CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36461 depositata il 27 agosto 2019
Reati tributari – Imputazione al consulente fiscale della società sulla base di prove testimoiali – Decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente – Illegittimità
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza emessa in data 13 novembre 2018, ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 12-bis D.Lgs. 74/2000, di denaro e beni immobili sino alla concorrenza di complessivi euro 2.958.718,64, emesso dal GIP del medesimo Tribunale in data 24 settembre 2018, nel procedimento penale n. 41497/2017 RGNR, disposto nei confronti, tra gli altri, di M.S., indagata, quale consulente fiscale delle società L.N.F. srl e della Cooperativa Trasporti Logistica L.G., in concorso con F.F., titolare delle ditte suddette, nei reati tributari di cui ai capi:
A) (ex art. 5 D.Lgs. 74/2000) per l’omessa presentazione per la società la N.F.F. srl della dichiarazione annuale IVA per l’anno d’imposta 2013 e delle dichiarazioni annuali IVA e Ires per gli anni di imposta 2014 e 2015; B)( ex art. 10 D.Lgs 74/2000) per la distruzione ovvero l’occultamento, riguardo la società L.N.F.F. srl, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, in data 16/11/2017;
C) (ex art. 2 D. Lgs. 74/2000) per essere state utilizzate, dalla società L.N.F.F. srl, nelle dichiarazioni ai fini IVA e IRES relative all’anno di imposta 2012 e nella sola dichiarazione IRES per l’anno di imposta 2013, fatture per operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla società Cooperativa Trasporti Logistica L.G.;
D) (ex art. 8 D.Lgs. 74/2000) per l’emissione da parte della Cooperativa Trasporti Logistica L.G. srl, di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di consentire alla società L.N.F.F. srl di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto nell’anno di imposta 2012 e 2013;
E)( ex art. 8 D. Lgs 74/2000) per l’emissione, da parte della società Cooperativa Trasporti Logistica L.G. srl, di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti al fine di consentire alla società L.N.F.F. srl di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto nell’anno di imposta 2014;
F) (ex art. 10 D.Lgs 74/2000) per la distruzione ovvero l’occultamento, riguardo la società Cooperativa Trasporti Logistica L.G. srl, al fine di evadere e imposte sui redditi e sul valore aggiunto, delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, accertato in data 13/10/2017.
1.2. Il decreto di sequestro preventivo de quo veniva eseguito in data 17 ottobre 2018 dalla Guardia di Finanza mediante il sequestro di beni a carico degli indagati per un importo complessivo di euro 750.626,69 e, nello specifico, nei confronti di M.S., venivano sequestrati somme di denaro consistenti in saldi attivi di conti correnti detenuti presso diverse banche e quote di immobili dalla stessa posseduti, meglio specificati nelle concrete entità nel provvedimento impugnato.
2. Avverso tale ordinanza l’indagata, per il tramite del proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato nei seguenti motivi:
1) Violazione ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 125, 321, 324 c.p.p., artt. 110, 81 cpv c.p. e artt. 2, 5, 8, 9, 10 e 12 bis D. Lgs 74/2000, considerato che l’ordinanza impugnata presenta una motivazione del tutto apparente e apodittica in punto di fumus delicti, in quanto non ha fornito, nonostante fosse stata sollecitata a tal fine dalla difesa nel corso del riesame, alcuna descrizione delle condotte concrete che l’indagata avrebbe posto in essere, agevolando e dunque concorrendo nelle violazioni tributarie commesse dal titolare delle società coinvolte. Invero, il giudice del riesame si è limitato a ribadire il ruolo di consulente fiscale rivestito dalla M. nelle società in questione, ruolo che tuttavia non è di per sé sufficiente ad integrare il concorso nel reato tributario, dovendosi altresì dimostrare l’abitualità e serialità nelle condotte evasive, nonché l’elaborazione e la commercializzazione dei modelli di evasione, tali da rendere riconducibile la frode alla condotta del consulente fiscale. Tale motivazione sarebbe stata necessaria anche in considerazione del fatto che nel decreto di sequestro preventivo (pag.8) era stato indicato quale unico ideatore delle frodi tributarie il titolare delle società, F.F., mentre alla M. era stato attribuito il ruolo di mera subalterna tecnica.
