Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 33631 depositata il 13 settembre 2022
litispendenza – utilizzabili le dichiarazioni spontanee – specificità dei motivi – nozioni di “bis in idem” processuale e di “bis in idem” sostanziale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 giugno 2021, la corte di appello di Brescia riformava parzialmente la sentenza del tribunale di Bergamo del 23 gennaio 2019, riducendo la pena applicata a B.M. ìn relazione ai reati ex art. 3 del Dlgs. 74/2000 altresì applicando il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato al pagamento in favore dell’Erario della somma di euro 1.052.734,51.
2. Avverso la predetta sentenza B.M. ha proposto ricorso in cassazione, mediante il proprio difensore, deducendo cinque motivi di impugnazione.
3. Rappresenta, con il primo motivo, vizi ex 606 comma 1 lett. b), c) ed e) proc. pen. Diversamente da quanto sostenuto dalla corte di appello, anche le dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza dalla ricorrente il 23 aprile 2015 sarebbero inutilizzabili, atteso che essendo in corso un controllo volto a rilevare tra l’altro la “effettività” dei rapporti commerciali intercorsi tra società dell’imputata e la Star service s.r.l., la predetta espressione sarebbe indicativa di come gli operanti avessero già ipotizzato l’assenza di effettività di alcuni rapporti tra le due società e, quindi, le predette dichiarazioni sarebbero state richieste dai verbalizzanti senza potersi qualificare come spontanee.
La motivazione circa il carattere spontaneo delle predette dichiarazioni sarebbe altresì carente.
Inoltre, la corte non avrebbe considerato come la ricorrente versasse nella situazione di persona indiziata ex art. 63 cod. proc. pen., allorquando rese dichiarazioni agli operanti, atteso che i medesimi avevano già appurato presso l’altra società indizi a carico di quella di cui l’imputata era rappresentante legale.
4. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 350 proc. pen., la carenza di motivazione circa l’utilizzabilità di dichiarazioni rese senza garanzie di legge. Si contesta la tesi della corte per cui le spontanee dichiarazioni della ricorrente sarebbero comunque utilizzabili nel giudizio celebrato con rito abbreviato, attesa comunque in tal caso la violazione del principio di cui al brocardo “nemo tenetur se detegere” e delle garanzie di cui all’art. 63 e 64 cod. proc. pen., con piena operatività del divieto di utilizzabilità ex art. 350 cod. proc. pen.
5. Con il terzo motivo si contesta il vizio di violazione di legge e di carenza di motivazione, stante la improcedibilità dell’azione penale relativa al processo in esame, avuto riguardo al momento di esercizio dell’azione da parte del Pubblico ministero e posto che l’azione penale una volta esercitata non può essere riproposta una seconda volta neppure se la qualificazione del fatto reato sia diversa. Sul punto, la motivazione della corte sarebbe lacunosa e sibillina, limitandosi a condividere le argomentazioni del primo giudice.
6. Con il quarto motivo deduce il vizio di violazione di legge e carenza di motivazione con riguardo alla mancata derubricazione del fatto ai sensi dell’art. 4 del Dlgs. 74/2000. La mancata ricezione da parte dell’imputata di fatture annotate in contabilità, indicherebbe il basso livello di insidiosità della condotta, con rischio di immediato accertamento, per cui la motivazione sarebbe carente laddove valorizza invece il profilo predetto per confermare la qualificazione giuridica del fatto come contestata, in luogo della prospettata – dalla difesa – configurazione della fattispecie di dichiarazione infedele. Si insiste quindi perché la Suprema Corte riqualifichi il fatto ai sensi dell’art. 4 del Dlgs. 74/2000 con provvedimenti conseguenti.
7. Con il quinto motivo deduce vizi di violazione di legge e di carenza di motivazione contestandosi, quale frutto di un processo logico – giuridico abnorme, non sorretto peraltro da valida motivazione giuridica, la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, come applicato, al pagamento in favore dell’erario di una somma equivalente alla imposta evasa da un soggetto diverso, quale la società di riferimento dell’imputata. La somma sarebbe peraltro esorbitante e impossibile da pagare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile. La corte ha risposto con motivazione immune da vizi circa le ragioni, correlate all’avvenuto svolgimento di attività di controllo ancora lontane dall’emersione di notizie di reato, che escludono la configurazione delle prime dichiarazioni della ricorrente come affermazioni provenienti da soggetto da indagare. Va ricordato in proposito, che i vizi di mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, devono essere di spessore tale da risultare percepibili ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, insussistenti nel caso in esame, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. 226074). In tale quadro, le censure proposte sul tema si traducono in una mera diversa lettura di dati processuali, come tale inammissibile in questa sede.
