Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 39741 depositata il 27 settembre 2019
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Firenze, in data 4 maggio 2018, ha parzialmente riformato, nel solo trattamento sanzionatorio, la sentenza emessa in data 29 maggio 2017 dal Tribunale di Pistoia, con la quale TR e LF erano stati condannati alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di omicidio colposo in danno di NG, contestato come commesso in data 11 novembre 2010, con violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro; e l’Immobiliare SA s.p.a. era stata dichiarata responsabile dell’illecito amministrativo alla stessa contestato ex artt. 5 e 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare la Corte gigliata ha concesso al TR e al LF le circostanze attenuanti generiche, in regime di equivalenza rispetto alla contestata aggravante, rideterminando per l’effetto la pena, ed ha escluso l’applicazione all’Immobiliare SA s.p.a. delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, del citato decreto legislativo n. 231/2001; nel resto, la sentenza di condanna in primo grado è stata confermata.
Tanto in relazione al decesso di NG, il quale – secondo l’imputazione – aveva ricevuto dal TR, quale artigiano operante in regime di eterodirezione, l’incarico di rimozione, demolizione e ricollocamento di infissi sulle mura perimetrali di un capannone sito in Pistoia, Via omissis: si assume infatti che l’Immobiliare SA s.p.a. fosse titolare dell’immobile, destinato a essere utilizzato come laboratorio di pasticceria, e che per tale ragione avesse appaltato l’installazione dei nuovi infissi in PVC alla ditta B.M. s.n.c., mentre le opere murarie restavano di competenza della proprietà; in occasione dell’operazione a lui affidata, il NG rimuoveva una finestra e una porta in metallo frapposte fra una base costituita da un pannello prefabbricato in cemento e un altro pannello prefabbricato in cemento sovrastante, ed inserite in scanalature dei pilastri portanti. Mentre stava pulendo e spinando la superficie dei due pannelli, venendosi a trovare posizionato fra i due pannelli stessi, il NG veniva colpito dal pannello superiore, che scivolava tra le due guide laterali a mo’ di ghigliottina; l’impatto ne cagionava il decesso istantaneo per depezzamento del cranio e dell’arto superiore.
Il delitto di omicidio colposo è contestato al TR nella sua qualità di datore di lavoro di fatto del NG e consigliere d’amministrazione della Immobiliare SA s.p.a. , al LF quale datore di lavoro del NG ed amministratore della predetta società. A quest’ultima viene poi contestata la responsabilità da illecito amministrativo ai sensi del citato d.lgs. n. 231/2001.
Al TR e al LF si contesta di avere cagionato il decesso del NG, nelle rispettive qualità, per colpa generica nonchè per violazione di numerose norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, segnatamente, quelle relative ai doveri di formazione e d’informazione dei lavoratori (artt. 36 e 37 d.lgs. n. 81/2008), quella relativa all’obbligo di porre a disposizione del lavoratore attrezzature idonee ed adatte allo scopo (art. 71, comma 1, d.lgs. n. 81/2008), quella relativa all’obbligo di nominare un coordinatore in fase d’esecuzione per lavori affidati a più di una impresa (art. 90, comma 4, d.lgs. n. 81/2008), quella relativa all’obbligo di redazione del piano operativo di sicurezza, con connessa valutazione dei rischi (art. 96, comma 1, d.lgs. n. 81/2008), quella che fa obbligo di trasmettere al Comune, prima dell’inizio dei lavori, copia della notifica preliminare di cui all’art. 89 del citato decreto legislativo (art. 90, comma 9, d.lgs. n. 81/2008), quella che fa obbligo di rafforzare le strutture oggetto di rimozione degli infissi (art. 150, d.lgs. n. 81/2008) e quella relativa all’obbligo di eseguire i lavori di demolizione con le dovute cautele, sotto la sorveglianza di un preposto, in modo da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti o di collegamento e seguendo un programma di successione dei lavori (art. 151, d.lgs. n. 81/2008).
