CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 32789 depositata il 2 settembre 2021, n. 32789

Reati tributari – Misure cautelari reali – Sequestro preventivo diretto o per equivalente – Necessità di gravi indizi di colpevolezza – Esclusione – Astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato – “Fumus commissi delicti” – Sufficiente

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 21.4.2020, eseguita il 19.5.2020, il GIP del Tribunale di Lodi disponeva il sequestro preventivo diretto o per equivalente, ex artt. 321 cod.proc.pen. e 322 ter cod.pen., del profitto, derivante dalla commissione dei reati variamente ascritti di dichiarazione fraudolenta, omesso versamento di ritenute, riciclaggio e truffa, così determinato:

– della somma di denaro complessiva di € 16.923.258,79 (rappresentativa del totale delle imposte evase), o di altri beni di equivalente valore economico, nei confronti di E.M. SRL, M.G.P. SRL in liquidazione, IMBALLAGGI I.I. SRL, C.B. SRL, C. SOC.COOP., T. SRL, C.S.L. SRL e P. SRL, e, in caso di mancato reperimento del profitto predetto presso i citati soggetti, di un equivalente monetario o di beni del valore stesso (seppure ripartito secondo precise quote individuali) rinvenuti nella disponibilità di P.R., M.P., P.G. R., P.G., P.L.L., G.M.P. e P.S.;

– della somma di € 932.930,00 (rappresentativa del profitto derivante da mancato versamento di IVA da parte di E.M. S.R.L.), o di altri beni di equivalente valore economico, nei confronti di E.M. SRL e, in caso di incapienza, nei confronti di P. R., M.P., P.G. R. ;

– della somma di € 1.143.937,80 (rappresentativa dal totale delle imposte non versate per ritenute operate come sostituto d’imposta da E.M. S.R.L.), o di altri beni di equivalente valore economico, nei confronti di E.M. SRL e, in caso di incapienza, nei confronti di P. R., M.P., P.G. R. ;

– della somma di € 803.489,46 nella disponibilità di P. S. e della somma di € 575.713,08 nella disponibilità di P.M. ;

– della somma di € 11.513,37 nella disponibilità di P. R., M.P. e P.A.

Le ipotesi di reato poste a base della misura cautelare reale fanno parte di un più ampio procedimento nel quale sono state applicate anche misure cautelari personali in relazione a varie fattispecie criminose (quali associazione a delinquere, sfruttamento di manodopera ed estorsione).

1.1. Avverso la misura cautelare reale proponevano istanza di riesame le società P. SRL in persona del legale rapp.te p.t. S.P., E.P. SRL in persona del legale rapp.te p.t. G.A., E.N. SRL in persona del legale rapp.te p.t. P.M., L. SRL in persona del legale rapp.te p.t. G.G., E.M. SRL in persona del legale rapp.te p.t. G.R.P., nonché in proprio i sigg.ri P.R., P.S., P.M., M.P., P.G.R., G.M.P. e B.M.

1.2. Il Tribunale di Lodi, sezione per il riesame, con ordinanza del 9.6.2020 rigettava il gravame, confermando il provvedimento impugnato.

2. Ricorrono ora per Cassazione i medesimi soggetti che avevano proposto il riesame, tramite difensore munito di procura speciale, lamentando i motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:

– violazione di legge, anche per motivazione omessa o meramente apparente, in relazione alla sussistenza dei reati contestati e dei gravi indizi di colpevolezza, con particolare riferimento alla pretesa pluriennale esperienza, in capo agli indagati, nella gestione fraudolenta di imprese, alla sussistenza di profitto – in capo alle società riceventi – derivante da operazioni che immotivatamente si suppongono inesistenti, e alla determinazione dello stesso. Difettano i gravi indizi di colpevolezza rispetto alle ipotesi di associazione a delinquere, sfruttamento di manodopera ed estorsione; indizi da valutare alla stregua del canone di cui all’art. 192 comma 2 cod.proc.pen., non adeguatamente integrati nella fattispecie.

