Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 49011 depositata il 2 dicembre 2019
reati tributari – competenza territoriale – riciclaggio – misure cautelari
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Salerno, con l’ordinanza impugnata in questa sede, ha accolto l’appello proposto dal P.m. avverso il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Salerno in data 30 aprile 2019 che aveva declinato la propria competenza territoriale (per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di truffa e illeciti fiscali) e rigettato la richiesta di applicazione di misure cautelari nei confronti dell’odierno ricorrente e di altri soggetti indagati, in relazione al delitto di riciclaggio; in particolare, il Tribunale ha applicato al B. la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di riciclaggio, realizzato ricevendo su un conto corrente bancario a lui intestato alcuni bonifici, senza alcun valido titolo giuridico che potesse giustificare l’erogazione del denaro, da parte di persone fisiche e giuridiche coinvolte nelle attività criminose del sodalizio, ostacolandone la tracciabilità.
2.1. Propone ricorso il difensore dell’indagato deducendo, con il primo motivo, vizio di motivazione in relazione al profilo dell’individuazione del delitto presupposto; a fronte della compiuta argomentazione con cui il G.i.p. aveva escluso la prova che le somme impiegate nell’esecuzione dei bonifici a favore dl B. fossero di provenienza delittuosa, il Tribunale aveva del tutto omesso di motivare su tale profilo.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge, in riferimento agli artt. 274, comma 1, lett. C), 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione in relazione al profilo delle esigenze cautelari, avendo omesso di motivare il Tribunale sugli elementi indicativi dell’attualità delle esigenze cautelari, anche alla luce del tempo trascorso dalla commissione dei fatti e dell’assenza di ulteriori segnalazioni di analoghe condotte contestabili all’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il ricorso è fondato, nei limiti indicati di seguito.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, poiché lamenta un vizio che il testo del provvedimento impugnato smentisce giusta l’indicazione, da parte del Tribunale, degli argomenti che sono stati considerati a sostegno della dimostrazione logica della provenienza delittuosa dalle risorse impiegate per l’esecuzione dei bonifici in favore del B..
Va a questo riguardo ricordato che per consolidata giurisprudenza di legittimità, «in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884); ciò, in quanto «il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
Il Tribunale del riesame (pagg. 6-7) ha affrontato il tema della provenienza delittuosa delle somme utilizzate per l’esecuzione dei bonifici sul conto corrente del ricorrente, esponendo le ragioni indicate nel provvedimento del G.i.p., ricostruendo le movimentazioni eseguite sul conto corrente del B. e individuando le circostanze di fatto e gli argomenti logici ritenuti idonei a dimostrare che quelle somme dovevano ritenersi di provenienza delittuosa, per le caratteristiche delle società che aveva disposto i bonifici (e della persona fisica che era anch’ella coinvolta nelle medesime attività delittuose) e per gli stretti legami tra il ricorrente e l’organizzazione criminale che aveva programmato la realizzazione di un numero indeterminato di truffe in danno di istituti di finanziamento (mediante fittizie pratiche, sorrette da falsa documentazione e dall’apparenza di rapporti di lavoro tra gli indagati, come il B., e le società emittenti che versavano somme a titolo di retribuzioni ai soggetti che materialmente conseguivano i finanziamenti).
L’ordinanza, infatti, ha fatto leva sull’argomento, logicamente plausibile, che la ravvisata inesistenza di effettivi apparati aziendali, rivestendo le società coinvolte in quelle operazioni il ruolo di “società cartiere”, conduceva a ritenere che le somme a disposizione delle dette società, su cui confluivano anche gli importi dei finanziamenti ottenuti grazie alle truffe perpetrate, dovevano essere di provenienza delittuosa, restando irrilevante l’individuazione specifica delle singole poste di denaro utilizzate per l’esecuzione dei bonifici a fronte della prova logica così rappresentata.
1.2. Il secondo motivo è, invece, fondato.
Il giudizio sull’attualità delle esigenze cautelari è affidato dal Tribunale ad un’affermazione del tutto assertiva, priva di ancoraggio a elementi fattuali in grado di attestare non solo la concretezza del pericolo, ma anche la sua attualità; non è di certo sufficiente indicare (peraltro con un giudizio cumulativo che non consente di individuare gli elementi che caratterizzano la singola posizione degli indagati attinti dal provvedimento cautelare), le modalità della condotta, pur se attuata attraverso contatti con un’organizzazione criminale (di cui non è dato conoscere la perdurante operatività), per affermare “che è agevolmente prevedibile che si presenteranno nuove occasioni per delinquere alle quali gli indagati non saranno in grado di resistere”.
3. Alle statuizioni che precedono consegue l’annullamento del provvedimento impugnato, limitatamente al profilo delle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di Salerno, che provvederà a esaminare la contestata sussistenza dell’attualità delle esigenze come individuate dal Tribunale, indicando gli elementi di fatto o logici da cui sia possibile desumere l’elemento dell’attualità indicato dall’art. 274 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Salerno.
Rigetta nel resto il ricorso
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