Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 45709 depositata l’11 novembre 2019
reato di indebita compensazione – Bonus Renzi
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza del 18 dicembre 2018, il Tribunale del riesame di Foggia, adito ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame presentata nell’interesse di GD, confermando il decreto di sequestro preventivo disposto dal Gip del medesimo tribunale il 23 novembre 2018, finalizzato alla confisca diretta del profitto di cui al reato ex art. 10 quater del Dlgs 74/2000.
2. Ha proposto ricorso per cassazione GD avverso la predetta ordinanza proponendo, mediante il proprio difensore, un unico motivo di impugnazione.
3. E’ stato dedotto il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 325 comma 1 cod. proc. pen. e 324 comma 7 cod. proc. pen. con riguardo all’art. 309 comma 9 cod. proc. pen. In particolare, il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’autonoma valutazione del fumus del reato da parte del Gip che aveva disposto il sequestro finalizzato alla confisca diretta dei beni della società cooperativa a r.l. L.G., di cui GD è Legale Rappresentante. Ciò sebbene a base del decreto di sequestro del Gip vi fosse un’istanza del Pm integrativa della domanda sottesa al precedente decreto di sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente dei beni della GD e poi annullato dal medesimo tribunale, proprio per assenza di autonoma motivazione. E nonostante il medesimo Gip avesse redatto il secondo decreto di sequestro secondo la tecnica della motivazione per relationem, a fronte della già intervenuta censura del primo sequestro formulata dal medesimo tribunale sul rilievo dell’intervenuto ricorso ad un procedura motivazionale fondata su modalità di cd. “copia e incolla”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Innanzitutto occorre sottolineare che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 Rv. 269656 – 01 Napoli; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692). Si è altresì specificato che in caso di ricorso per cassazione proposto contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo esso, pur consentito solo per violazione di legge, è ammissibile quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'”iter” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013 Rv. 254893).
2. Tanto premesso, va precisato che il tribunale ha escluso il difetto paventato dall’istante, sottolineando la sussistenza di passaggi motivazionali con cui il gip ha dato atto di avere formulato un’autonoma valutazione dei dati di indagine in funzione della configurazione del fumus del reato e, quanto alla contestata tecnica della motivazione per relationem, ha correttamente osservato come la stessa fosse stata utilizzata dal Gip per l’illustrazione degli elementi indiziari raccolti, in ossequio al principio per cui in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari reali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice ripercorra, motivando “per relationem”, gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, purché dia conto del proprio esame critico dei predetti elementi e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura (cfr. Sez. 2, n. 13838 del 16/12/2016 (dep. 21/03/2017) Rv. 269970 – 01 Schetter; Sez. 3, n. 35296 del 14/04/2016 Rv. 268113 – 01 Elezi).
2.1. Procedendo quindi all’esame delle censure mosse, occorre preliminarmente occorre rilevare come il ricorrente non abbia adempiuto all’onere di esporre le ragioni in base alle quali la mancanza di valutazione, distinta rispetto alla prospettazione della parte pubblica, avrebbe inciso negativamente sulle determinazioni cautelari reali, sì da escluderle o comunque dar luogo ad un risultato diverso.
Invero questa Corte ha precisato, condivisibilmente, che la nullità che la legge pone a presidio del corretto adempimento del dovere di valutazione critica non può conseguire ad una interpretazione squisitamente formalistica del predetto incombente e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione, che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio.
La parte interessata deve quindi indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asserita accettazione acritica avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
La previsione del dovere di autonoma valutazione, con la sanzione di nullità per il caso di mancata osservanza, mira infatti ad evitare il rischio – e a reprimere i comportamenti violativi comunque posti in essere – che l’assenza di una considerazione critica della richiesta del pubblico ministero esponga il bene tutelato ad aggressioni ingiustificate, impedendo peraltro al giudice dell’impugnazione cautelare di porvi successivamente rimedio con lo svolgimento, per la prima volta in quella sede, del necessario esame critico (cfr. in tema di libertà perosnale, Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018 (dep. 07/01/2019 ) Rv. 274760 – 01 Esposito).
Consegue già sotto tale aspetto l’inammissibilità dei ricorso.
