CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 40324 depositata il 9 novembre 2021

Reati tributari – Indebita compensazione ex art. 10-quater del D.Lgs. n. 74 del 2000 – Responsabilità – Componente del Collegio sindacale che esprime parere favorevole all’acquisto di un credito inesistente – Condanna – Legittimità

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa in data 27 novembre 2020, e depositata in data 17 dicembre 2020, il Tribunale di P., riqualificando l’istanza di riesame come appello, ha confermato il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di P. ha applicato, per quanto di interesse in questa sede, le misure dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche e imprese o professioni per la durata di un anno nei confronti di G. T..

Secondo il Tribunale, G. T. deve ritenersi gravemente indiziato dei reati di indebita compensazione ex art 10-quater dlgs. n. 74 del 2000 e di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza ex art 2638, primo e secondo comma, cod. civ. In dettaglio, G., nella qualità di presidente del collegio sindacale della “U.S. Città di P. s.p.a.”, in data 19 giugno 2019, avrebbe espresso parere favorevole all’adozione della delibera di acquisto di ramo di azienda dalla “G. I. s.r.l.”, del quale faceva parte un credito IVA inesistente per un valore di 5.826.040,00 euro, delibera poi approvata, e seguita dall’utilizzazione di tale credito a fini di compensazione IRPEF e IRPEG mediante più versamenti effettuati tra il 20 ed il 25 giugno 2019, per un importo complessivo pari a 1.395.129,31 euro. G., inoltre, nella medesima qualità, e in concorso con il presidente del consiglio di amministrazione e l’amministratore di fatto della “U.S. Città di P. s.p.a.”, mediante dichiarazioni del 24 giugno e del 3 luglio 2019 anche da lui sottoscritte, avrebbe esposto alla Commissione di Vigilanza sulle società di calcio professionistiche (Co.Vi.So.C.), al fine di ostacolarne l’esercizio delle funzioni di vigilanza, fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica e patrimoniale della società, attestando la regolarità dei versamenti fiscali e previdenziali e dei pagamenti a tesserati, lavoratori e collaboratori, nonché il ripianamento della carenza finanziaria e l’adempimento di vari debiti.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe T. G., con atto sottoscritto dall’avvocato A.P., articolando due motivi.

2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla mera apparenza di motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.

Si deduce che l’affermazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, estraneo ai precedenti procedimenti penali a carico della “U.S. Città di P. s.p.a.”, si basa sull’erroneo presupposto della evidenza ictu oculi dell’inesistenza del credito rientrante nel patrimonio del ramo di azienda dalla “G.I. s.r.l.”, acquistato dalla “U.S. Città di P. s.p.a.”: i rilievi del Co.Vi.So.C., e dell’ispettore nominato dal Tribunale di P. ex art. 2409 cod. civ., valorizzati dai giudici di merito, sono stati effettuati solo dopo che l’Amministrazione finanziaria aveva contestato il credito fiscale. Si osserva, poi, che  il contributo concorsuale non può essere affermato sulla base dell’espressione del parere quale presidente del collegio sindacale, in quanto detto parere non è vincolante per l’acquisto di ramo di azienda, e non si spiega perché la contestazione è stata effettuata al solo ricorrente e non anche agli altri due componenti del collegio sindacale, al notaio rogante l’atto ed al professionista che ha redatto ex art. 2465 cod. civ. la perizia di stima del compendio aziendale oggetto di compravendita. Si segnala, ancora, che il collegio sindacale presieduto dal ricorrente aveva deliberato l’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori ex art. 2409 cod. civ., che un eventuale dissenso all’acquisto del ramo di azienda non avrebbe potuto produrre effetti pratici, che non sono emersi elementi concreti di assoggettamento o di dolosa cooperazione del ricorrente con l’ispiratore delle operazioni illecite, S. T., o con la dottoressa D.A. ed il dottor A., i quali hanno predisposto i pagamenti “apparenti” per indurre in errore il Co.Vi.So.C. ed il collegio sindacale, decisivi per la configurabilità dei reati di cui all’art. 2638, primo e secondo comma, cod. civ. Si aggiunge, ancora, che: -) la dimostrazione dello scrupolo del ricorrente prima di assumere le proprie determinazioni, è fornita anche da una lettera del 23 giugno 2019 a sua firma, presente in atti, siccome alla stessa è risultata allegata una relazione sottoscritta dal commercialista dott. M.C., concernente la “legittima compensazione di credito IVA – operazione cessione di ramo di azienda “G.I. s.r.I./Unione sportiva Città di P. s.p.a.”; -) l’ordinanza genetica, a pag. 49, riconosce che la falsa documentazione afferente al credito è stata prima formata da T. e D.A. e solo dopo di ciò sottoposta all’attenzione degli organismi di controllo e quindi del collegio sindacale; -) in nessuna parte dell’ordinanza si attribuisce al ricorrente una partecipazione alle attività di falsificazione dirette ad indurre in errore il Co.Vi.So.C. ed il collegio sindacale, e, quindi, per integrare i reati di cui all’art. 2638, primo e secondo comma, cod. civ., sicché deve concludersi che lo stesso è stato indotto in errore.