Quanto alla critica sulla motivazione a supporto del ritenuto carattere spontaneo delle citate affermazioni, è inammissibile innanzitutto perché trattasi di motivo nuovo, posto che la ricorrente non ha contestato il riepilogo, contenuto in sentenza, dei motivi di gravame, tra cui non compare tale censura. Si rammenta, al riguardo, che sussiste un onere di specifica contestazione del riepilogo degli stessi, contenuto nella sentenza impugnata, allorquando si ritenga che non sia stata menzionata la medesima questione come già proposta in sede di gravame; in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve pertanto ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (dr. in tal senso, con riferimento alla omessa contestazione del riepilogo dei motivi di gravame, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017 Rv. 270627 – 01 Ciccarelli). Si tratta altresì di censura limitata alla mera asserzione del predetto vizio ma priva di specificità in ordine alle ragioni dello stesso, e alla puntuale e precisa indicazione dei motivi per cui le dichiarazioni in questione non avrebbero carattere spontaneo. Costituisce, invero, principio acclarato, quello per cui il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (dr. tra le altre, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, sia alla luce di quanto sopra esposto in ordine alla esclusione della sussistenza di alcun indizio a carico della ricorrente in occasione delle prime dichiarazioni rese agli operanti, sia alla luce del principio, che questo collegio condivide, per cui sono utilizzabili nella fase procedimentale, e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta (quale, nella specie, il rito abbreviato), le dichiarazioni spontanee che la persona sottoposta alle indagini abbia reso – in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui all’art. 64 cod. proc. pen. – alla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen., purché emerga con chiarezza che la medesima abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (Sez. 1 – , n. 15197 del 08/11/2019 (dep. 15/05/2020 ) Rv. 279125 – 01).
2. Il terzo motivo integra una censura inammissibile. Va premesso che in tema di divieto di un secondo giudizio, le nozioni di “bis in idem” processuale e di “bis in idem” sostanziale non coincidono, in quanto la prima, più ampia, ha riguardo al rapporto tra il fatto storico, oggetto di giudicato, ed il nuovo giudizio e, prescindendo dalle eventuali differenti qualificazioni giuridiche, preclude una seconda iniziativa penale là dove il medesimo fatto, nella sua dimensione storico-naturalistica, sia stato già oggetto di una pronuncia di carattere definitivo; la seconda, invece, concerne il rapporto tra norme incriminatrici astratte e prescinde dal raffronto con il fatto storico (Sez. 5 – n. 663 del 28/09/2021 (dep. 12/01/2022 ) Rv. 282529 – 01)
Va altresì ricordato il principio secondo cui, in tema di litispendenza, qualora vengano instaurati due diversi procedimenti penali riguardanti il medesimo fatto storico, inibisce la procedibilità del procedimento duplicato l’avvenuto esercizio dell’azione penale nell’altro procedimento, dovendosi disporre, in tal caso, l’archiviazione di quello per il quale la stessa non sia stata esercitata, mentre, ove l’azione penale sia stata promossa in entrambi, dovrà pronunciarsi sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. per quello dei procedimenti nel quale il suo esercizio sia stato successivo (Sez. 5, n. 17252 del 20/02/2020, C., Rv. 279113). In altri termini, non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente. (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005 Rv. 231800 – 01).
Nel caso in esame, in assenza di puntuale diversa allegazione, la fattispecie appare riconducibile, al di là della correttezza della relativa decisione, ad una ipotesi di mera litispendenza di processi, posto che la statuizione di “improcedibilità” che secondo quanto risulta in sentenza, sarebbe stata assunta del tribunale di Bergamo, non risulta adottata sul presupposto della sussistenza di un precedente giudicato (tale da innescare la diversa questione del ne bis in idem), bensì in ragione, solo, di una contemporanea pendenza di processi.
