CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 37639 depositata il 29 dicembre 2020
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Reati di bancarotta patrimoniale e impropria per operazioni dolose – Infruttuosità di finanziamenti a società collegate e omesso versamento dei debiti erariali – Responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello Milano ha parzialmente modificato – con esclusivo riferimento alla rideterminazione della durata delle pene accessorie – la decisione del Tribunale di quella stessa città, che aveva riconosciuto L.T. colpevole dei reati di bancarotta patrimoniale e impropria per operazioni dolose commessi nella qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione della società M. s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del 22/12/2011, condannandolo alla pena di giustizia, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla circostanza aggravante di cui all’art. 219 co. 2 n. 1 L.F.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con il ministero del difensore, il quale ne chiede l’annullamento svolgendo tre motivi.
2.1. Violazione di legge e correlato vizio della motivazione, mancante, contraddittoria o manifestamente illogica con riguardo all’erronea affermazione di responsabilità per le condotte distrattive contestate – costituite dall’aver disposto due finanziamenti per complessivi euro 418.643,67, verso società collegate , in assenza di giustificazioni economiche e comunque di idonei vantaggi compensativi; operazioni rivelatesi, pertanto, completamente infruttuose per la fallita.
Ci si duole che la affermazione di responsabilità sarebbe stata fondata sulle errate conclusioni esposte della relazione fallimentare ex art. 33 L.F., senza tenere in alcun conto le controdeduzioni difensive ( ovvero che le operazioni furono disposte in un periodo antecedente alla data di assunzione dell’incarico di presidenza da parte del ricorrente; che il curatore fallimentare non avrebbe visionato i bilanci depositati e prodotti, da cui emergerebbe che non è vero che la situazione debitoria si sarebbe incrementata proprio in coincidenza di tale incarico; che i debiti verso l’Erario per l’omesso versamento di imposte e contributi sono maturate nel corso del tempo e la condotta omissiva non sarebbe imputabile al solo T.), dalle quali sarebbe emersa sia la mancanza di nesso causale tra le condotte e il fallimento, che del dolo specifico.
2.2. Travisamento delle prove e mancata assunzione di una prova decisiva, di natura peritale, che avrebbe consentito di accertare l’esistenza di poste attive alla data del fallimento, con un attivo disponibile superiore al milione di euro.
2.3. Violazione di legge e vizio della motivazione, mancante contraddittoria o manifestamente illogica con riguardo al trattamento sanzionatone, non correlato adeguatamente alla gravità del fatto.
Considerato in diritto
1.1 motivi sono tutti inammissibilmente proposti, perché contenenti ampie incursioni nel merito di cui il ricorso persegue la rivalutazione, e, comunque, acriticamente reiterativi di doglianze già affrontate adeguatamente dai giudici di merito.
2. Quanto ai vizi della motivazione, qui essendo dedotta l’intera gamma di quelli che è consentito denunciare con il ricorso per cassazione, si osserva che non può ritenersi consentita l’enunciazione perplessa e alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata (Sez. II, sentenza n. 31811 dell’8/05/2012, Rv. n. 254329). In ogni caso, è bene anche ricordare che in tema di “manifesta illogicità” della motivazione, il sindacato della Corte di Cassazione deve limitarsi a rilievi di macroscopica evidenza, dal momento che il vizio denunciabile è solo quello evidente e percepibile “ictu oculi”, per esso intendendosi la violazione di principi della logica formale diversi dalla contraddittorietà o dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità o alla scorrettezza dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e le conclusioni. (Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016 (dep. 2017 ) Rv. 271636). Per altro verso, il vizio della contraddittorietà della motivazione ricorre quando vi sia inconciliabilità fra le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto, o tra la parte motiva e quella dispositiva, quando, cioè, sia resa impossibile la ricostruzione del procedimento logico-giuridico, seguito dal giudice nel formare il proprio convincimento. (Sez. 5, n. 89 del 28/10/1971 (dep. 1972 ) Rv. 119789); il vizio è integrato dal concorso dialetticamente irrisolto di proposizioni (testuali ovvero extra testuali) concernenti punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro, tali che l’affermazione dell’una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell’altra e viceversa. (Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016 (dep. 2017 ) Rv. 271635).
