CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 40067 depositata l’ 8 novembre 2021
Reati tributari – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte – Atti formalmente leciti connotati da elementi di inganno o di artificio – Vendita di immobili e beni mobili registrati a prezzi irrisori – Trasferimento della residenza in Grecia
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 4.5.2021 il Tribunale di Verona, adito in sede di riesame ha confermato il sequestro preventivo di mobili ed immobili nella disponibilità di F.O. e G.B., indagati per il reato di cui all’art. 11 d. lgs. 74/2000 per aver sottratto alla garanzia dell’Erario, creditore di imposte sui redditi e sul valore aggiunto per un importo di circa € 570.000 i propri beni mediante alienazioni simulate o atti fraudolenti.
2. Avverso il suddetto provvedimento gli indagati hanno congiuntamente proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo deducono, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, che il decremento patrimoniale conseguente alle operazioni contestate non poteva ritenersi sussistente atteso che alla cessione dei propri beni da parte degli indagati, che non avevano su di essi mantenuto alcun potere dispositivo occulto o schermato, era corrisposto l’ingresso nel rispettivo patrimonio del corrispondente valore in danaro il quale, quantunque possa rendere più labile l’attuazione della pretesa creditoria dell’Erario, non ne scalfisce la garanzia di cui all’art. 2932 cod. civ. che resta immutata ove non sopravvenga l’occultamento o la dispersione dell’acquisita liquidità. Contestano pertanto la configurabilità del fumus del reato in contestazione evidenziando, con riferimento alle operazioni analizzate dai giudici della cautela, come alla cessione da parte dell’O. della quota del 50% della sua proprietà di un immobile avesse fatto seguito l’acquisto, tramite il prezzo corrispostogli, di un catamarano destinato allo svolgimento della sua attività lavorativa di skipper, così come la mancanza del corrispettivo conseguente alla cessione della propria quota di proprietà di un altro immobile alla B. dipendesse dal fatto che costei ne fosse sin dal suo acquisto la titolare esclusiva a dispetto della formale cointestazione, legata soltanto ad agevolazioni fiscali, deduzioni queste che rendono evidente l’insussistenza di finalità fraudolente o simulatorie.
2.2. Con il secondo motivo contestano che il profitto confiscabile coincida con l’importo delle imposte non pagate, sostenendo che corrisponda invece, come affermato da questa Corte con sentenza n.13233 del 2016, al valore dei beni idonei a garantire le pretese del creditore che attraverso le operazioni simulate o fraudolente siano stati sottratti alla sua garanzia patrimoniale, nella fattispecie non superiore alla somma complessiva di € 130.000, così come dettagliatamente spiegato nell’atto di riesame.
2.3. Con il terzo motivo lamentano l’erroneità e la carenza della motivazione resa dal Tribunale del riesame in ordine all’impossibilità di escussione di beni mobili registrati all’estero. Nel contestare l’interpretazione avallata da parte della giurisprudenza secondo la quale integrano il reato ex art. 11 d. lgs. 74/2000 tutte quelle condotte idonee a vanificare con giudizio ex ante in tutto o in parte o comunque a rendere più disagevole la procedura esecutiva esperibile dal creditore, contestano la discriminazione della rimproverabilità della condotta del debitore ad essa sottesa a seconda della difficoltà degli ostacoli da costui frapposti al buon esito della riscossione, evidenziando che in tutti i casi in cui non vi sia adempimento spontaneo da parte del contribuente all’adempimento dell’obbligazione tributaria l’amministrazione sia comunque tenuta a far ricorso a procedure coattive per l’esazione del credito.
Contestano pertanto che l’Agenzia delle Entrate non sia in grado di recuperare nell’ambito europeo, caratterizzato da una sempre crescente cooperazione fra Stati nelle operazioni di riscossione, le imposte evase, stante la possibilità concretamente percorribile di effettuare ricerche ed attivare indagini patrimoniali tramite la Guardia di Finanza, tenuto peraltro conto che l’O. è stato obbligato, al fine di ottenere le necessarie autorizzazioni, e dunque non per finalità di evasione, a trasferire la propria residenza in Grecia dove ha avviato un’attività di noleggio di imbarcazioni per turisti.
2.4. Con il quarto motivo contestano, in relazione al vizio di violazione di legge, il concorso della B. nelle operazioni volte a disperdere le tracce del patrimonio dell’O. per mancanza degli elementi integranti il dolo. Evidenziano al riguardo come costei fosse l’effettiva titolare esclusiva dell’immobile di via D.B. come comprovato dalla procura a vendere rilasciatale dall’O. al momento dell’acquisto del bene formalmente intestato ad entrambi e che avesse corrisposto al coindagato quasi integralmente il prezzo per l’acquisto della Porsche, da quest’ultimo effettivamente alienatale.
Considerato in diritto
1. Il primo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro intrinsecamente connessi, devono ritenersi inammissibili.