Nel disattendere le censure proposte con gli atti d’appello, alla stregua delle prove testimoniali e della perizia in atti, la Corte fiorentina ha in primo luogo ritenuto corretta la qualifica dei lavori de quibus come di straordinaria manutenzione, con conseguente configurabilità degli obblighi di cui agli artt. 150 e 151 d.lgs. n. 81/2008; ha poi escluso qualsiasi responsabilità del geom. L., cui i due imputati asseriscono di avere conferito incarico professionale (incarico del quale invece, secondo i giudici di merito, non v’è prova, e che comunque nel caso fosse stato conferito al L. sarebbe stato affidato a soggetto sprovvisto delle necessarie capacità), e della ditta B.M. s.n.c., appaltatrice dell’installazione dei nuovi infissi, cui secondo la Corte gigliata non competeva la valutazione relativa alla struttura del capannone e al carattere portante degli infissi, valutazione che invece è mancata. Proprio in ragione di tale omessa valutazione, secondo la Corte di merito, è configurabile in estrema sintesi la responsabilità della ditta appaltante (ossia l’Immobiliare SA); quanto alle presunte responsabilità della vittima, che non avrebbe adeguatamente valutato i rischi connessi all’attività da svolgere e che non aveva redatto il P.O.S., la Corte gigliata evidenzia come in realtà egli, pur essendo artigiano non formalmente dipendente dall’Immobiliare SA, operava di fatto in assenza di autonomia, alla stregua di un lavoratore dipendente dalla società committente, nonchè in assenza delle necessarie competenze tecniche, di attrezzature e dell’assistenza di personale adeguato. Quanto poi alla posizione del TR, la Corte ha disatteso l’assunto, sostenuto dalla difesa, che egli non disponesse di poteri, ritenendo che fosse invece proprio il TR ad occuparsi dell’attività in occasione della quale avvenne l’incidente. E’ stata inoltre esclusa la configurabilità di un concorso di colpa in capo alla società appaltatrice B.M. e al geom. L.. Quanto, infine, alla responsabilità da illecito amministrativo configurata a carico della Immobiliare SA s.p.a., la Corte ha ritenuto che essa andasse confermata, sul rilievo che il delitto di omicidio colposo, imputabile a soggetti con qualifica apicale, era stato commesso nell’interesse o a vantaggio della società stessa, atteso che la condotta illecita di cui sopra (con violazione di plurime norme prevenzionistiche) era finalizzata a ottenere un risparmio di spesa per la società.
2. Avverso la prefata sentenza ricorrono, con altrettanti atti, LF, TR e l’Immobiliare SA s.p.a., per il tramite dei rispettivi difensori. Dal canto suo l’INAIL, costituitasi parte civile nei confronti del solo TR, ha depositato una memoria in data 7 giugno 2019; e, in data odierna, ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese.
3. Il ricorso del LF consta di cinque motivi.
3.1. Con il primo, articolato motivo il deducente lamenta vizio di motivazione in relazione all’esclusione della responsabilità della ditta appaltatrice B.M. e del geometra L.. Premesso che all’origine della serie causale vi è, pacificamente, il fatto che vi fosse un’insidia, costituita dalla continuità cromatica tra la parte strutturale dell’edificio e l’infisso – con la conseguenza che non era agevole individuare il punto in cui terminava la finestra -, il ricorrente evidenzia che vi era stato in precedenza un sopralluogo, al quale erano presenti sia il contitolare della ditta appaltatrice, sia il geometra L.. Quanto alla ditta, è frutto di errore l’asserto della Corte di merito in base al quale la stessa non avrebbe avuto responsabilità nell’accaduto in quanto affidataria della sola installazione degli infissi: invero, per procedere a tale operazione, la ditta doveva necessariamente valutare l’insidia presente, prendendo in considerazione l’esistenza dei montanti nel prendere esattamente le misure dell’infisso. Quanto al geometra L., egli aveva bensì sostenuto in dibattimento che la tipologia dell’intervento non richiedeva valutazioni strutturali da parte sua e che non era necessaria alcuna autorizzazione e/o direzione dei lavori; ma quest’ultimo asserto è contraddetto dalla stessa sentenza, laddove essa dà atto che l’operazione richiedeva l’autorizzazione comunale e il deposito del progetto; ne consegue che il ruolo del geom. L., contrariamente da quanto dallo stesso sostenuto (e da quanto ritenuto dalla Corte di merito), implicava necessariamente la formulazione di un parere, in funzione di tale richiesta di autorizzazione.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta travisamento del fatto in ordine all’affermata programmazione della resezione delle parti definite montanti: programmazione che secondo il ricorrente non vi fu, alla luce di quanto emerge dalla disamina delle dichiarazioni rese dai testimoni e dal perito escussi nel giudizio di primo grado.