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.

Si deduce che l’ordinanza impugnata non contiene alcun riferimento al dolo del ricorrente, né alle specifiche esigenze di prevenzione da fronteggiare mediante le misure cautelari applicate. Si aggiunge che, a tal fine, occorre anche considerare che il ricorrente è decaduto da ogni carica societaria per il fallimento della “U.S. Città di P. s.p.a.” e che i coindagati T. sono stati sottoposti a misure cautelari personali.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.

2. Infondate sono le censure formulate nel primo motivo, le quali contestano la mera apparenza della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del ricorrente per i reati di cui agli artt. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000  e 2638 cod. civ., deducendo che l’ordinanza impugnata:

-) non ha evidenziato elementi dai quali desumere la consapevolezza del medesimo dell’inesistenza del credito e della falsità delle comunicazioni trasmesse alle autorità di vigilanza;

-) ha omesso di valutare elementi significativi a favore dell’opposta soluzione;

-) ha valorizzato, in ordine al reato di indebita compensazione, la condotta costituita dall’espressione di un parere favorevole quale presidente del collegio sindacale, senza considerare la pratica ininfluenza dell’atto ad impedire la commissione del reato, nonché la condivisione dello stesso da parte degli altri due componenti del Collegio, del notaio rogante l’acquisto del ramo di azienda e dell’esperto incaricato della stima di tale bene.

3. Per ragioni di ordine logico, va esaminata innanzitutto la questione della configurabilità del reato di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 con riferimento alla condotta di un componente del Collegio sindacale di una società che esprime un parere favorevole all’acquisto di un credito inesistente.

La condotta appena indicata, in effetti, è diversa da quella tipizzata dall’art. 10-quater digs. n. 74 del 2000

La stessa, però, può assumere rilievo a norma dell’art. 110 cod. pen., quale partecipazione a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione. Innanzitutto, non risultano ostacoli normativi o fattuali alla configurabilità del concorso nel reato, in ordine alla fattispecie di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, e, anzi, nella casistica giurisprudenziale, il concorso nel reato di indebita compensazione è stato espressamente ammesso con riguardo a condotte realizzate dal consulente fiscale (cfr. Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01).

Inoltre, secondo i principi generali, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato ex art. 110 cod. pen., rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell’autore c.d. principale.

Invero, come costantemente osservato anche dalle Sezioni Unite, nella formula dell’art. 110 cod. pen. sono ricevute e riunite tutte le diverse forme ed i diversi gradi della partecipazione criminosa, indipendentemente dall’importanza di quest’ultima nella determinazione dell’evento; in particolare, vi è compresa la partecipazione morale nelle sue varie forme del mandato, dell’incitamento e del rafforzamento della volontà, e della agevolazione in genere (così Sez. U, n. 13 del 1955, Abdullani Moha, Rv. 097518-01; per analoghe affermazioni ed applicazioni, più di recente, Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101-01, e Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253151-01).