Cosicchè, come pure emerge dalla sentenza impugnata, non è dato rinvenire questione di un precedente giudizio intervenuto sul medesimo fatto bensì solo una decisione regolatoria della ritenuta pendenza di processi, considerati dal giudice di Bergamo come suscettibili di riferirsi ai medesimi fatti. E il riferimento in sentenza, all’art. 649 cod. proc. pen. , pur non pienamente pertinente per le predette ragioni, si spiega con la tendenza della giurisprudenza a ricavare il divieto di instaurare un secondo procedimento, anche quando il primo non è ancora giunto ad una decisione irrevocabile, direttamente dall’art. 649 cod. proc. pen.
Da quanto rilevato si ricava che la originaria decisione del tribunale di Bergamo, non avendo avuto riguardo al merito della vicenda ma solo a ragioni procedurali come sopra esposte, non può integrare, pur essendo divenuta irrevocabile, quel giudicato sul medesimo fatto che impedisca un secondo giudizio alla stregua del divieto di idem processuale. Come invero sostanzialmente affermato in sentenza, senza che al riguardo emerga un puntuale confronto sul punto. Indugiando piuttosto, la ricorrente, essenzialmente sul profilo della anteriorità o meno del presente processo, a fronte invero di una sentenza, del tribunale di Bergamo, divenuta sul tema in questione ormai irrevocabile. Laddove peraltro, al riguardo è puramente assertiva, in assenza di puntuali allegazioni, la tesi della anteriorità, piuttosto, del presente procedimento.
In altre parole, la diversità dei termini di riferimento, laddove il primo giudicato non esprime un giudizio sul fatto che si assume essere oggetto, identico, anche nel presente processo , esclude in radice la fondatezza dei richiami ai principi di cui alle tesi difensive.
Quanto al tema del ne bis in idem sostanziale, esso non solo non appare evocato, ma neppure risulta in alcun modo supportato anche in assenza di ogni confutazione, invero a rigore astrattamente rilevante anche sul piano del ne bis in idem processuale, circa i rilievi di cui alla sentenza impugnata, per cui i fatti di cui al presente processo riguarderebbero una fattispecie “più grave, più ampia sul piano oggettivo e maggiormente qualificata su quello soggettivo“.
4. Il quarto motivo è manifestamente infondato, siccome si risolve in una mera diversa valutazione del fatto a fini di qualificazione giuridica. A fronte di una chiara e coerente motivazione giustificativa dell’inquadramento giuridico come riportato in contestazione, che come tale non può fondare l’invocato vizio di carenza di motivazione.
5. L’ultimo motivo è infondato. Non è pertinente il rilievo per cui la condizione apposta al beneficio della sospensione condizionale della pena atterrebbe alla restituzione di un profitto ottenuto da altro soggetto. Ciò perché il reato come contestato è ascritto alla ricorrente quale rappresentante legale e nulla impedisce, in astratto, e sul piano giuridico, che la stessa possa essere chiamata a rispondere anche in termini economici per il risparmio di spesa ovvero il profitto assicurato. Né il ritenuto carattere esorbitante della somma, invero correlata al cospicuo profitto conseguente al reato, può di per sé ostare alla apposizione della contestata condizione. Quanto ai rilievi sollevati dal Procuratore generale per cui il beneficio della pena sospesa come applicato risulta in contrasto con il principio per cui il giudice non può subordinare il beneficio all’adempimento dell’obbligo della restituzione di beni conseguiti per effetto del reato, qualora non vi sia stata costituzione di parte civile, in quanto la restituzione, come il risarcimento, riguarda il solo danno civile (Sez. 2 – , n. 23290 del 21/04/2021 Rv. 281597 – 01) si tratta di osservazione non pertinente in assenza di specifica censura di parte interessata.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 luglio 2021, n. 21174 - La valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri come la scelta tra le varie…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 3133 depositata il 2 febbraio 2023 - La determinazioni e valutazioni istruttorie involgono apprezzamenti di fatto riservati al Giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 novembre 2021, n. 36161 - Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 maggio 2022, n. 16011 - Spetta al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20068 depositata il 13 luglio 2023 - Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, sesto comma, Cost.,…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 24345 depositata il 10 agosto 2023 - Il vizio di motivazione può essere rubricato solo nel caso in cui la motivazione espressa dal giudice del merito sia del tutto incomprensibile o perplessa, così da non consentire…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…