3.3. Con il terzo motivo il deducente denuncia vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione dei fatti storici, con particolare riguardo al fatto che non vi sarebbe stata la richiesta di un parere tecnico (parere che invece era stato richiesto, come emerge dalla partecipazione del L. alla decisione di sostituire gli infissi; dalla sua costante presenza in cantiere; dal fatto che necessariamente era stata espressa una valutazione tecnica dell’opera). La Corte di merito, prosegue l’esponente, si limita ad ammettere che al più vi sarebbe stata la richiesta di un parere orale, parere che però non è per ciò stesso inidoneo alla comprensione del tipo di operazione da compiere. Analogo errore nella ricostruzione dei fatti riguarda il momento dell’incidente e la decisione del NG di tagliare il montante (ossia la parte strutturale), così eccedendo il compito a lui affidato di disinstallare l’infisso.
3.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge con riguardo alle posizioni di garanzia e alle interrelazioni fra i soggetti interessati; premesso che non era necessario, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte di merito, il formale conferimento del compito di esecuzione dell’opera, nella specie la Immobiliare SA fece quanto dovuto affinchè le operazioni si svolgessero in sicurezza, incaricando cioè un’impresa appaltatrice per la sostituzione di un infisso e, in aggiunta a ciò, rivolgendosi a un tecnico che, coordinandosi all’impresa appaltatrice, indicasse il da farsi. In tal modo, sostiene il ricorrente, i contratti così stipulati dalla società committente spostavano sui soggetti dianzi indicati i ruoli di garanzia cui essi non potevano nè dovevano venire meno.
3.5. Con il quinto e ultimo motivo si denuncia violazione di legge ai fini dell’osservanza delle regole sulla causalità: il ricorrente si riferisce all’attività di resezione del montante (facente parte della struttura) da parte del NG, attività eccedente quella a lui commissionata e dunque esorbitante rispetto ai compiti a lui assegnati. Se la vittima si fosse attenuta a tali compiti, nulla sarebbe accaduto.
4. Il ricorso presentato per conto di TR si articola in tre motivi.
4.1. Con il primo motivo si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla posizione di garanzia attribuita al TR in relazione a quanto accaduto: premesso che non vi è alcun elemento idoneo a suffragare l’assunto secondo cui il NG fosse alle dipendenze del TR (e in generale dell’Immobiliare SA, come affermato anche dalla Corte d’appello di Firenze – Sezione Lavoro), il TR in ogni caso non poteva essere qualificato come datore di lavoro, ricoprendo esclusivamente la carica di consigliere d’amministrazione nell’ambito della suddetta società immobiliare; e, del resto, nel caso specifico egli aveva esclusivamente ricevuto dal LF la delega a presenziare in sua vece al sopralluogo preliminare alla sostituzione dell’infisso. Era il LF, come confermato dai testi escussi in primo grado, a conferire tutti gli incarichi, a effettuare il pagamento dei lavori, a occuparsi della sostituzione dell’infisso. Nessuna posizione di garanzia è dunque ravvisabile in capo al TR.
4.2. Con il secondo motivo il deducente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al contributo causale fornito all’evento dal geom. L., in presenza di un’insidia (costituita dalla difficoltà di distinguere la parte strutturale del capannone dall’infisso), laddove costui, dopo avere partecipato al già ricordato sopralluogo, aveva liquidato l’operazione da eseguire come di manutenzione ordinaria ed aveva poi qualificato come insignificante tale indicazione nelle scelte operative dell’imputato. Premesso che l’esistenza dell’insidia di cui sopra è stata confermata anche dal perito nominato d’ufficio, il ricorrente evidenzia che il geom. L., in luogo di suggerire la semplice riverniciatura dell’infisso, ne ignorò la funzione portante e indicò di sostituirlo con uno in PVC; erroneamente la Corte afferma che il parere espresso oralmente dal tecnico, in quanto informale, fosse ininfluente nelle decisioni della società committente; ciò anche in considerazione del rapporto fiduciario già intercorrente tra la Immobiliare SA e il predetto geometra.
4.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata laddove, da un lato, vi si dà conto che la presenza dell’insidia poteva essere accertata solo al momento dell’esecuzione dell’opera, dall’altro si esclude qualsiasi colpa della ditta incaricata dell’installazione della finestra. In realtà, era solo la ditta esecutrice (la B.M.) che avrebbe potuto e dovuto porsi il problema di proseguire o meno i lavori, una volta rimossa la finestra e rilevato che i montanti laterali da rimuovere avevano una funzione di sostegno del pannello superiore.
