punibilità – Provvedimento cautelare – Decreto di sequestro preventivo – Legittimità
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano, a seguito di istanza di riesame nell’interesse di A.T., legale rappresentante della C. Costruzioni s.r.l. avverso il decreto di sequestro preventivo emessa in data 8/10/2019 dal G.I.P. dello stesso Tribunale, ha confermato il provvedimento cautelare ravvisando nei confronti del predetto il fumus del reato di cui all’art. 10- quater d.leg.vo n. 74/2000 in relazione al sequestro delle somme di euro 69.348,11 per il 2017 e di euro 91.628,10 per il 2018 pari alle compensazioni di debiti erariali, previdenziali ed assistenziali operate, rispettivamente, per l’anno 2017 e 2018 con crediti inesistenti (capi 27 e 28).
2. Avverso la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di A.T. deducendo:
2.1. Erronea applicazione dell’art. 10-quater d.leg.vo n. 74/2000 in relazione al ritenuto fumus delieti. Invero, secondo una recente pronuncia di legittimità (Sez. 1 n. 38042 del 13/9/2019), la ipotesi in parola ricomprende tra le somme oggetto di compensazione indebita (e quindi rilevanti per il calcolo rispetto al raggiungimento della soglia di punibilità) solamente i debiti per imposte dirette ed IVA e non anche i debiti previdenziali e assistenziali (INPS ed INAIL). Nel caso di specie, pertanto, la soglia di punibilità non è stata raggiunta risultando come i debiti erariali indebitamente compensati ammontino complessivamente ad Euro 11.871 per l’anno 2017 ed euro 29.469,72 per l’anno 2018.
2.2. Violazione dell’art. 240 cod. pen., art. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12- bis d.leg.vo n. 74/2000 in relazione alla natura diretta del sequestro preventivo operato nei confronti della società anche su somme di denaro confluite sul conto corrente bancario della stessa successivamente alla commissione del fatto ed in forza di titolo lecito, come dimostrato dalla allegazione difensiva degli estratti conto bancari del conto corrente della società.
2.3. Violazione dell’art. 240 cod. pen., art. 321, comma 2, cod. proc. pen., 12- bis d.leg.vo n. 74/2000 in relazione al sequestro di somme confluite sul conto corrente successivamente alla data di esecuzione del decreto di sequestro in quanto il conto corrente è stato reso indisponibile a far data dal 27/9/2019 (quando vi era un saldo attivo di circa 48mila euro) mentre la materiale esecuzione è avvenuta il successivo 11/11/2019 (data del giroconto FUG) quando il saldo attivo sul conto era raddoppiato.
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Il primo motivo è infondato.
Il Tribunale ha correttamente ritenuto di condividere l’orientamento secondo il quale vanno considerate anche compensazioni che riguardano debiti previdenziali ed assistenziali in conformità all’orientamento ampiamente maggioritario secondo il quale il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile, alla luce dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, sia nel caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa (Sez. 3 n. 8689 del 30/10/2018 (dep. 2019), Dalla Torre, Rv. 275015), spiegandosi in motivazione che la struttura “asimmetrica” del reato, in virtù della quale è incriminata l’artificiosa diminuzione dell’entità dell’imposta da versare, qualunque tributo o contributo sia opposto in compensazione, è del tutto compatibile con la ratio del d.lgs. n. 74 del 2000, che è diretto a sanzionare le violazioni, sia in materia di Iva, sia in tema di imposte sui redditi; ancora, il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10- quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, in combinato disposto con l’art. 17 del d.lgs. 241 del 1997, si configura sia in caso di c.d. compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, sia in caso di c.d. compensazione verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, in quanto si concretizza in una condotta omissiva supportata dalla redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione fondata su un credito inesistente o non spettante (Sez. 3 n. 5934 del 12/09/2018 (dep. 2019), Giannino Ersilio, Rv. 275833 ). L’orientamento è stato recentissimamente ribadito da Sez. 3 n. 13149/2020 n.m. contrastando consapevolmente il precedente di legittimità citato in ricorso ed osservandosi condivisibilmente che l’argomento da tale orientamento << utilizzato (ossia il richiamo alla causa di non punibilità del pagamento del debito tributario ex art. 13, co. 1, d. lgs. n. 74 del 2000, che, parificando le tre fattispecie di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, confermerebbe che quella contemplata dalla norma di cui all’art. 10-quater, come le altre due, punirebbe sempre e solo l’omesso versamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto)… non tiene conto del chiaro disposto normativo del citato art. 17, del D.lgs. 9 luglio 1997 n. 241. Quest’ultimo, menzionato dall’art. 10-quater, non limita infatti in alcun modo la facoltà del contribuente di procedere alla compensazione di postazioni di debito o credito afferenti alla medesima imposta (cd. compensazione verticale), essendo l’innovazione introdotta dalla disposizione dell’art. 10-quater, d. lgs. n. 74 del 2000, costituita proprio dal superamento del concetto di compensazione tradizionale tra debiti e crediti di imposta della stessa natura (compensazione c.d. verticale, che non obbliga il contribuente alla presentazione del modello F24 se non nel caso in cui emerga un residuo a debito), mediante l’estensione della facoltà di compensazione anche a debiti e crediti di natura diversa, nonché alle somme dovute agli enti previdenziali (c.d. compensazione orizzontale, che invece viene effettuata mediante la presentazione obbligatoria del modello F24). Devesi cioè ritenere che l’art. 17 ha solo allargato le ipotesi di compensazione già previste dalle norme tributarie, senza prevedere che l’istituto possa trovare applicazione solo relativamente a tributi della stessa specie o di specie diversa. Il richiamato art. 13, co. 1, del D.lgs. 74/2000, si limita semplicemente a prevedere che non sono più perseguibili penalmente gli omessi versamenti di ritenute dovute o certificate (art. 10-bis del D.lgs. 74/2000), gli omessi versamenti dell’IVA (art. 10-ter del D.lgs. 74/2000) e l’indebita compensazione di crediti non spettanti (art. 10-quater co. 1 del D.lgs. 74/2000), quando il contribuente versi integralmente le somme dovute all’Erario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi maturati, prima della dichiarazione dell’apertura del dibattimento di primo grado. Chiaro è l’intento premiale di tale istituto che si muove nell’ottica, condivisibile, di una politica criminale e fiscale volta maggiormente alla tutela del bene giuridico protetto (il corretto gettito fiscale) piuttosto che alla “punizione esemplare” dei trasgressori. A tale proposito, va evidenziato che la ragione della distinzione tra le due categorie di reati (quelli previsti dal comma 1 e quelli previsti dal comma 2 dell’art. 13) risiede nel fatto che per gli omessi versamenti e per l’indebita compensazione il contribuente ha correttamente indicato il proprio debito tributario; mentre nei reati dichiarativi, ai fini della rinuncia dell’azione penale, viene ritenuta necessaria la spontaneità della resipiscenza del contribuente. Dalla “parificazione” delle tre fattispecie incriminatrici operata dal co. 1 dell’art. 13 citato, dunque, non discende la conseguenza che il tribunale del riesame (ed il richiamato precedente di legittimità qui non condiviso) vorrebbe farne derivare, ossia che l’art. 10-quater punirebbe l’indebita compensazione delle imposte dirette e non anche la indebita compensazione con debiti previdenziali o INAIL. Diversamente, la “parificazione” risiede nel fatto che per gli omessi versamenti e per l’indebita compensazione il contribuente ha correttamente indicato il proprio debito tributario, a differenza di quanto invece previsto dal co. 2 dell’art. 13 citato per i reati dichiarativi, per il quale, come detto, ai fini della non punibilità, è necessaria la spontaneità della resipiscenza del contribuente.
Quanto sopra rende ragione della correttezza dell’orientamento di questa Sezione, escludendo la necessità di qualsivoglia rimessione alle Sezioni Unite>>.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato quando non meramente reiterativo della questione di fatto proposta in sede di riesame alla quale il Tribunale non illogicamente ha risposto escludendo potersi trattare di credito sorto successivamente alla commissione del reato e neanche indirettamente ad esso collegato non potendosi desumere la provenienza lecita delle somme successivamente accreditate sul conto corrente dalla documentazione allegata dalla difesa costituita dagli estratti conto, senza poter individuare origine e causa degli stessi accrediti, così da escludere che le relative somme siano profitto del reato.
4. Il terzo motivo è inammissibile perché proposto per ragioni non consentite esulanti dalla violazione di legge ammessa dall’ordinamento nella materia de qua in quanto censura la motivazione del provvedimento impugnato che ha rigettato il correlato motivo di ricorso, in ogni caso, in ragione della sua pertinenza alla fase esecutiva del sequestro, pertanto esulante dal perimetro valutativo devoluto al Tribunale sui presupposti della misura adottata.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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