– violazione di legge in relazione alla ricorrenza delle esigenze cautelari.

– insussistenza delle ipotesi di dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute e di IVA nonché di riciclaggio; la qualificazione delle operazioni come inesistenti è congetturale e risalente a fatti molto datati nel tempo, impossibili da ricostruire per i destinatari delle misure; la competenza territoriale non è unica; indimostrato è il superamento delle soglie di punibilità previste dalla legge; molte condotte sono prescritte; le somme oggetto del preteso riciclaggio sono pervenute alle indagate P. S. e M. da lasciti ereditari dei nonni, documentati dinanzi al Tribunale del Riesame. Il valore del sequestro è sproporzionato rispetto al fumus commissi delicti; non sussiste il periculum in mora. Illegittimo è il blocco del c\c C.B. di M.B., estranea ai fatti, salvo per aver elargito denaro ai nipoti R. e F.P. M. P. dispone di redditi derivanti dalla propria attività professionale, estranea alle società in questione, come documentati dinanzi al Tribunale del Riesame. Il custode giudiziale delle società non è riuscito ad impedire il blocco totale delle attività, con conseguente danno economico ingente per le società coinvolte. Non sussiste alcun periculum da cautelare ai sensi dell’art. 312 cod.proc.pen.; difetta la necessaria pertinenzialità tra delitti e beni sequestrati. E comunque, inesistente o meramente apparente è la motivazione offerta dal TDL in relazione agli argomenti spesi dalle difese. Di conseguenza, la misura applicata risulta costituire un’azione punitiva anticipata rispetto al patrimonio dei soggetti coinvolti.

3. Con requisitoria scritta la Procura generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso, rilevando che lo stesso in parte solleva questioni proprie delle misure cautelari personali, mentre per il resto si incentra sulla violazione di legge, per la mera apparenza della motivazione conseguente al mancato confronto con la documentazione difensiva prodotta, che in realtà non sussiste.

Considerato in diritto

I ricorsi sono inammissibili.

1. Il ricorso della B. è del tutto aspecifico rispetto a quanto argomentato dal TDL a pag. 164 del provvedimento impugnato circa l’assenza di sequestri a carico della predetta; anzi, lo stesso ricorso pare sostanzialmente confermare che, alla data della decisione del Riesame (9.6.20), alcun provvedimento cautelare reale fosse stato adottato a carico della predetta.

2. Quanto alle restanti posizioni deve ricordarsi che in materia cautelare reale il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza emessa dal Tribunale, all’esito della richiesta di riesame in tema di misure cautelari reali proposta in forza dell’art. 324 cod. proc. pen., può essere proposto solo per violazione di legge. Ed invece i ricorrenti, dietro l’apparente richiamo alle pretese violazioni di legge sostanzialmente censurano il provvedimento per vizio di motivazione, motivo invece non consentito. E neppure può ritenersi che nel caso di specie una motivazione sia del tutto assente, venendo così integrato il vizio di violazione di legge. Difatti, per ricorrere tale ipotesi è necessario che la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato; il che nel caso di specie non è.

Peraltro, se ai fini della verifica del fumus il giudice deve controllare la base fattuale dello specifico caso, tenendo conto anche degli elementi forniti dalle parti, resta fermo che detto controllo non deve spingersi sino all’accertamento del merito e della concreta fondatezza dell’accusa.

Invero, secondo consolidata giurisprudenza in materia di misure cautelari reali (cfr. Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Rv. 273069 – 01), in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato. Massime precedenti conformi: N. 2672 del 1999 Rv. 214185 – 01, N. 15298 del 2006 Rv. 234212 – 01, N. 10618 del 2010 Rv. 246415 – 01, N. 2248 del 2014 Rv. 260047 – 01, N. 5656 del 2014 Rv. 258279 – 01.