5. Il ricorso dell’Immobiliare SA consta di sei motivi.
5.1. Con il primo si denuncia vizio di motivazione in relazione alla declaratoria di insussistenza di responsabilità in capo alla ditta B.M. e al geometra L.. Sia il rappresentante della prima, sia il secondo avevano partecipato al sopralluogo preliminare alla sostituzione dell’infisso incriminato, ma nè la ditta aveva rilevato correttamente le dimensioni dell’infisso da installare rispetto al vano di alloggio della finestra, nè il Lannberti aveva fornito indicazioni corrette circa i lavori da eseguire, escludendo che fosse necessario un titolo edilizio e qualificando l’operazione come di manutenzione ordinaria; a tale ultimo proposito la società ricorrente formula, ampliandole, le stesse censure già viste nei precedenti ricorsi circa la sottovalutazione della rilevanza del parere orale fornito dal geometra.
5.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione alla posizione del TR e alle responsabilità a lui attribuite; la società ricorrente pone in evidenza il fatto che il NG non era lavoratore subordinato della società stessa, e che a maggior motivo alcun rapporto di dipendenza poteva configurarsi rispetto al TR, difettando in capo a quest’ultimo le prerogative tipiche del datore di lavoro di fatto (in specie il potere di spesa) ed avendo egli avuto esclusivamente il compito di rappresentare il LF, che all’uopo lo aveva delegato, nella partecipazione al sopralluogo preliminare alla sostituzione dell’infisso; non è perciò a lui applicabile rispetto alla posizione del TR la previsione di cui all’art. 299 del d.lgs. n. 81/2008. A sostegno di tale assunto, la società ricorrente richiama in buona sostanza gli argomenti prospettati dallo stesso TR nel primo motivo del ricorso da lui presentato, ai quali perciò si rinvia.
5.3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al ritenuto rapporto di dipendenza “di fatto” del NG rispetto alla Immobiliare SA: rapporto in realtà dichiarato inesistente dalla stessa Corte fiorentina, Sezione Lavoro. E’ di contro emerso che il NG operava autonomamente quale artigiano, formulando preventivi, non avendo vincoli di orario e avendo anche alcune attrezzature. Non esiste, comunque, alcuno degli elementi sintomatici della subordinazione, indicati dalla giurisprudenza. Quanto poi alla responsabilità, attribuita agli imputati, di avere scelto nel NG un soggetto privo della necessaria competenza per rendersi conto dei problemi di una struttura prefabbricata “anomala”, la società ricorrente sottolinea come tale anomalia fosse rilevabile esclusivamente ex post e come la configurazione portante dei rinforzi (e la conseguente pericolosità dell’operazione di rimozione degli stessi) potesse essere individuata, al momento di rimuovere le parti laterali, solo da un tecnico particolarmente qualificato.
5.4. Con il quarto motivo si denuncia violazione di legge in ordine all’attribuzione delle posizioni di garanzia alla società committente, in presenza di uno sviluppo causale pericoloso non immediatamente percepibile e prevedibile ex ante. Era infatti stato conferito dalla società un incarico, seppur verbale, a un professionista che avrebbe dovuto valutare la natura dell’intervento e la necessità o meno di titoli autorizzativi.
5.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione di legge in ordine alle regole sulla causalità e sull’errore: nessuna norma cautelare è stata nella specie violata dalla società ricorrente, che si era affidata al geom. L. quale tecnico di fiducia; se costui avesse effettuato una valutazione corretta, l’evento non si sarebbe verificato. L’errore cagionato dalla presenza di un’insidia non correttamente valutata dall’esperto cui si era rivolta la società è sufficiente ad escludere la punibilità.
5.6. Con il sesto e ultimo motivo la società ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle sanzioni di cui al d.lgs. n. 231/2001. La ricorrente muove dalla considerazione che la responsabilità amministrativa degli enti presuppone la responsabilità penale dei soggetti apicali (ritenuta insussistente per le ragioni illustrate nei precedenti cinque motivi) e che, nel caso di delitti colposi di evento (come quello configurato nella specie), i concetti di “interesse” e di “vantaggio” di cui all’art. 5 del predetto decreto legislativo vanno riferiti non già all’evento (non voluto, trattandosi di reati colposi), ma alla condotta, e devono pertanto valutarsi ex ante. Tanto osservato, la società ricorrente evidenzia che nella condotta della Immobiliare SA non sussisteva alcuna finalità di interesse o di vantaggio e, segnatamente, non vi era alcun fine di ottenere un risparmio nei costi, atteso che la stessa società, in vista dell’affidamento del lavoro, aveva nominato un tecnico nella persona del geom. L., affinchè questi indicasse la natura e la tipologia dell’intervento anche in relazione alla necessità di ottenere a tal fine un titolo edilizio; il geom. L. però non fu all’altezza del compito, poichè adempì all’incarico in modo carente, qualificando l’intervento come di manutenzione ordinaria e dunque non abbisognevole di autorizzazione: in tal modo egli indusse la società a decidere di affidarne l’esecuzione al NG (soggetto reputato a tal fine idoneo). Tale decisione, insomma, non fu dettata dalla finalità di risparmiare sulle spese (ossia di conseguire un interesse o un vantaggio), ma venne adottata sulla base delle indicazioni tecniche del L..
