CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36913 depositata l’ 11 ottobre 2021
Reati societari – Fallimento ed altre procedure concorsuali – Sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali – Consapevole scelta gestionale – Esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali – Bancarotta impropria
Ritenuto in fatto
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Milano ha confermato la pronunzia di primo grado, di condanna nei confronti dell’imputata B., amministratrice di F.L.S. srl da Giugno 2008 a Settembre 2014, alla pena di giustizia per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione dell’azienda sociale, (macchinari, arredi e portafoglio clienti), bancarotta documentale per sottrazione/occultamento delle scritture contabili e bancarotta impropria da operazioni dolose per aver reiteratamente omesso il pagamento di tributi e contributi previdenziali. Con le aggravanti dei più fatti di bancarotta e dell’aver cagionato un danno di rilevante gravità. Sentenza di fallimento di Settembre 2014.
Avverso la decisione ha proposto ricorso l’imputata tramite difensore fiduciario articolando quattro motivi.
1. Col primo motivo, si è lamentata l’omessa assunzione di prova decisiva, poiché la Corte aveva respinto la richiesta di ispezione dei luoghi avanzata in appello, diretta a dimostrare la presenza dei macchinari aziendali in un magazzino, ritenendo che sul punto fossero sufficienti ed affidabili le informazioni date dal curatore. Questi, tuttavia aveva fornito le notizie non per conoscenza diretta e personale ma in base a dichiarazioni rilasciate dalla coimputata A., che aveva riferito circa la presenza dei macchinari presso la sede della nuova società. In proposito la ricorrente deduce che nel giudizio erano state prodotte fotografie del magazzino e la relazione di una società incaricata dalla difesa avente ad oggetto l’ispezione del medesimo magazzino allo scopo di dare dimostrazione di quanto ivi contenuto; lo stesso curatore, nonostante le dichiarazioni dell’imputata e le sollecitazioni del difensore, mai si era recato a visionare il suddetto deposito. La richiesta ispezione sarebbe decisiva in quanto idonea ad infirmare il risultato di entrambe le sentenze di merito.
2. Tramite il secondo motivo, collegato al precedente, è stata dedotta la manifesta illogicità e l’omissione di motivazione quanto a prove certe esibite dalla difesa dimostrative della destinazione dei macchinari aziendali.
Sostiene la difesa che nel corso del giudizio il titolare del deposito, C., e un teste avevano dichiarato che i macchinari oggetto della contestata distrazione si trovavano nel locale del primo, dove il secondo li aveva trasportati. Inoltre erano state prodotte fotografie del capannone ove i beni sarebbero custoditi e fatture di vendita di altri beni, nonché i documenti di trasporto inerenti i beni venduti e la già menzionata relazione di ispezione dei luoghi. A fronte di tale compendio probatorio la Corte aveva confermato la condanna della giudicabile per non aver fornito la prova della destinazione dei beni stessi e per la genericità delle affermazioni circa la dislocazione dei macchinari nel capannone di C.
3. Nel terzo motivo è stata dedotta la manifesta illogicità di motivazione quanto alla conferma di responsabilità per la bancarotta documentale e l’omessa motivazione circa prove a difesa, dimostrative del mancato occultamento delle scritture contabili, oltre che sul punto del dolo specifico necessario ad integrare il delitto.
4. Col quarto motivo è stata elevata doglianza di errata applicazione della norma incriminatrice speciale sulla bancarotta impropria da operazioni dolose, poiché il comportamento dell’imputata che, in presenza di una crisi di mercato, aveva preferito pagare i dipendenti piuttosto che versare i contributi previdenziali, non sarebbe contrario alla salute economico-finanziaria dell’impresa, carattere necessario ad integrare la figura di reato ipotizzata dall’accusa e ritenuta dai Giudici del merito.
Con requisitoria scritta a norma dell’art. 83, comma 12-ter, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, con la legge 24 aprile 2020, n. 27, il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. il ricorso è fondato quanto alle doglianze espresse nel secondo e terzo motivo, che riguardano la conferma di responsabilità per gli addebiti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per le distrazioni descritte nel capo di imputazione, e documentale; doglianze di seguito esaminate per ragioni di priorità logica.