Ancora, il collegio sindacale di una società, e i singoli componenti di esso, secondo quanto si evince dalle disposizioni contenute nel codice civile, sono in condizione di “confortare” le scelte degli organi sociali o, al contrario, di attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime. Ed infatti, il collegio sindacale, a norma dell’art. 2403 cod. civ., ha il dovere di vigilare, tra l’altro, «sul rispetto dei principi di corretta amministrazione». I sindaci, poi, a norma dell’art. 2407 cod. civ. «sono responsabili della verità delle loro attestazioni» e «sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica»; questa responsabilità, per il richiamo effettuato dall’art. 2407, terzo comma, cod. civ., agli artt. 2394, 2394-bis e 2395 cod. civ., opera anche nei confronti dei creditori e dei terzi comunque danneggiati. I sindaci, per di più, sono titolari di specifici poteri e facoltà per influire sulla corretta gestione della società,  perché, tra l’altro, possono:

-) convocare l’assemblea per segnalare irregolarità di gestione, a norma dell’art. 2406 cod. civ.;

-) far ricorso al tribunale per la riduzione del capitale sociale per perdite, a norma degli artt. 2446 e 2447 cod. civ.;

-) impugnare le delibere sociali ritenute illegittime, a norma degli artt. 2377 e 2388 cod. civ.;

-) chiedere al tribunale la nomina dei liquidatori ex art. 2487 cod. civ.;

-) presentare denuncia al tribunale nei confronti degli amministratori a norma dell’art. 2409 cod. civ.

Sembra quindi ragionevole concludere che il sindaco di una società il quale esprime parere favorevole all’acquisto di un credito fiscale inesistente, o di un compendio aziendale contenente un credito fiscale inesistente, pone in essere una condotta causalmente rilevante, quanto meno in termini agevolativi, e di rafforzamento del proposito criminoso, rispetto alla realizzazione del reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 commesso mediante l’utilizzo dell’indicato credito fittizio.

Ovviamente, perché possa sussistere la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato appena indicato, occorre anche la sua colpevolezza, e, quindi, è necessario accertare che il medesimo soggetto abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell’inesistenza del credito fiscale, sia della strumentalità dell’acquisto di tale credito al successivo utilizzo a fini di compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

4. Precisata la rilevanza, quale forma di contributo concorsuale ex art. 110 cod. pen., dell’espressione del parere favorevole all’acquisto di un compendio aziendale contenente un credito inesistente, nella consapevolezza dell’inesistenza di  questo e della strumentalità dell’acquisito all’effettuazione di compensazioni a norma dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, occorre esaminare le censure concernenti l’affermazione della sussistenza di tale consapevolezza da parte dell’odierno ricorrente.

4.1. Il Tribunale, per evidenziare la consapevolezza dell’odierno ricorrente della inesistenza del credito acquisito dalla “U.S. Città di P. s.p.a.”, della quale era presidente del collegio sindacale, e ceduto dalla “S.N. s.r.l.”, nel momento in cui ha espresso parere favorevole, in data 19 giugno 2019, nonché della destinazione di tale credito fittizio a compensazioni ex art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, indica una pluralità di elementi.

In particolare, con riferimento all’atto di acquisito del credito, si rappresenta che: -) mancava qualunque documentazione in ordine alla composizione del ramo di azienda della «G.I. s.r.l.», nel quale era compreso il credito IVA fittizio avente il valore nominale di 5.826.040,00 euro, nonostante l’importanza della transazione, e, anzi, nell’atto di vendita del bene si faceva menzione esclusivamente di attrezzature esistenti e di un «separato elenco», però non allegato; -) nell’atto di vendita, la “U.S. Città di P. s.p.a.” ha dichiarato di essere edotta dell’insussistenza di oneri fiscali nonché di aver effettuato le opportune verifiche ed ha esonerato espressamente la parte cedente dal certificato attestante l’insussistenza di sanzioni e violazioni di carattere fiscale, così rinunciando ad un documento che avrebbe immediatamente evidenziato qual era la reale situazione fiscale della cedente; -) il prezzo di vendita, pari alla somma di 2.900.000,00 euro, è di molto inferiore al valore anche del solo credito fiscale, è indicato nell’atto come da corrispondere «entro e non oltre la data odierna», e, ciononostante è quietanzato contestualmente per l’intero senza nessuna precisazione.