6. Da ultimo va segnalato che l’INAIL, costituitasi parte civile nei confronti dell’imputato TR, ha depositato in Cancelleria, in data 7 giugno 2019, una memoria, nella quale chiede la conferma integrale della sentenza impugnata deducendo in primo luogo che i ricorsi riproducono pedissequamente i motivi d’appello (e sono pertanto inammissibili); e confutando poi i motivi posti a base del ricorso del TR, soprattutto sul piano dell’asserito difetto di motivazione della sentenza (insussistente secondo l’INAIL), e di quello dell’Immobiliare SA. In relazione a quest’ultimo, oltre alle considerazioni svolte a proposito del ricorso TR, l’INAIL ribadisce che la posizione del NG è stata sostanzialmente equiparata dai giudici di merito a quella di un lavoratore dipendente (viene invece contestata, al riguardo, la decisione della Corte d’appello di Firenze, Sezione Lavoro, che escluse il rapporto di dipendenza del NG dall’Immobiliare SA); e insiste per la configurabilità dell'”interesse” o del “vantaggio” perseguito dalla società, ai fini della responsabilità della stessa, ex art. 5 d.lgs. n. 231/2001. All’odierna udienza, come dianzi accennato, l’INAIL – costituitasi parte civile nei confronti del solo imputato TR e della Immobiliare SA s.p.a. – ha rassegnato conclusioni scritte e depositato nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati. Le principali tematiche affrontate dai ricorrenti possono riassuntivamente inquadrarsi in tre gruppi.
1.1. Al primo gruppo – sicuramente il più ampio – sono riconducibili le lagnanze riferite alle presunte responsabilità (o corresponsabilità) del geom. L. – in relazione all’incarico che gli sarebbe stato conferito – e della ditta B.M. – in relazione agli obblighi di valutazione connessi al compito di installare gli infissi – e, correlativamente, al riparto degli obblighi di garanzia tra i soggetti interessati (v. primi quattro motivi ricorso LF; secondo e terzo motivo ricorso TR; primo, quarto e quinto motivo ricorso Immobiliare SA). All’interno di questo gruppo devono focalizzarsi alcuni peculiari aspetti della vicenda, costituiti dalla presenza di un’insidia nelle modalità di realizzazione e di installazione dell’infisso da sostituire; dalla natura e dal contenuto dell’incarico affidato al geom. L.; dal contenuto dell’appalto conferito alla ditta B.M.; dagli obblighi della società committente e proprietaria del capannone (ossia la Immobiliare SA) in relazione al conferimento di un appalto nell’ambito del quale avrebbero dovuto operare due imprese diverse (contemporaneamente o in successione).
1.2. Nel secondo gruppo possono essere inquadrate le lagnanze che riguardano la posizione del NG quale lavoratore autonomo o come artigiano operante in rapporto di eterodirezione, come tale assimilabile al lavoratore dipendente; nonchè lo sviluppo causale dell’accaduto e la presunta esecuzione, da parte dello stesso NG, di operazioni eccedenti quelle a lui affidate (v. quinto motivo ricorso LF; terzo motivo ricorso Immobiliare SA).
1.3. In un terzo gruppo sono inquadrabili i motivi che concernono la posizione di garanzia attribuita al TR e la presunta estraneità dello stesso alle responsabilità datoriali a lui attribuite (primo motivo ricorso TR; secondo motivo ricorso Immobiliare SA).
1.4. Residua, infine, il sesto e ultimo motivo di ricorso della Immobiliare SA, strettamente legato alle responsabilità amministrative ex d.lgs. n. 231/2001 (e, come tale, strettamente dipendente dall’affermazione di responsabilità dei soggetti apicali).
2. Iniziando dal primo gruppo di motivi di ricorso, giova ripercorrere alcune emergenze probatorie riguardanti gli aspetti dianzi indicati.
