Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 38625 depositata il 14 agosto 2018
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale della libertà di Roma, in sede di giudizio di rinvio, ha nuovamente disposto, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, il sequestro dei beni di OL, già oggetto dei decreti di dissequestro emessi dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale il 13/10/2015 ed il 4/11/2015.
Nell’ambito di una complessa vicenda riguardante BM, figlio di OL, nei confronti di quest’ultima fu disposto, ai sensi dell’art. 12 sexies L. 7 agosto 1992, n. 356, il sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di denaro, di titoli e beni fino alla concorrenza della somma di 3,351 milioni di euro.
OL è indagata per il reato di riciclaggio; dalla imputazione provvisoria emerge che alla ricorrente si contesta di avere compiuto, senza aver concorso nel reato di bancarotta fraudolenta per distrazione ai danni della società A.T.I. s.p.a. – per il quale sono indagati BM ed altri soggetti- attività volte ad ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa dei proventi distratti (capo E) .
In particolare, OL:
– capo E1), negli esercizi finanziari 2002 e 2003, avrebbe versato sul conto corrente personale assegni circolari per un ammontare complessivo di 551.000 euro emessi dalla società A.T.I. in favore di altra società riconducibile a BM a fronte di fatture per operazioni inesistenti (la contestazione è formulata testualmente: “reato commesso a Roma nelle annualità 2002-2003 (reati prescritti, indicati al solo fine di rappresentare complessivamente la condotta dell’indagata)”;
– capo E2), avrebbe fatto transitare sui propri conti, cointestati con BM, la somma di 2,8 milioni di euro proveniente dai conti correnti della società A.T.I. e da altre società riconducibili allo stesso BM; dai suddetti conti personali le somme sarebbero state fatte trasferite — attraverso la emissione di assegni bancari e circolari – in favore, direttamente o indirettamente, dello stesso BM.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il dissequestro (confermato dal Tribunale dell’appello di Roma) dei beni non solo nei riguardi della OL ma anche di altri soggetti, sempre indagati per riciclaggio – sulla base dell’assunto che, nel caso di specie, il riciclaggio, secondo la stessa prospettazione d’accusa, sarebbe stato compiuto in un momento precedente rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta; quest’ultimo reato, consumatosi con la dichiarazione di fallimento del 2013, non avrebbe potuto quindi fungere da reato presupposto rispetto al delitto di riciclaggio che, dunque, non poteva tecnicamente essere configurato.
Con sentenza n. 29895 del 07/04/2016, la Seconda Sezione della Corte di cassazione, a seguito della impugnazione del Pubblico ministero, ha annullato con rinvio, nell’ambito di un provvedimento cumulativo, l’ordinanza del Tribunale dell’appello che aveva confermato il dissequestro dei beni disposto dal Giudice per le indagini preliminari.
La Corte ha ritenuto giuridicamente errato l’assunto secondo cui il reato presupposto rispetto a quello di riciclaggio sarebbe stato quello di bancarotta fraudolenta; nella specie sarebbero configurabili altri reati (truffe, reati fiscali, appropriazioni indebite) compiuti prima della commissione del riciclaggio e, quindi, idonei a fungere da presupposto rispetto a detto delitto.
Il Tribunale dell’appello di Roma, in sede di giudizio di rinvio, ricostruiti gli sviluppi del procedimento, ha accolto l’appello del Pubblico Ministero ed ha disposto “nuovamente” il sequestro dei beni di proprietà della OL già in sequestro, quindi fino alla concorrenza dell’importo di 3,351, milioni di euro, cioè della somma riveniente delle due ipotesi di riciclaggio del cui ai capi E1)-E2).
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di OL articolando un unico motivo con cui lamenta la violazione di legge in relazione agli artt. 321 cod. proc. pen. – 648 bis – 157- 158 cod. pen. Si assume che il sequestro preventivo non avrebbe potuto essere disposto in relazione alle somme di cui al capo E1 perché relative ad un reato prescritto; i versamenti sarebbero stati effettuati “negli esercizi finanziari 2002- 2013” e, attesa la autonomia dei due episodi, non potrebbe farsi riferimento alla data di commissione delle operazioni indicate nel capo E2).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame.
2. Dalla lettura della imputazione provvisoria emerge chiaramente che la somma complessiva sequestrata alla ricorrente, pari ad euro 3.351.000, ricomprende quella di euro 551.000, relativa al reato di riciclaggio che sarebbe stato compiuto dalla OL attraverso i versamenti sul conto corrente personale di assegni, in seconda girata, emessi dalla A.T.I. s.p.a. a beneficio della Immobiliare DM s.r.l. a fronte di fatture per operazioni inesistenti emesse nell’annualità 2002. Secondo la prospettazione d’accusa il reato sarebbe stato commesso “nelle annualità 2002-2003 (reati prescritti, indicati al solo fine di rappresentare complessivamente la condotta dell’indagata)” (così testualmente l’imputazione).
3. In un contesto di obiettiva poca chiarezza, il ricorso è fondato sull’assunto secondo cui la somma di euro 551.000 sarebbe stata sottoposta a sequestro preventivo nonostante sia apparentemente riferibile ad un reato prescritto, almeno secondo il Pubblico ministero.
Sul punto, la motivazione del Tribunale è strutturalmente inesistente.
Il Tribunale dell’appello si è limitato, in maniera sbrigativa, ad affermare testualmente, in relazione a quella somma, che “la condotta di riciclaggio contestata all’imputata” avrebbe “come presupposto le sottrazioni illecite all’A.T.I. commesse anche in epoche risalenti, ma si consuma attraverso i successivi trasferimenti sui conti intestati anche alla OL”. Si tratta di una motivazione che non chiarisce: a) quando, rispetto alla imputazione provvisoria, i versamenti in questione sarebbero stati compiuti; b) il senso dell’affermazione, contenuta nella imputazione provvisoria, secondo cui il fatto-reato in esame sarebbe prescritto; c) quando, secondo il Tribunale dell’appello cautelare, il reato in questione si prescriverebbe: d) se siano o meno intervenuti atti interruttivi della prescrizione che consentano di affermare che il reato non sia ancora estinto.
È utile ricordare che, secondo le Sezioni unite della Corte di cassazione, è illegittima, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che costituiscono il prezzo o il profitto di un reato prescritto (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264435).
4. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame, limitatamente al sequestro della somma di 551.000 euro di cui al capo e-1) della imputazione provvisoria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro disposto in relazione al capo El) e rinvia per nuovo esame ad altra Sezione del Tribunale di Roma – Sezione riesame misure cautelari reali-.
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