Relativamente alla personale condotta ed informazione di T. G., si segnala che: -) il ricorrente, nel partecipare all’assemblea del 7 giugno 2019, come risulta da intercettazioni ambientali, aveva ricevuto notizia di una precedente operazione diretta a far accollare ad altra società, la “T.G. s.r.l.”, mediante compensazione di credito di imposta, e dell’impossibilità di eseguirla per avere il professionista firmatario del visto di conformità della dichiarazione IVA, da cui risultava il credito, disconosciuto tale firma e presentato denuncia querela alle forze dell’ordine; -) il medesimo ricorrente, nella successiva assemblea del 19 giugno 2019, ossia quella in cui ha espresso il suo parere favorevole, per come risulta sempre da intercettazioni ambientali, aveva ricevuto formale notizia della nota della Co.Vi.So.C. del giorno precedente, la quale aveva chiesto alla “U.S. Città di P. s.p.a.” di riequilibrare la carenza finanziaria di 8.272.286,00 euro entro , il 24 giugno, per consentire l’iscrizione della società al campionato; -) sempre nell’assemblea del 19 giugno 2019, il presidente del Consiglio di amministrazione della “U.S. Città di P. s.p.a.”, ancora per come risulta da intercettazioni ambientali, aveva espressamente dichiarato che l’acquisto del ramo di azienda della “G.I. s.r.l.” permette «anche di azzerare in massima parte la propria esposizione debitoria fiscale/tributaria nel tempo accumulata»; -) il ricorrente, nel corso della medesima assemblea, alla luce di quanto risulta da intercettazioni ambientali, con riguardo «all’avvenuto ripiano del debito fiscale e previdenziale», aveva osservato, «come da informazioni e verifiche personalmente prima d’ora effettuate, che le modalità con cui è stato operato risultano pienamente conferenti con la normativa vigente ed esprime il loro proprio assenso, subordinato alla presentazione delle quietanze mediante modello F24 entro la data del 24 giugno 2019», anche se poi, nell’interrogatorio di garanzia, ha precisato di aver compiuto le verifiche sulla base delle attestazioni degli altri professionisti.

Il Tribunale, quindi, esclude motivatamente che i rilievi della difesa dell’odierno ricorrente siano idonei a mettere in dubbio, sotto il profilo gravemente indiziario, la sussistenza del dolo del medesimo. Evidenzia, in particolare, che: -) il notaio, nel formare l’atto di vendita, non accerta l’esistenza dei beni oggetto del rogito; -) la perizia effettuata ex art. 2465 cod. civ., non conteneva tra i crediti valutati quello IVA, poi accluso nell’elenco del patrimonio attivo da conferire, ed ha inoltre solo la funzione di attestare che il valore complessivo dei beni ceduti è pari a quello agli stessi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo; -) la relazione dello studio M.C. proviene da soggetto pienamente inserito nel sistema illecito di T., effettivo dominus della “U.S. Città di P. s.p.a.” ed ideatore ed ispiratore dell’operazione della fraudolenta compensazione; -) l’esercizio dell’azione di responsabilità contro i precedenti amministratori è stata voluta dalla nuova compagine guidata da T. per segnare una discontinuità di gestione.

L’ordinanza impugnata, ancora, aggiunge che l’odierno ricorrente: -) è stato sindaco in numerose altre società del gruppo facente capo a T., alcune delle quali coinvolte in operazioni di bancarotta per distrazione; -) è risultato disponibile, per quanto emerge da una conversazione intercettata il 24 settembre 2019 ed intercorsa con T., a procurare un prestanome per altra società facente capo a quest’ultimo; -) ha ottenuto il pagamento del compenso, pari a 32.064,00 euro, in violazione del regime di concordato preventivo, e nonostante specifica indicazione contraria dei commissari della procedura; -) ha effettuato le plurime mendaci comunicazioni alla Co.Vi.So.C., al fine di consentire l’iscrizione della “U.S. Città di P. s.p.a.” al campionato di calcio, attestando l’effettuazione di pagamenti della “U.S. Città di P. s.p.a.” per ingenti importi, sulla base di semplici disposizioni di bonifico, ma senza accertarne il buon fine (i bonifici erano poi puntualmente rimasti ineseguiti per mancanza di fondi), nonché pagamenti dalla “S.N. s.r.l.” alla “U.S. Città di P. s.p.a.”, sebbene il versamento di 3.082.264,53 euro non è stato mai effettuato per mancanza di fondi, e versamenti per circa 340.000,00 euro sono stati effettuati in favore di società facenti capo a T., ma in nessun modo collegate con “U.S. Città di P. s.p.a.”, e di tali circostanze era possibile venire a conoscenza sulla base della semplice analisi delle scritture contabili di tale società.