Ai fini della conferma della responsabilità dell’attuale ricorrente, la Corte milanese ha applicato il principio di diritto per cui la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti (Sez. 5, Sentenza n. 8260 del 22/09/2015 Ud. (dep. 29/02/2016) Rv. 267710). Nel ribadire il suddetto principio la pronunzia citata ha, altresì, chiarito che la responsabilità dell’imprenditore per la conservazione della garanzia patrimoniale verso i creditori e l’obbligo di verità, penalmente sanzionato, gravante ex art. 87 l. fall, sul fallito, interpellato dal curatore circa la destinazione dei beni dell’impresa, giustificano l’apparente inversione dell’onere della prova a carico dell’amministratore della società fallita, in caso di mancato rinvenimento di beni aziendali o del loro ricavato, non essendo a tal fine sufficiente la generica asserzione per cui gli stessi sarebbero stati assorbiti dai costi gestionali, ove non documentati né precisati nel loro dettagliato ammontare. In senso conforme: N. 2876 del 1998 Rv. 212606 – 01, N. 7569 del 1999 Rv. 213636 – 01, N. 3400 del 2004 Rv. 231411 – 01, N. 7048 del 2008 Rv. 243295 – 1, N. 22894 del 2013 Rv. 255385 – 01, N. 11095 del 2014 Rv. 262740 – 01.
1.1. L’affermazione di principio è in sé – ovviamente – corretta ma essa non risulta congruente rispetto alle peculiarità della fattispecie in esame. Infatti, i Giudici milanesi hanno rilevato la genericità delle affermazioni dell’imputata circa la destinazione dei macchinari della fallita, essendosi la stessa limitata ad obiettare che alcuni macchinari si sarebbero trovati presso il capannone di proprietà di tale C. ed a produrre tardivamente fatture di vendita emesse dalla fallita in favore dell’acquirente C. srl.
La motivazione sul punto non ha tenuto conto delle complessive emergenze processuali, ora sottolineate dalla difesa con l’atto di ricorso e già rappresentate nella fase di merito, in relazione alle prove testimoniali dello stesso C. e di C., che avevano dichiarato, il primo di aver custodito nel suo magazzino i macchinari della fallita su richiesta dell’imputata ed il secondo di averli colà trasportati mentre il trasferimento sarebbe avvenuto fin dal 2010, cioè 4 anni prima della sentenza di fallimento;
né emerge che siano state considerate le prove documentali a discarico, consistenti nelle fotografie del suddetto magazzino e nella relazione di una società incaricata dalla difesa ed avente ad oggetto l’ispezione del medesimo sito ove erano depositati i macchinari. Infine, si segnala nell’atto di ricorso, lo stesso curatore aveva annotato nella relazione ex art. 33 L.F. la dichiarazione proveniente dalla giudicabile, secondo la quale le macchine invendute ed un carrello elevatore si trovavano proprio nel deposito di C.
1.2. Alla luce delle predette puntuali osservazioni ed allegazioni, la giustificazione resa sul punto dai Giudici del merito appare seriamente lacunosa quanto al mancato apprezzamento delle prove prodotte dalla difesa ed illogica quanto alla qualificazione di genericità attribuita alle deduzioni di discolpa dell’imputata, che invece, poiché specifiche, andavano correttamente indagate e riguardo alle quali occorreva una puntuale argomentazione di eventuale smentita.
D’altra parte non può non porsi in luce un altro aspetto di motivazione, nella parte in cui la Corte territoriale – alla pagina 10 del testo – ha ritenuto la responsabilità dell’imputata per la distrazione di alcuni macchinari aziendali a prescindere dalla loro destinazione effettiva, cioè presso la società del marito o altrimenti. La logicità intrinseca di questo non secondario passaggio giustificativo appare perlomeno dubbia, se confrontata con la descrizione della specifica condotta addebitata in imputazione a B., consistita nella distrazione dì tutti i macchinari, ad eccezione di quello per il taglio della carta, verso la S.D.L. srl di S., in assenza di adeguata spiegazione circa la compatibilità di quanto ritenuto dai Giudici del merito con l’originaria proposizione accusatoria.
2. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso assorbe la doglianza di mancata assunzione di una prova decisiva, di cui al primo motivo, che sarà valutata nel corso giudizio di rinvio.
