Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 39747 depositata il 27 settembre 2019
Lavoro – Sicurezza sul lavoro – Rapporto di lavoro – Infortunio sul lavoro – Responsabilità del datore di lavoro – Infortunio mortale – Lavoratore investito da un muletto nel cortile del mercato ortofrutticolo – Mancanza di formazione
FATTO
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza indicata in epigrafe, per quanto rileva in questa sede, confermava l’affermazione di responsabilità nei confronti di A.G., già pronunciata dal Tribunale di Cosenza con sentenza del 19.07.0216, in riferimento al delitto di omicidio colposo in danno del lavoratore M.A.. Al prevenuto, nella sua qualità di datore di lavoro, si addebita di aver cagionato la morte del M.A., il quale, transitando a piedi nel cortile del mercato ortofrutticolo, veniva investito dal muletto condotto da altro dipendente, L.M., che aveva la visuale impedita dal carico di frutta posizionato sulla forca del carrello. La Corte di Appello rilevava che M.A. aveva omesso di formare ed istruire il dipendente L.M. in relazione all’attività di conducente e manovratore del carrello. Il Collegio rilevava che al momento del sinistro neppure era funzionante il girofaro.
2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione A.G., a mezzo del difensore.
Con il primo motivo la parte deduce il vizio motivazionale per travisamento della prova.
L’esponente osserva che la Corte territoriale ha escluso che la presenza della persona offesa nel luogo teatro del sinistro fosse un evento del tutto imprevedibile ed eccezionale. Al riguardo, osserva che dall’istruttoria è emerso che l’incidente si era verificato in giorno festivo, in una zona dove è inibito il transito pedonale e che il corpo della vittima si trovava nella corsia destinata alla movimentazione delle merci.
A sostegno dell’assunto il ricorrente si sofferma sul contenuto delle prove acquisite in giudizio e rileva che il carattere eccezionale ed abnorme della condotta della vittima è idoneo a far venir meno il nesso causale tra la condotta dell’agente e l’evento mortale.
Con il secondo motivo la parte denuncia il vizio motivazionale, laddove la Corte di Appello ha escluso che la presenza del pedone nella zona destinata esclusivamente alla movimentazione delle merci, costituisse un evento eccezionale. Osserva che la condotta di guida del muletto è comunque riferibile all’autista e non al datore di lavoro.
DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Procedendo all’esame congiunto dei motivi di ricorso, affidati a comuni censure discendenti dalla eccezionalità del comportamento della stessa persona offesa, occorre soffermarsi sul tema della abnormità della condotta posta in essere dal lavoratore infortunato.
Giova sinteticamente richiamare l’elaborazione giurisprudenziale sul tema della abnormità della condotta del lavoratore.
Come noto, la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Segnatamente, si è chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Sez. 4, n. 3580 del 14/12/1999, dep. 2000, B., Rv. 215686). E la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007, M., Rv. 236109).
Orbene, la Corte di Appello ha chiarito: che la presenza del M.A. sulla corsia normalmente destinata allo spostamento delle merci non rappresentava un evento del tutto imprevedibile od eccezionale, trattandosi di luogo frequentato da molte persone e considerato il fatto che la zona riservata ai pedoni era comunque attigua a quella adibita allo spostamento delle merci, oltre che delimitata unicamente da segnaletica orizzontale; e che la condotta di guida del conducente del muletto si caratterizzava, di converso, per l’elevato grado di imprudenza. Oltre a ciò, il Collegio ha precisato che la difesa dell’imputato M.A. neppure aveva contestato l’intervenuta violazione degli obblighi di formazione del personale.
Come si vede, il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale si colloca del tutto coerentemente nell’alveo del richiamato insegnamento giurisprudenziale; i giudici hanno infatti considerato che la presenza del pedone non poteva qualificarsi come eccezionale; ed il ricorrente, piuttosto che attaccare criticamente il ragionamento probatorio sviluppato dalla Corte di Appello, invoca una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio, in sede di legittimità, in aderenza alla tesi difensiva, volta a qualificare come sostanzialmente abnorme il comportamento del lavoratore deceduto.
È poi appena il caso di rilevare che ogni doglianza riguardante l’osservanza degli obblighi informativi da parte dell’M.A., oggi pure affidata al ricorso, risulta inammissibile, in quanto non precedentemente dedotta.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma in favore della Cassa delle Ammende indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.