2.1. A tali precetti si è conformato il Tribunale di Lodi, il quale ha prima ripercorso quanto emerso dalle indagini e poi (da pag. 151) riepilogato le ragioni a sostegno del fumus quanto ai reati da D a K nonché U, V, W, X e Y, diffondendosi infine con riguardo alla possibilità di confiscare il profitto dei reati in questione. Trattasi di motivazione che non può dirsi apparente e rispetto alla quale il ricorso, che pure per larghi tratti è generico e aspecifico, neppure prospetta indicazioni dirimenti, così integrandosi il vizio di inammissibilità.

Invero, come già chiarito dal GIP nell’ordinanza genetica (cfr. pag. 218 e segg.) il sequestro preventivo è stato disposto in relazione ai soli capi D (dichiarazione fraudolenta della E.M. SRL), E (dichiarazione fraudolenta della M.G.P. SRL), F (dichiarazione fraudolenta della IMBALLAGGI I.I. SRL), G (dichiarazione fraudolenta della C.B. SRL), H, (dichiarazione fraudolenta della C. SOC.COOP. A R.L.), I (dichiarazione fraudolenta della T. S.R.L.), J (dichiarazione fraudolenta della C.S.L. S.R.L.), K (dichiarazione fraudolenta della P. S.R.L.), U (omesso versamento di ritenute operate come sostituto d’imposta da parte di E.M. S.R.L.), V (omesso versamento di IVA da parte di E.M. S.R.L.), W (omesso versamento di IVA da parte di M.G.R in liquidazione S.R.L.), X (riciclaggio da parte di P. S. e P. M.), Y (truffa ai danni dello Stato da parte di E.N. S.R.L.). E, in relazione a ciascun addebito, risultano adeguatamente esposte da parte del GIP le ragioni sulle quali si fonda il fumus relativo ai gravi indizi di reato nonché alla quantificazione del profitto. A seguito della proposizione del riesame, il giudice del gravame ha compiutamente rivalutato la provvista indiziaria, formulando, a partire da pag. 151 e segg., un motivato giudizio di sussistenza del fumus e di congruità degli importi sequestrati, da intendere qui richiamati.

A fronte di ciò, oltre agli inconferenti argomenti difensivi attinenti alle misure cautelari personali e ai reati che non risultano posti a base del sequestro (invece diffusamente trattati dai ricorrenti sia sotto il profilo della gravità indiziaria che per la ricorrenza delle relative esigenze cautelari), il ricorso non introduce elementi specifici o dirimenti.

Generica, per giunta, oltre che in larga parte inconferente (per quanto sopra detto), è la deduzione relativa alla pretesa revoca, da parte del TDL di Milano, delle misure cautelari personali.

Generica, parimenti, è la doglianza relativa alla pretesa mancata disamina di documenti difensivi, non facendosi puntuali riferimenti al documento asseritamente negletto o alla specifica idoneità demolitoria del quadro indiziario, comunque emergente dal provvedimento impugnato e dall’ordinanza genetica.

Per giunta, inconferenti o manifestamente infondati risultano anche gli argomenti relativi agli addebiti per emissione di fatture per operazioni inesistenti. Invero, da una parte il profitto derivante da quelle operazioni non è considerato ai fini della determinazione del quantum del sequestro (cfr. pag. 224 dell’ordinanza genetica); dall’altra, la verifica del fumus di ricorrenza di operazioni inesistenti è comunque stata effettuato richiamando gli accertamenti della Guardia di Finanza sulla (non) effettiva operatività di alcune delle società coinvolte, sulla fittizia intestazione delle stesse e sulla genericità della descrizione delle operazioni fatturate (cfr. pag. 151 e segg. del provvedimento impugnato).

2.2. Anche il profilo del periculum è adeguatamente considerato e legittimamente ravvisato in relazione al rischio di dispersione dei beni che, nell’ottica accusatoria, sono invece destinati ad essere confiscati.

3. Si impone dunque la conclusione indicata. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, in considerazione dei profili di colpa integrati con la proposizione di motivi inammissibili, al pagamento della somma di € 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.