2.2. Alla luce di tali considerazioni, è sufficiente aggiungere, altresì, che pur a fronte di un provvedimento di sequestro in esame fortemente evocativo di un procedimento di edizione del titolo mediante il testuale richiamo della richiesta del pubblico ministero – dato sottolineato dalla difesa che ha evidenziato la sovrapposizione fra le due motivazioni – la traccia dell’autonomia del giudice della cautela deve ricercarsi non nella semplice riscrittura originale degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della decisione, ma nel momento della valutazione e riconduzione, seppur sommaria, dei dati concreti raccolti nella fattispecie astratta di riferimento, quale essenziale passaggio argomentativo idoneo a segnalare che la richiesta cautelare è stata effettivamente esaminata, valutata in termini non meramente adesivi, ma neppure da soppesarsi a righe, così da denotare l’esercizio del dovere critico che la nozione di autonoma valutazione sottintende, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione delle esigenze cautelari nel caso concreto. Consegue che al fine dell’esistenza di una autonoma valutazione dei profili cautelari, è sufficiente verificare che siano stati esplicitati, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti del procedimento, i criteri adottati dal giudice della cautela a fondamento della decisione (Sez. 6, n. 13864 del 16/03/2017 Rv. 269648 – 01 Marra).
In linea con tale indirizzo si è altresì precisato, con una decisione assunta in materia di misure cautelari personali che può ritenersi estensibile anche a quelle reali, attenendo alla comune tematica delle caratteristiche di una valida motivazione, che ciò che rileva ai fini dell’integrità dell’autonomia del giudice è la conoscenza degli atti del procedimento e la volontà che sostiene il giudizio.
La decisione cautelare che richiami, in maniera più o meno estesa, il provvedimento impugnato, condividendo altresì le valutazioni in esse eventualmente proposte, deve ritenersi frutto di autonoma valutazione in quanto assunta da un diverso organo giudiziario, sulla base della emergente conoscenza degli atti del procedimento e della formulazione di un giudizio autonomo.
L’autonoma valutazione, dunque, è compatibile con la tecnica di redazione “per incorporazione” allorquando dal contenuto complessivo del provvedimento emerga una conoscenza degli atti del procedimento e, ove necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale, eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure (cfr. anche in motivazione, Sez. 5 n. 70 del 24/09/2018 (dep. 02/01/2019) Rv. 274403 – 01 Pedato).
2.3. Le considerazioni suesposte trovano riscontro nel caso di specie, anche alla luce della natura dell’incolpazione provvisoria, incentrata sulla ricostruzione analitico – matematica della fattispecie ex art. 10 quater Dlgs. 74/2000 e quindi su meccanismi, comuni per i vari capi, di utilizzazione, per compensazione, di crediti inesistenti con riferimento all’apparente versamento a lavoratori del cd. “Bonus Renzi”; cosicchè il richiamo da parte del gip alle intervenute analisi di dati ufficiali operate dalla p.g. procedente, e la evidenziazione conclusiva (cfr. terzultima pagina della ordinanza del Gip contestata) della ritenuta sussistenza dei meccanismi di compensazione illecita ricostruiti per ogni ipotesi d’accusa dalla Guardia di Finanza, in uno con il superamento delle soglie di punibilità per ciascun periodo considerato, risultano espressione di quella conoscenza e valutazione degli atti richiesta nei termini suesposti.
Valutazione che il tribunale ha espressamente e correttamente valorizzato, rigettando le censure proposte, laddove ha evidenziato come il gip avesse illustrato le ragioni poste a base della avvenuta individuazione dei presupposti della misura, rinvenendo il fumus dei reati attraverso la ritenuta prova dell’omesso versamento di imposte mediante il meccanismo della compensazione di crediti di imposta inesistenti, oltre a soffermarsi altresì anche sul secondo presupposto previsto per l’adozione della misura medesima, costituito dalla confiscabilità dei beni in sequestro.
Consegue che sussiste chiaramente un’espressa e congrua motivazione sui punti di censura dedotti in sede di riesame, tale da escludersi ogni apoditticità delle considerazioni del tribunale e quindi ogni carenza di motivazione, con esclusione del dedotto vizio di violazione di legge anche sub specie di una eventuale mancanza di motivazione, ancorchè apparente.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
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