4.2. Le conclusioni del Tribunale in ordine alla consapevolezza del ricorrente di facilitare un’operazione funzionalmente diretta ad effettuare una indebita compensazione e di rendere dichiarazioni mendaci alla Co.Vi.So.C. al fine di ostacolarne le funzioni di vigilanza sono correttamente motivate.

Ed infatti, gli indizi indicati dal Tribunale in ordine all’evidente anomalia dell’operazione di acquisito di ramo di aziende contenente il credito e all’esistenza del credito, nonché alla volontà del ricorrente di ignorarli, e all’interesse del medesimo alla realizzazione delle illecite operazioni, sono plurimi, gravi, precisi e concordanti per affermare, quanto meno, ed in termini di gravità indiziaria, la sussistenza del dolo eventuale.

Innanzitutto, la dimostrata inclinazione degli organi di vertice della “U.S. Città di P. s.p.a.”, resa nota al ricorrente dodici giorni prima dell’espressione del suo parere, di ricorrere al sistema dell’acquisto di “scatole” societarie contenenti crediti IVA fasulli, costituiva un evidente “campanello” di allarme. Nonostante detto “campanello” di allarme, e nonostante le plurime, e clamorose, anomalie dell’atto di cessione del ramo di azienda, anche e specificamente nella parte relativa all’ingente credito, di cui si fa menzione il minimo indispensabile, per di più con espressa rinuncia all’acquisizione di documentazione che ne dovrebbe supportare la esistenza, il ricorrente ha prestato la sua espressa adesione a tale acquisto. Inoltre, il medesimo ricorrente, nel momento in cui esprimeva parere favorevole, era perfettamente consapevole che l’acquisto del ramo di azienda era  funzionale a ripianare la situazione debitoria della società anche sotto il profilo fiscale, come evidenziate dalle parole pronunciate in assemblea sia dal presidente del consiglio di amministrazione, sia da lui medesimo. Ancora, il medesimo ricorrente ha sottoscritto, nei giorni immediatamente successivi, le mendaci comunicazioni alla Co.Vi.So.C. senza effettuare alcuna, pur elementare, verifica, come quella sul buon fine dei bonifici disposti da “U.S. Città di P. s.p.a.” per i pagamenti necessari, sebbene gli importi dei pagamenti attestati fossero davvero ingenti. Infine, non sono circostanze prive di significato: l’inserimento del ricorrente nella galassia societaria del dominus di “U.S. Città di P. s.p.a.”; la sua disponibilità a fornire allo stesso prestanomi; la percezione, sempre da parte del ricorrente, di un pagamento di importo significativo, in violazione della disciplina del concordato preventivo e delle disposizioni dei commissari nominati dal giudice competente per le procedure concorsuali. Inoltre, il Tribunale ha puntualmente e congruamente argomentato anche in relazione agli elementi ed argomenti addotti a discarico dall’indagato e richiamati nel ricorso come trascurati o non correttamente apprezzati.

5. Infondate sono anche le censure esposte nel secondo motivo, le quali criticano l’assenza di indicazioni sul dolo del ricorrente e l’affermazione della sussistenza delle esigenze cautelari.

Per quanto riguarda il profilo della colpevolezza e del dolo, è sufficiente rimandare a quanto indicato analiticamente in precedenza ai §§ 4.1 e 4.2. Relativamente alle esigenze cautelari, il Tribunale desume l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione da:

-) sistematicità e quindi non occasionalità delle condotte criminose;

-) rapporto fiduciario con T., e piena disponibilità ad assecondarne le strategie criminali;

-) utilizzo spregiudicato degli strumenti societari;

-) gravità dei fatti conseguenti alla violazione del dovere professionale di sindaco;

-) rilevanza del danno cagionato ai creditori. Le esposte ragioni possono ritenersi sufficienti, anche in considerazione delle altre condotte “irregolari” poste in essere dal ricorrente, quali quelle relative al procacciamento di prestanomi e alla percezione di compensi per oltre 32.000,00 euro in violazione della disciplina del concordato preventivo e delle disposizioni dei commissari nominati dal Tribunale.

6. Alla infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.