CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36319 depositata il 22 agosto 2019
Sicurezza sul lavoro – Violazioni di normative in materia antinfortunistica – Responsabile del reato – Ottemperanza alle prescrizioni – Omesso pagamento della relativa oblazione
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 26.4.2018 il Tribunale di Mantova ha condannato V.B. alla pena di € 3.000 di ammenda ritenendolo responsabile del reato di cui all’art. 159, 2 comma lett. a) decreto legislativo 81/2008 in quanto, pur avendo ottemperato alle prescrizioni impartitegli dall’organo di controllo conseguenti a violazioni di normative in materia antinfortunistica, non aveva provveduto al pagamento della relativa oblazione.
2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, atto di appello, riconvertito in ragione dell’inappellabilità delle sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda ex art. 593, comma 3 cod. proc. pen., in ricorso per Cassazione, con trasmissione dei relativi atti a questa Corte. Lamenta con esso l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., beneficio del quale sussistevano tutti i presupposti alla luce dell’adempimento da parte dell’imputato alle prescrizioni impartitegli e contesta altresì il trattamento sanzionatorio fissato in misura superiore al minimo edittale quantunque fosse stato dato atto dal Tribunale dell’avvenuta ottemperanza alle prescrizioni e dei modesti precedenti penali non specifici del prevenuto.
Considerato in diritto
Il ricorso deve ritenersi inammissibile alla luce delle doglianze del tutto indeterminate in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità.
Il ricorrente non specifica, invero, le ragioni che avrebbero consentito l’applicabilità del beneficio invocato, tali non potendosi ritenere né l’adempimento tardivo agli obblighi gravanti in materia antinfortunistica sul datore di lavoro, nella specie coincidente con lo stesso esecutore materiale delle opere edili poste in essere sul tetto di un edificio in assenza dei prescritti presidi di sicurezza, né la sua condizione di incensuratezza. Quanto al primo elemento, occorre rilevare che se il pagamento dell’oblazione, cui il contravventore viene ammesso a seguito dell’eliminazione della violazione in conformità alle prescrizioni impartite dallo stesso ispettorato del lavoro che ha constatato l’irregolarità, configura una causa di estinzione di un reato, così come previsto dall’art. 24 d.lgs. 758/1994, a fortiori il mancato pagamento della somma prescritta in sede amministrativa non elimina, per effetto del successivo adempimento, la contravvenzione già perfezionatasi in tutti i suoi elementi costitutivi al momento della constatazione, coincidente con il sopralluogo eseguito nel cantiere dal competente organo di controllo. Dal momento che la causa di non punibilità è riferibile, essendo l’esclusione della pena è rimessa al potere discrezionale del giudice, soltanto a un momento successivo a quello del perfezionamento di tutti gli estremi del reato, per la cui ontologica e giuridica esistenza è necessariamente richiesta la presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, e non anche l’assoggettamento, in concreto, alla sanzione penale di colui che lo ha commesso, ne consegue che il tardivo adempimento alle prescrizioni dell’organo amministrativo resta un post factum del tutto neutro rispetto al disvalore, anche in termini di offensività, dell’illecito penale. La natura di reato di pericolo presunto rivestita dalla contravvenzione in esame implica infatti una valutazione complessiva della condotta criminosa, sulla base degli elementi indicati dal primo comma dell’art. 133 cod. pen., correlata alla lesione potenziale del bene giuridico tutelato dalla norma penale (la sicurezza sul lavoro) che prenda in esame tutte le peculiarità della fattispecie concreta in termini di possibile disvalore.
Del pari irrilevante è la condizione di incensuratezza dell’imputato atteso che la mancanza di abitualità della condotta è elemento che deve sussistere congiuntamente e non alternativamente alla tenuità dell’offesa, così come inequivocabilmente prescritto dall’art. 131 bis, primo comma cod. pen.. A fronte di una generica richiesta avanzata dalla difesa, in tali termini ribadita anche con il presente ricorso, non può ritenersi che il giudice di merito sia incorso in alcuna omissione avendo comunque implicitamente disatteso l’invocata applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. con la scelta di irrogare una pena superiore al minimo edittale, implicante il diniego della minima offenslvità del fatto. Si impone in conclusione il rigetto del ricorso con la consequenziale condanna alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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