Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 38475 depositata il 17 settembre 2019
Evasione Iva – Controllo automatico – Rilevanza – Sussiste
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 14 maggio 2018, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Macerata che aveva dichiarato la penale responsabilità di G.M. per il reato di omesso versamento di I.V.A. per l’anno 2011, consumato alla data del 27 dicembre 2012 nella qualità di legale rappresentante della “Leonardo s.r.l.”, con riferimento ad un ammontare di 319.028,00 Euro, e lo ha condannato alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato G.G., quale difensore di fiducia dell’imputato, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 102 c.p.p. e art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), avendo riguardo al mancato rilievo della nullità della sentenza di primo grado.
Si deduce che illegittimamente il Tribunale, nel corso del giudizio di primo grado, ha respinto la richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore. Si rappresenta che l’impedimento, dovuto a patologia cardiaca e certificato il 20 giugno 2016 per l’udienza del 24 giugno 2016, è stato ritenuto non imprevedibile perché il deducente era stato sottoposto ad un correlato intervento chirurgico il precedente 11 maggio 2016, e, quindi, era nelle condizioni di prevedere il suo impedimento e di nominare un sostituto con largo anticipo. Si osserva che l’impedimento è stato accertato solo in data 20 giugno 2016, perché dei risvolti dell’intervento dell’11 maggio 2016 nulla era possibile prevedere fino al precisato controllo medico, e che in quattro giorni non era possibile individuare un sostituto che assicurasse una efficace difesa, specie in relazione all’udienza nella quale sono state assunte i principali mezzi di prova. Si rileva che la violazione ha determinato la nullità sia della sentenza di primo grado, sia della successiva sentenza di appello, a norma dell’art. 185 c.p.p..
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del reato.
Si deduce che illegittimamente si è ritenuta provata la presentazione della dichiarazione annuale da parte dell’imputato, nonostante tale documento fosse assente dagli atti del fascicolo processuale, non essendo utile surrogato di questo, come invece ha affermato la sentenza impugnata, la comunicazione di irregolarità D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis, la quale attiene all’individuazione del debito di imposta effettivamente sussistente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che deducono la nullità delle sentenze di primo e secondo grado affermando l’illegittimità del rigetto della richiesta di rinvio per legittimo impedimento del difensore, dovuto a grave patologia, certificata quattro giorni prima dell’udienza.
2.1. Le Sezioni Unite hanno recentemente enunciato il seguente principio di diritto: “Il difensore impedito a causa di serie ragioni di salute o da altro evento non prevedibile o evitabile non ha l’onere di designare un sostituto processuale o indicare le ragioni dell’omessa nomina” (Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016, Nifo Sarrapocchiello, Rv. 267747-01).
Nella motivazione, le Sezioni Unite rappresentano che l’onere di nominare un sostituto non sussiste, “salvo che lo stato patologico sia prevedibile” (p. 10 del Considerato in diritto); precisano, inoltre, che “L’impedimento deve essere giustificato da circostanze improvvise e assolutamente imprevedibili, tali da impedire anche la tempestiva nomina di un sostituto che possa essere sufficientemente edotto circa la vicenda in questione” (p. 11 del Considerato in diritto).
Può, quindi, concludersi che l’accoglimento della richiesta di rinvio del difensore per legittimo impedimento è giuridicamente doveroso quando la situazione addotta a base dell’istanza sia impeditiva non solo della partecipazione del professionista all’udienza, ma anche della tempestiva nomina di un sostituto che possa assicurare una efficace difesa.
2.2. La sentenza impugnata evidenzia, innanzitutto, che il difensore di fiducia fu sottoposto ad intervento chirurgico per patologia cardiaca in data 11 maggio 2016 e dimesso in data 13 maggio 2016. Osserva, poi, che la data fissata per l’udienza, il 24 giugno 2016, si collocava in un lasso di tempo immediatamente successivo all’intervento, tale da consentire al difensore di prevedere la propria impossibilità a presenziare in udienza e di nominare però un sostituto.
Il ricorso rappresenta che l’impedimento, nella specie, era stato accertato solo il 20 giugno 2016, e che in quattro giorni non era possibile individuare un sostituto che assicurasse un’efficace difesa.
2.3. Il Collegio, sulla base del principio giuridico precedentemente evidenziato, ritiene che, anche aderendo alla prospettazione della difesa, secondo cui l’impedimento era stato accertato solo il 20 giugno 2016, e, quindi quattro giorni prima dell’udienza, non è illegittima la conclusione per cui il difensore era in condizione di nominare un sostituto in grado di assicurare un’efficace difesa.
Ed infatti, un periodo di quattro giorni non può ritenersi incongruo ai fini della individuazione di un sostituto idoneo ad assicurare una valida difesa, in un processo incentrato essenzialmente su una prova documentale, costituita dalle risultanze concernenti il controllo automatizzato effettuato dalla Agenzia delle Entrate in ordine alla presentazione della dichiarazione ai fini dell’IVA ed al mancato pagamento della stessa, ed in relazione ad una udienza nella quale si svolge esclusivamente attività istruttoria (il processo risulta definito solo all’udienza del 12 maggio 2017).
3. Infondate sono anche le censure esposte nel secondo motivo, che contestano l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di omesso versamento dell’IVA per la mancata acquisizione agli atti del fascicolo della relativa dichiarazione, e per l’impossibilità di ritenere come valido equipollente la comunicazione di irregolarità D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54-bis.
Invero, ai fini dell’accertamento del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, la legge non richiede l’acquisizione della dichiarazione fiscale o di alcuna prova legale. È sufficiente che il giudice raggiunga la certezza, al di là del ragionevole dubbio, in ordine alla sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione della fattispecie, e ne dia conto con motivazione immune da vizi logici o giuridici.
Nella specie, la certezza della prova della presentazione della dichiarazione ai fini Iva da parte dell’imputato per l’anno 2011 e dell’omesso versamento di un importo superiore alla soglia prevista, da ultimo superiore a 250.000 Euro, è stata ritenuta raggiunta in considerazione degli esiti del controllo automatizzato, da parte dell’Agenzia delle entrate, effettuati a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis. Questa disposizione ha ad oggetto l’attività, da parte dell’amministrazione finanziaria, della “liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti” (comma 1). In particolare, al comma 2, si prevede: “Sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, l’amministrazione finanziaria provvede a: (…) c) controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto e di conguaglio nonché dalle liquidazioni periodiche di cui all’art. 27, art. 33, comma 1, lett. a), e art. 74, comma 4”. È, quindi, fuori discussione che l’accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate in ordine al mancato pagamento dell’IVA a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis ha come indefettibile presupposto l’esame della dichiarazione del contribuente.
Né il ricorrente ha evidenziato circostanze specifiche sulla cui base dubitare ragionevolmente che, nella specie, l’Amministrazione finanziaria abbia omesso di esaminare la sua dichiarazione, o ne abbia travisato il contenuto. Anzi, in proposito, non è privo di significato che, nel processo di merito, il ricorrente ha ammesso di non aver versato l’IVA dovuta, pur adducendo a discolpa ragioni di crisi aziendale.
Può quindi concludersi che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto provata la sussistenza degli elementi oggettivi del reato di omesso versamento di IVA a carico del ricorrente per l’anno 2011, desumendo la stessa dagli esiti del controllo automatizzato effettuato dall’Agenzia delle entrate a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, e dall’assenza di elementi idonei a far dubitare dell’esame della dichiarazione del contribuente da parte dell’Amministrazione finanziaria.
4. All’infondatezza delle censure proposte segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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