Risulta poi dalla documentazione prodotta dalla difesa, del tutto ignorata dal giudice del riesame, che la M. negli anni in cui i reati furono posti in essere si era limitata ad inviare alcune dichiarazioni dei redditi delle due società, dichiarazioni che erano state predisposte non da lei, ma dal F.; mentre le dichiarazioni relative agli anni 2014 e 2015 erano state inviate non dalla M. ma dalla commercialista delle società, la Dott.ssa C. ed in seguito dalla consulente E.M.M.;
2) Violazione ex art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 125, 321, 324 c.p.p., artt. 110 e 81 cpv c.p., art. 1 D. Lgs. 139/2005, 12 bis D.Lgs. 74/2000 e della L. 12/1979, considerato che l’ordinanza impugnata ha qualifica la ricorrente quale consulente fiscale delle due società senza fornire motivazione alcuna circa tale affermazione, nonostante la stessa rivestisse formalmente la qualifica di consulente del lavoro della sola Cooperativa Trasporti Logistica L.G. e si occupava esclusivamente di predisporre le buste paga, con i correlativi adempimenti. La consulente fiscale di entrambe le società, quanto meno sino alla fine dell’anno 2014, era infatti la dott.ssa commercialista A.C., come ampiamente documentato al giudice del riesame. Con motivazione apparente, il Tribunale del riesame si è limitato a richiamare il contenuto di due verbali di sommarie informazioni testimoniali, ove si riportano dichiarazioni del tutto generiche, e non decisive sul punto, rese da dipendenti delle società, dichiarazioni che risultano in contraddizione con la documentazione depositata e con le dichiarazioni rese da altri dipendenti. L’ordinanza impugnata risulta altresì contraddittoria e illogica, laddove conferma la sussistenza di indizi nei confronti della M. e non nei confronti della commercialista Dott.ssa C., consulente fiscale delle società negli anni di cui alle imputazioni.
Considerato in diritto
1. Deve essere ricordato che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692); infatti nella nozione di “violazione di legge” – per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, c.1, c.p.p.-, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 c.p.p. (in tal senso, ex multiis, Sez. U. n. 5876 del 28/1/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710).
2. I motivi di ricorso che lamentano il vizio di motivazione apparente, relativamente alla riferibilità alla M. S. ai reati tributari per i quali si indaga, non essendo stati spiegati gli elementi dimostrativi del concreto contributo concorsuale dato dalla stessa M. S. per la realizzazione dei fatti per i quali sussiste il fumus delictí nei confronti di F.F., titolare delle società coinvolte, sono fondati. Deve infatti essere rilevata la carenza motivazionale del provvedimento impugnato, in conformità con la giurisprudenza consolidata che ha affermato il principio che il provvedimento relativo ad una misura cautelare reale deve contenere un’autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché una autonoma valutazione degli elementi forniti dalla difesa (cfr. Sez. U. n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789; Sez. 3, n. 2257/17 del 18/10/2016, P.M. in proc. Burani, Rv. 268800; Sez. 5, n. 51900 del 20/10/2017, Lanza, Terzo interessato in proc. Provenzano e altri, Rv. 271413).
3. Infatti nella prospettazione della pubblica accusa i reati tributari sarebbero stati posti in essere dalla M. in concorso con il titolare delle società coinvolte, nella qualità di commercialista di fatto delle stesse società, e tale prospettazione p che ha giustificato il decreto di sequestro, ha trovato conferma nell’ordinanza impugnata nonostante la M. formalmente rivestisse il ruolo di consulente del lavoro della sola “Cooperativa Trasporti Logistica L.G.” e nonostante esistesse una commercialista, designata da parte della società “N.F.F. srl”, che svolgeva le funzioni di consulente negli anni di cui all’imputazione. Su tale conpresenza nulla si dice nell’ordinanza, nonostante il punto avesse formato oggetto del ricorso (in particolare del primo dei motivi nuovi) innanzi al Tribunale del riesame, laddove sarebbe stato invece necessario enucleare le ragioni dell’individuazione del ruolo di consulente fiscale di fatto svolto dalla M., chiarendo il contributo concreto svolto dall’indagata in relazione alle attività indicate nei diversi capi di imputazione provvisoria, individuando con sufficiente specificità le condotte alla stessa riferibili e la loro incidenza sulla realizzazione degli illeciti tributari.
4. Il provvedimento impugnato si è invece limitato a richiamare genericamente il contenuto delle dichiarazioni testimoniali di alcuni dipendenti delle società e ad affermare i limiti di rilevanza delle sole qualifiche formali rivestite dai diversi soggetti, constatazione quest’ultima di certo condivisibile, ma poi non vestita da alcuna motivazione in ordine agli elementi individuati dai giudici a supporto del ruolo di consulente fiscale di fatto della M..
Va ricordato che la giurisprudenza di legittimità infatti, per la configurabilità del concorso nel reato tributario del consulente fiscale, richiede un contributo di quest’ultimo che sia concreto, consapevole, seriale e ripetitivo e che il professionista sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente (cfr. Sez. 3, n. 1999/18 del 14/11/2017, Addonizio, Rv. 272713; Sez. 3, sentenza n. 24166, del 5/5/2011, Cascino, non mass.).
5. Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame, risultando necessario che il Tribunale cautelare motivi specificamente in ordine al ruolo svolto dalla M. nella realizzazione dei reati tributari per cui si indaga.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma (sezione Riesame) per nuovo esame.
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