In particolare, deve preliminarmente considerarsi che, nelle caratteristiche costruttive dell’infisso da sostituire, vi era effettivamente un’insidia, costituita dalla difficoltà (prossima all’impossibilità) di distinguere l’infisso che doveva essere rimosso dalla parte strutturale che lo sosteneva, costituita – a quanto è dato comprendere – dai montanti laterali che, come appurato a seguito del sinistro, avevano anche funzione portante del pannello prefabbricato soprastante, la cui caduta uccise il NG: di ciò dà atto la stessa sentenza impugnata, sulla scorta delle considerazioni svolte al riguardo dal perito nominato d’ufficio. Ma va sottolineato che la Corte di merito dà conto di un elemento non indifferente nella valutazione delle responsabilità della Immobiliare SA (e, per essa, dei due imputati), costituito dal fatto che la finestratura oggetto dell’intervento era già stata modificata abusivamente alcuni anni prima (o dalla stessa società, che era già proprietaria, o da un locatario, evidentemente con il consenso della società); da ciò la Corte distrettuale ricava – in termini del tutto logici e, come tali, non sindacabili in questa sede – il convincimento che la Immobiliare SA non fosse affatto all’oscuro delle particolari modalità costruttive dell’infisso metallico (pag. 11 sentenza impugnata).
E’ poi vero che, in vista dell’operazione di sostituzione, vi era stato un sopralluogo, al quale avevano partecipato, fra gli altri, un rappresentante della ditta B.M. (incaricata di installare il nuovo infisso, che la stessa ditta avrebbe dovuto realizzare in PVC), il geom. L. e il TR, su delega del LF, per la Immobiliare SA. Tale sopralluogo aveva all’evidenza una funzione di verifica preliminare in vista dell’esecuzione dell’intervento, evidentemente di portata non trascurabile.
Quanto alla ditta B.M., la stessa presenziava perchè doveva necessariamente verificare le caratteristiche dell’infisso che la stessa ditta avrebbe dovuto realizzare e installare, dopo la rimozione di quello preesistente (rimozione che, secondo quanto emerso in dibattimento, sarebbe stata affidata al NG: v. pag. 9 sentenza impugnata). Ma è pur vero che la peculiarità costruttiva delle strutture portanti dell’infisso non era conoscibile da parte della ditta B.M., cui non può imputarsi alcuna responsabilità, atteso che era suo compito esclusivamente quello di realizzare un infisso in PVC che doveva occupare l’intero vano lasciato libero dal vecchio infisso metallico (compresi i montanti laterali: v. pag. 9 sentenza); con la conseguenza che non aveva alcun rilievo per la stessa ditta essere a conoscenza delle peculiari caratteristiche costruttive della finestratura e del fatto che essa formasse un tutt’uno con i montanti laterali.
La presenza del geom. L., invece, è stata da lui giustificata, in sede di deposizione testimoniale, con il fatto che il suo incarico sarebbe stato esclusivamente quello di verificare se la sostituzione degli infissi rendesse necessario un titolo edilizio: verifica che, a quanto risulta, egli eseguì senza incarico formale – certamente non necessario, non essendo richiesta per il conferimento dell’incarico de quo alcuna particolare formalità -. Quest’ultimo elemento, lungi dal poter condurre a non ritenere comprovata la sussistenza del rapporto di consulenza, ha tuttavia conseguenze non irrilevanti: ci si riferisce non tanto all’assenza di un riferimento documentale certo circa il contenuto dell’incarico, ma soprattutto al fatto – debitamente evidenziato dalla Corte di merito – che al geom. L. non fu richiesto alcun elaborato finalizzato alle valutazioni strutturali del caso: valutazioni che invece sarebbero state certamente necessarie ai fini del corretto espletamento dell’incarico di consulenza riguardante la specifica, complessa tipologia di intervento da eseguire.
A prescindere da ciò, il L. (per quanto dallo stesso riferito) ritenne che non vi fosse necessità di alcun titolo edilizio; che si trattasse di un intervento di manutenzione ordinaria; che non gli fosse stata richiesta alcuna specifica valutazione delle problematiche strutturali. Ora, può certamente affermarsi che fu inadeguato il parere fornito dal geom. L., atteso che – come riconosciuto anche dai ricorrenti – si trattava in realtà di un’operazione di manutenzione straordinaria, per la quale erano necessari l’autorizzazione comunale e il deposito del progetto presso l’Ufficio del Genio Civile (e in base alla quale la società sarebbe stata tenuta al rispetto di quanto stabilito dagli artt. 150 e 151, d.lgs. n. 81/2008 in tema di lavori di demolizione); ma, come si è detto, rimane il fatto che la società proprietaria – e, per essa, i suoi vertici – era in realtà già a conoscenza delle peculiarità costruttive dell’infisso in occasione delle pregresse modifiche abusive della finestratura.