3. Nulla di tutto questo è riscontrabile nel caso di specie, in cui, al contrario, la Corte di appello ha fornito una ragionata motivazione, la quale, pertanto, si sottrae anche alla censura che si tratti di motivazione mancante, potendosi, in sintesi, ricordare che la Corte di appello ha osservato quanto segue:
– Sulle doglianze difensive incentrate sull’errata valutazione della curatela e sull’adesione del giudice di primo grado alle valutazioni tecniche dell’ausiliario giudiziario, si è considerata la scelta processuale dell’imputato che ha optato per il rito abbreviato “secco”, donde la piena consapevolezza che la decisione si sarebbe fondata sugli atti acquisiti durante le indagini;
– che l’imputato non ha mai chiesto la acquisizione della documentazione contabile e fiscale di cui lamenta l’omessa considerazione da parte del curatore;
– che, in ogni caso, la deduzione difensiva non è veritiera, poiché nella relazione del curatore si dà atto dell’esame dei bilanci depositati dalla fallita e dello studio della contabilità aziendale da parte del curatore;
– che, proprio dallo studio della contabilità, emerge la infruttuosità dei due finanziamenti e l’omesso versamento dei debiti erariali, donde la inutilità della acquisizione del c.d. cassetto fiscale della società;
– quanto alla responsabilità del ricorrente, la Corte di appello ha rilevato che non è stata mai nemmeno adombrata la esistenza di soggetti diversi che al momento della disposizione dei finanziamenti in esame avessero il potere e l’interesse di agire in nome e per conto della fallita, essendo il T. sia il Presidente del CDA che amministratore delegato della società fallita;
– è stata valutata coerentemente la missiva inviata dal commercialista il 21/02/2012;
– quanto all’omesso versamento dei debiti erariali, e sotto il profilo soggettivo, si è valorizzato il ruolo di amministratore delegato che non rendeva l’imputato consapevole delle condotte distrattive.
3.1. La motivazione rassegnata dalla sentenza impugnata è, dunque, ampia, adeguata alle risultanze istruttorie, coerente con consolidati principi di diritto in tema di reati di bancarotta, e affatto immune da evidenti deficit di logica argomentativa. Del tutto generica è la doglianza riguardante l’omesso espletamento di perizia, che non tiene conto, comunque, conto della natura di mezzo di prova essenzialmente discrezionale, affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice ( Sez. 6, n. 34089 del 07/07/2003, Rv. 226330), che delle valutazioni operate dalla Corte di appello in ordine alla sostanziale superfluità della stessa.
4. Anche il trattamento sanzionatorio ha ricevuto un sufficiente vaglio da parte della Corte dì merito, che ha fondato il diniego di un più favorevole giudizio di comparazione delle circostanze attenuanti generiche sulla presenza di precedenti penali e sul comportamento processuale, altresì considerando che la pena base era stata già assestata, dal primo giudice, nel minimo edittale.
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (art. 616 cod.proc.pen.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 36863 depositata il 15 dicembre 2022 - Le sanzioni conseguenti all’omesso versamento delle ritenute sono collegate al tributo, «trattandosi di condotte comunque riferibili agli obblighi derivanti dalla condizione di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 maggio 2020, n. 10239 - In tema di scissione societaria, la società beneficiaria è solidalmente responsabile per i debiti erariali della società scissa relativi a periodi d’imposta anteriori alla data dalla quale…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 32469 depositata il 3 novembre 2022 - In tema di scissione societaria, la società beneficiaria è solidalmente responsabile per i debiti erariali della società scissa relativi a periodi d'imposta anteriori alla data…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 settembre 2020, n. 18703 - Il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un'espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 dicembre 2021, n. 40929 - Il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un'espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 novembre 2019, n. 28315 - Per i tributi erariali accertati in un atto definitivo per omessa impugnazione, non è applicabile la prescrizione breve di cinque anni prevista per le prestazioni periodiche, ai sensi dell'…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…