CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 37538 depositata il 11 settembre 2019
Omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali – Effettivo pagamento delle retribuzioni ai dipendenti – Onere probatorio
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12 marzo 2019 la Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del 3 ottobre 2017 del Tribunale di Cagliari, ha rideterminato in mesi due di reclusione ed euro 200 di multa la pena inflitta a M. D., quale amministratore unico della s.r.l. C. L., per il reato di cui agli artt. 81 capoverso cod. pen., 2, comma 1 -bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638, in relazione all’omesso versamento del rateo previsto per il mese di agosto 2011.
2. Avverso il predetto provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione con tre articolati motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo la ricorrente, lamentando contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova, ha osservato che non era stata raggiunta la prova dell’effettivo pagamento delle retribuzioni ai dipendenti, laddove l’obbligo del versamento previdenziale era legato non alla prestazione lavorativa ma al saldo delle stesse retribuzioni.
In primo grado, tra l’altro, il primo Giudice aveva fatto riferimento all’avvenuto controllo del modello DM10, e non invece alla non eseguita verifica dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni.
2.2. Col secondo motivo la ricorrente ha osservato che non erano state verbalizzate le dichiarazioni dei dipendenti, ì quali non avrebbero lamentato il mancato pagamento delle spettanze, per cui il risultato probatorio non poteva essere posto alla base della decisione unitamente alle, travisate, dichiarazioni della teste esaminata.
2.3. Col terzo motivo è stato osservato che, in ragione della mancata acquisizione delle buste paga, la corresponsione delle retribuzioni era stata considerata provata tramite la prova testimoniale del pubblico ufficiale sulla base delle ritenute verifiche analitiche, ed in tal modo era stato invece lasciato spazio ad una mera congettura.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1. Per quanto riguarda il primo motivo di impugnazione, che in realtà è assorbente rispetto agli ulteriori profili di censura, è invero appena il caso di osservare che, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM10, attestanti l’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti in mancanza di elementi contrari, può essere dimostrata in giudizio, anche in base alla testimonianza del funzionario dell’ente previdenziale, non essendo necessaria la relativa produzione documentale, se l’imputato non ne contesti l’invio (Sez. 3, n. 43602 del 09/09/2015, Ballone, Rv. 265272).
In specie, non è stata sollevata alcuna contestazione al riguardo, sì che non è mai stata revocata in dubbio la spedizione dei modelli all’Istituto previdenziale.
D’altronde lo stesso Tribunale di Cagliari aveva osservato che le uniche questioni erano semmai legate alla sussistenza dell’elemento soggettivo, ossia all’allegazione di una crisi di liquidità della società, di cui l’odierna ricorrente era legale rappresentante, tale da impedirle – per ragioni di pretesa forza maggiore – il versamento delle ritenute previdenziali. Mentre l’avvenuta compilazione dei modelli Dm 10, ed il loro invio da parte dell’imprenditore che li aveva compilati, dava conto dell’effettiva corresponsione della retribuzione al dipendente.
Infatti la presentazione da parte del datore di lavoro degli appositi modelli DM 10/2 – attestanti le retribuzioni corrisposte ai dipendenti e l’ammontare degli obblighi contributivi – è valutabile, in assenza di elementi di segno contrario, come prova della effettiva corresponsione degli emolumenti ai lavoratori per effetto della attestazione di avvenuta ricezione in via telematica dei modelli da parte dell’Inps e della testimonianza sul punto del funzionario accertatore (Sez. 3, n. 21619 del 14/04/2015, Moro, Rv. 263665; Sez. 3, n. 37330 del 15/07/2014, Valenza, Rv. 259909). Così assolto l’onere incombente sul Pubblico ministero di dimostrare l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori dipendenti, grava invece sull’imputato il compito di provare, in difformità dalla situazione rappresentata nelle denunce retributive inoltrate, l’assenza del materiale esborso delle somme (Sez. 3, n. 7772 del 05/12/2013, dep. 2014, Di Gianvito, Rv. 258851; cfr. altresì Sez. 3, n. 32848 del 08/07/2005, Smedile, Rv. 232393).
4.1.1. Ciò complessivamente posto, va altresi ricordato che i Giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni (fatta eccezione per gli effetti inevitabili del decorso del tempo), che possono essere valutati congiuntamente ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure della ricorrente. Allorché infatti le sentenze di primo e secondo grado concordino, come in specie, nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303).
In specie, la Corte territoriale ha appunto evidenziato ad abundantiam, rispetto ai non contestati – e ribaditi – rilievi del primo Giudice in ordine agli effetti dell’invio dei modelli Dm10, tanto l’assenza di contestazioni da parte dei dipendenti – i quali ben avrebbero potuto segnalare la loro situazione di creditori
– quanto l’omessa inflizione di sanzioni amministrative alla ricorrente, ovviamente in tesi eventualmente legate alla mancata retribuzione ai dipendenti (circostanza ribadita con decisione dall’ispettore del lavoro).
4.1.2. E’ stata la stessa ricorrente peraltro a ricordare in specie l’esistenza di un’ipotesi di cd. doppia conforme, per cui – per i principi già ricordati – le considerazioni rese dai Giudici del merito si integrano reciprocamente.
4.1.3. In definitiva, alcun concreto elemento è stato allegato dalla ricorrente quanto all’eventuale omesso pagamento delle retribuzioni, la dedotta situazione di crisi della società (tra l’altro neppure richiamata in sede di ricorso, quale circostanza idonea a contrastare la presunzione di avvenuto pagamento delle retribuzioni a seguito dell’invio dei modelli Dm10) essendo quantomeno compensata dagli ulteriori rilievi in fatto evidenziati dalla Corte territoriale, e non contestati dalla ricorrente.
4.2. Alla stregua dei rilievi che precedono, gli ulteriori motivi di ricorso si risolvono in considerazioni del tutto irrilevanti, atteso che la contestata inutilizzabilità probatoria delle dichiarazioni rese dall’ispettore previdenziale in ordine a quanto riferito dai dipendenti della ricorrente, nonché l’intrinseca e presunta non credibilità delle stesse dichiarazioni dell’ispettore, in nulla intaccano i dati di fatto incontestati, quanto all’effettivo invio dei modelli Dm10 ed alla ricorrenza degli ulteriori elementi già ricordati.
5. La conseguente complessiva manifesta infondatezza dell’impugnazione non può che condurre all’inammissibilità del ricorso.
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle Ammende.
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