Il preteso vizio di violazione di legge risulta manifestamente infondato sol che si consideri che le censure che i ricorrenti rivolgono alla sussistenza del fumus del reato si attagliano alla configurabilità di alienazioni simulate e non certamente a quella di atti fraudolenti nella cui species sono state, invece, inequivocabilmente ricondotte dai giudici del riesame la maggior parte delle cessioni di beni effettuate dall’O. quanto dalla B.
Nella puntuale declinazione dell’orientamento giurisprudenziale da ritenersi ormai consolidato che identifica gli atti fraudolenti in tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, per essere in essi ravvisabile uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’Erario o a renderne più difficoltosa la procedura di riscossione coattiva (Sez. 3, n. 35983 del 17/09/2020 – dep. 16/12/2020, Colanzi, Rv. 280372; Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Rv. 252996), il Tribunale scaligero ha evidenziato come i proventi derivati dalle vendite degli immobili o dei mobili registrati fossero stati, ove confluiti nel patrimonio dell’O., o alienati ad un prezzo irrisorio (come accaduto per le quote sociali della s.r.l. L.D. di GB, peraltro trasferite alla convivente), o pressocchè integralmente dispersi (come accaduto per la vendita dalla vendita dell’immobile sito in Verona in via L.), o devoluti all’acquisto di un catamarano portato in Grecia ove l’indagato aveva contestualmente trasferito la propria residenza (come avvenuto per la vendita dell’immobile di Vigasio e della Porsche, il cui prezzo risulta essere stato versato solo nella misura di 1/3 rispetto al corrispettivo dichiarato).
In relazione a quest’ultimo, del tutto fattuali e comunque assertive risultano le disquisizioni difensive sull’assoggettabilità a procedura esecutiva del bene in forza di procedure internazionali a fronte della circostanza, sottolineata dall’ordinanza impugnata, che l’indagato, al di là del deprezzamento pressocchè automatico che consegue all’acquisto di imbarcazioni, non sia più soggetto ad obblighi fiscali in Italia, di per sé integrante le ben più ampie difficoltà, a cominciare da quella necessaria a rintracciare il natante, nella riscossione coattiva del credito, di per sé configurante la natura fraudolenta delle sottostanti operazioni commerciali, neppure oggetto di alcuna specifica contestazione.
E’, invero, di per sé significativa la rassegna soltanto parziale che la difesa effettua in relazione ai contratti conclusi dalle parti aventi ad oggetto la dismissione di beni dal proprio patrimonio al cospetto della ben più ampia elencazione contenuta nel provvedimento avversato, non essendo stati menzionati nel ricorso null’altro che i trasferimenti di proprietà della Porsche e dell’immobile di via D.B., quest’ultimo in comproprietà con la convivente, per i quali vengono svolte, nel vano tentativo di neutralizzare il dato, pacificamente emerso, relativo all’incameramento da parte dell’O. di somme di gran lunga inferiori al prezzo dichiarato, censure afferenti al merito e come tali non deducibili nella presente sede di legittimità.
2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si censura il vizio assoluto di motivazione della sentenza impugnata, è inammissibile per difetto di specificità. I ricorrenti contestano l’ammontare del profitto confiscabile non soltanto argomentando in ordine ai criteri applicabili alla sua quantificazione, ma altresì assumendo che il valore dei beni appresi sia di molto inferiore a quello indicato nel decreto di sequestro, senza tuttavia nulla chiarire sui calcoli effettuati per addivenire alla loro complessiva quantificazione, ma rinviando sul punto esclusivamente all’atto di riesame. Siffatta formulazione sconta la violazione del principio di autosufficienza: il ricorso in sede di legittimità deve contenere la precisa prospettazione delle questioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre alla verifica, curandone l’integrale trascrizione o quanto meno riproducendone in modo sommario il contenuto (Sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013 – dep. 25/02/2014, Mirra, Rv. 258962), risultando altrimenti preclusa a questa Corte la possibilità di esercitare il sindacato cui viene sollecitata soltanto in astratto sul valore effettivo del profitto confiscabile, non essendo individuabili a monte le questioni che si assumono irrisolte.
3. Il quarto motivo è anch’esso aspecifico.
La difesa, che si limita a svolgere obiezioni di natura soltanto fattuale sul dolo della B., non si confronta con la puntuale motivazione spesa sul punto dall’ordinanza impugnata che ricostruisce dettagliatamente la finalità fraudolenta da costei perseguita attraverso la fitta rete di operazioni di acquisto, come avvenuto per l’autovettura e per le quote societarie, e cessioni, con riferimento agli immobili, ivi compreso quello in comproprietà con il coindagato di cui ha trattenuto quasi integralmente la quota destinata a quest’ultimo, circostanza questa ampiamente sufficiente ad integrare il fumus del reato ex art. 11 d. lgs. 74/2000, nella consapevolezza di essere destinataria di avvisi di accertamento di importo certamente irrisorio se confrontati con il debito a carico dell’O..
5. I ricorsi devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili, seguendo a tale esito l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in difetto di elementi per ritenere che la presente impugnativa sia stata proposta senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
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