Assume poi rilievo decisivo il fatto che la Immobiliare SA si sia resa inadempiente con riguardo soprattutto alla mancata valutazione dei rischi legati ai lavori edili da effettuare e alla mancata redazione del piano operativo di sicurezza nell’ambito di cantiere temporaneo o mobile (artt. 89, lettera H, e 96, comma 1, d.lgs. cit., oggetto di specifica contestazione). Queste omissioni, come giustamente è stato evidenziato dalla Corte di merito, hanno avuto un chiaro rilievo nell’eziologia dell’evento, atteso che esso si è prodotto proprio in dipendenza della mancata valutazione dei peculiari rischi che l’operazione di rimozione e sostituzione dell’infisso comportava. Nella specie, non si concretizzò un rischio interferenziale, ma un rischio di portata generale, riconducibile alla particolare struttura sulla quale doveva essere eseguito l’intervento; in relazione a ciò, deve ritenersi che la violazione delle disposizioni sopra richiamate, riferibili al generale dovere di valutazione dei rischi da parte del committente, si ponga in rapporto di determinazione causale dell’evento. Sotto tale profilo, invero, la Corte di merito chiarisce che l’insidia presente nella struttura prefabbricata sarebbe sicuramente emersa qualora fosse stata eseguita una verifica strutturale da un professionista competente (pag. 12 sentenza impugnata), verifica che in realtà non è stata richiesta, come dimostrato dal fatto che il geom. L. non fece elaborati scritti a tal fine (pag. 10 sentenza impugnata). E’ di tutta evidenza, insomma, che la mancata individuazione dell’insidia presente nella struttura (ed in specie della funzione portante dei montanti laterali) è all’origine del tragico infortunio.
In conclusione, non può in alcun modo ritenersi che la condotta del geom. L. (oltrerchè della ditta B.M.) abbia comportato un esonero di responsabilità per gli odierni imputati: i quali, per converso, hanno certamente violato specifici doveri di valutazione dei rischi che l’intervento comportava; e tali violazioni hanno avuto un rilievo determinante sul verificarsi dell’incidente.
3. Quanto al secondo gruppo di motivi, si premette che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la definizione di “lavoratore”, di cui all’art. 2, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 81 del 2008, fa leva sullo svolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ed è definizione più ampia di quelle previste dalla normativa pregressa, che si riferivano invece al “lavoratore subordinato” (art. 3, d.P.R. n. 547 del 1955) e alla “persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro” (art. 2, comma primo, lett. a, D.Lgs. n. 626 del 1994); ne consegue che, ai fini dell’applicazione delle norme incriminatrici previste nel decreto citato, rileva l’oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell’impresa (anche eventualmente a titolo di favore) nel luogo deputato e su richiesta dell’imprenditore, a prescindere dal fatto che il “lavoratore” possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo (Sez. 3, Sentenza n. 18396 del 15/03/2017, Cojocaru, Rv. 269637; conforme Sez. 4, Sentenza n. 12348 del 29/01/2008, Giorgi, Rv. 239251).
Venendo al caso di specie, il riferimento a tale nozione “ampia” rende di per sè irrilevante il riferimento, fatto dai ricorrenti, a una decisione della Corte d’appello di Firenze – Sezione Lavoro – che avrebbe escluso la sussistenza di un rapporto di dipendenza tra il NG e l’Immobiliare SA. A fronte di ciò, è ampio il percorso argomentativo con il quale la Corte di merito – sulla scorta degli elementi acquisiti nel dibattimento di primo grado – chiarisce le ragioni per le quali il NG, sebbene formalmente non fosse in rapporto di dipendenza organica dalla suddetta società, era sostanzialmente assimilabile a un lavoratore dipendente, mentre la sua qualità di artigiano e lavoratore autonomo celava, in realtà, un rapporto di subordinazione di fatto all’Immobiliare: egli, operando prevalentemente per la predetta società, era un semplice muratore, privo di iscrizione alla Camera di Commercio, non aveva il DURC e nei lavori edilizi fatturava esclusivamente i costi della manodopera; del resto le fatture da lui emesse riportavano la ragione sociale di una ditta di stireria. Inoltre era privo di adeguate attrezzature.
Quanto poi alla tesi secondo la quale la condotta del NG si porrebbe come abnorme, e dunque interruttiva del nesso causale, perchè l’infortunio dipese dal fatto che egli stava eseguendo un’operazione esulante dai compiti a lui assegnati – ossia quella di recidere i montanti -, la stessa si rivela infondata alla luce del principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 – dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 – dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247); ed è di tutta evidenza che nell’ambito di tale sfera di rischio rientrava tutto ciò che era necessario o connesso alla rimozione dell’infisso, affidata al NG.