3. Il terzo motivo di ricorso, relativo all’imputazione di bancarotta fraudolenta documentale, è parimenti fondato.
Deve premettersi “in fatto” che, a fronte di un addebito legittimamente formulato in relazione alle ipotesi di sottrazione o distruzione delle scritture contabili allo scopo di recare pregiudizio ai creditori ed a sé o ad altri ingiusto profitto, alternativamente contestata insieme alla diversa fattispecie di irregolare tenuta delle scritture contabili (Sez. 5, Sentenza n. 8902 del 19/01/2021 Ud. (dep. 04/03/2021 Rv. 280572) la Corte milanese ha ritenuto provata la prima fattispecie, sotto forma di occultamento della documentazione contabile.
3.1 E’ noto che per la sussistenza di tale ipotesi delittuosa è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo essa nella fisica sottrazione delle scritture alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta. Ex multis: (Sez. 5, Sentenza n. 18634 del 01/02/2017 Ud. (dep. 14/04/2017 Rv. 269904 – 01). Il punto dell’elemento psicologico del delitto deve essere, quindi, verificato e su di esso va operata una congrua motivazione da parte del Giudice di merito.
La giustificazione resa dalla Corte territoriale non è in armonia con le suindicate regole ermeneutiche poiché sembra effettivamente confondere – come puntualmente dedotto dalla difesa – la prova dell’occultamento delle scritture con la prova della sussistenza dell’elemento psicologico del dolo specifico, riguardo alla quale, dunque, alcuna argomentazione è stata impiegata. In proposito la motivazione è, infatti, consistita nel mero rilievo che l’imputata aveva ammesso l’esistenza di ulteriore documentazione, conservata fuori dalla sede sociale e senza che tale circostanza sia stata comunicata tempestivamente al curatore e tale ammissione costituirebbe la prova dell’avvenuto occultamento della documentazione contabile, come già osservato dal Tribunale. L’indagine sulla presenza del profilo psicologico del delitto e la relativa argomentazione restano, pertanto del tutto omesse nel percorso esplicativo delle ragioni della decisione.
4. A differenti conclusioni deve giungersi quanto al quarto motivo di ricorso, concernente l’addebito di bancarotta impropria da operazioni dolose per omesso versamento dei contributi previdenziali e delle ritenute, conseguendone – secondo l’impostazione accusatoria accolta dai Giudici della fase di merito, l’accumulo di un debito verso l’Erario per oltre 1 milione di euro, motivo infondato.
4.1 Sul tema la corte meneghina ha congruamente annotato che l’omissione del versamento dei contributi era iniziato fin dagli anni 2005, 2006, epoca di costituzione della società, essendo, quindi, ascrivibile ad una opzione strategica nella gestione societaria, ed ha correttamente richiamato la lezione di questa Corte regolatrice secondo la quale le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall, possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali. Sez. 5, Sentenza n. 24752 del 19/02/2018 Ud. (dep. 01/06/2018 )Rv. 273337; Sez 5, Sentenza n. 17355 del 12/03/2015 Ud. (dep. 24/04/2015 ) Rv. 264080. Massime precedenti Conformi N. 12426 del 2014 Rv. 259997 – 01, N. 29586 del 2014 Rv. 260492 – 01, N. 47621 del 2014 Rv. 261684 – 01, N. 15281 del 2017 Rv. 270046.
4.2 Risulta così smentita la tesi difensiva – qui riproposta sotto forma dell’errata applicazione della norma incriminatrice speciale – per cui le omissioni dei versamenti dovuti a titolo previdenziale sarebbero dovute alla riduzione delle attività lavorative ed ai conseguenti minori ricavi, a causa della generale crisi di mercato, iniziata nel 2007 e sarebbe, quindi, estranea alla sfera di volontà della giudicabile. D’altra parte, per rispondere in pieno alle doglianze della difesa, pur volendo seguirne la tesi in fatto ora di nuovo rappresentata, va ricordato, in diritto, che il reato di bancarotta impropria da reato societario sussiste anche quando la condotta illecita abbia concorso a determinare solo un aggravamento del dissesto già in atto della società. Sez. 5, Sentenza n. 29885 del 09/05/2017 Ud. (dep. 15/06/2017 ) Rv. 270877. Nei motivi di ricorso la difesa, infatti, esplicitamente ha fatto riferimento alla scelta che l’imputata avrebbe fatto, in presenza della diminuzione del lavoro e di minori ricavi, di continuare a pagare i dipendenti omettendo il versamento dei contributi previdenziali.
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata va annullata quanto alle imputazioni di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano mentre nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
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