4. Quanto al terzo gruppo di motivi, riguardanti la posizione del TR, non coglie nel segno la prospettazione dei ricorrenti laddove essa nega che il TR rivestisse una funzione apicale nella società; che agisse alla stregua di un datore di lavoro per il NG; e che quindi ricoprisse una posizione di garanzia.
La funzione apicale del TR, e il fatto che egli disponesse dei correlativi poteri, sono illustrate alle pagine 15 e 16 della sentenza impugnata. Se ne ricava, sulla base delle prove raccolte, che il TR e il LF decidevano analoghe tipologie di lavori indipendentemente dal fatto che il TR, a differenza del LF, non avesse un incarico formalmente di vertice all’interno della società: si parla infatti di una sostanziale fungibilità fra le due posizioni; ma in particolare, con specifico riguardo alla sostituzione degli infissi, risulta che fu proprio il TR a occuparsene in prima persona, e non solo perchè delegato dal LF ad eseguire il sopralluogo preliminare, ma anche perchè fu lui a scegliere chi dovesse eseguire il lavoro e con quali modalità.
Circa la qualifica di datore di lavoro “di fatto” attribuita al TR, e contestata dai ricorrenti, non rileva – per quanto si è detto in precedenza – il fatto che la Sezione Lavoro della Corte fiorentina abbia escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato che vincolasse il NG all’Immobiliare SA. E’ infatti pacifico in giurisprudenza che assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez. 4, Sentenza n. 50037 del 10/10/2017, Buzzegoli e altri, Rv. 271327).
5. Resta da dire del sesto motivo di ricorso della Immobiliare SA, riguardante la sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle sanzioni di cui al d.lgs. n. 231/2001.
Anche questo motivo è infondato.
Posto, infatti, che – per le ragioni fin qui esaminate – è nella specie configurabile il presupposto costituito dalla responsabilità penale dei soggetti apicali per il reato loro contestato, deve ritenersi che gli stessi abbiano posto in essere la condotta contestata – ed in specie abbiano violato i doveri di valutazione dei rischi che l’intervento comportava – in vista del conseguimento di un interesse o di un vantaggio per la società ricorrente.
E’ noto che, secondo la giurisprudenza in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall’interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all’evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l’autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma dì risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso (cfr. Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261115; Sez. 4, Sentenza n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda S.c.a., Rv. 274320).
Nella specie, come si è visto, vi fu certamente la violazione dei doveri di valutazione dei rischi da parte degli imputati: i quali, pur essendo nelle condizioni di conoscere le peculiarità della finestratura già in precedenza abusivamente modificata, consultarono informalmente il geom. L. (al quale non chiesero neppure l’effettuazione di una valutazione strutturale) e, sulla base del suo parere verbale, omisero di richiedere l’autorizzazione al Comune, di depositare il progetto dell’intervento al Genio Civile, di attivare le cautele e i rinforzi previsti dagli artt. 150 e 151 d.lgs. n. 81/2008 ; e si rivolsero a un singolo muratore (il NG) per l’esecuzione – da solo, senza le necessarie informazioni e in mancanza delle necessarie cautele – di un’operazione di smontaggio di un infisso di grandi dimensioni, i cui montanti per di più sostenevano un pannello prefabbricato del peso di una tonnellata e mezza.
E di tutta evidenza che, ponendo in essere le predette condotte oggetto di contestazione, i due imputati procurarono, quanto meno oggettivamente, un vantaggio economico alla società, in termini di risparmio di spesa, rispetto a ciò che sarebbe costata l’esecuzione dei lavori a norma.
Non ha pregio, pertanto, l’argomento della società ricorrente secondo il quale non vi era alcun fine di risparmio da parte del TR e del LF: in primo luogo perchè, come si è visto, è sufficiente ad integrare la responsabilità ex art. 5, d.lgs. 231/2001 anche l’imputazione oggettiva rappresentata dal vantaggio ottenuto in seguito alla violazione di norme prevenzionistiche; in secondo luogo perchè non può essere esclusa la finalità di risparmio solo perchè i due imputati si erano rivolti a un tecnico (il geom. L.), atteso che a costui non era stata richiesta alcuna valutazione strutturale, come invece sarebbe stato doveroso (valutazione che, come si è detto, avrebbe avuto verosimilmente effetti salvifici se correttamente eseguita).
6. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. L’imputato TR e la società Immobiliare SA vanno altresì condannati alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’INAIL, costituitosi parte civile; pese che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna TR Roberto e Immobiliare SA s.p.a. alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile INAIL, che liquida in euro 2.500,00, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA.
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