CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 52070 depositata il 27 dicembre 2019
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Bancarotta fraudolenta – Contestazioni plurime legate dal vincolo della continuazione – Patteggiamento – Motivazione della sentenza – Indicazione della pena finale complessiva – Illegittimità – Obbligo di indicare i singoli aumenti da applicare per ciascun reato
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata del 1 aprile 2019, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lucca ha applicato ex art. 444 cod. proc. pen. ad A.C. la pena di due anni, quattro mesi e venti giorni di reclusione in riferimento a plurime contestazioni di bancarotta fraudolenta, previa declaratoria di improcedibilità ex art. 129 cod. proc. pen. per i fatti di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 12) e 14) e correlativa rideterminazione della pena di anni due e mesi sei, oggetto dell’accordo.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con atto a firma del difensore, Avv. M.T., articolando un unico motivo con il quale si contesta violazione del principio di correlazione tra pena richiesta e sanzione determinata in sentenza per avere il giudice di merito rideterminato la pena, all’esito della declaratoria di improcedibilità ex art. 129 cod. proc. pen., in misura diversa da quella convenuta tra la parti. Richiamati i diversi orientamenti ermeneutici in tema di modificazione dei termini dei termini essenziali del contenuto dell’accordo in conseguenza del venir meno di alcuni dei reati avvinti in continuazione e le modifiche normative introdotte dalla I. 103/2017 in ordine ai vizi deducibili in tema di applicazione di pena concordata, il ricorrente evidenzia la sostanziale immutazione della piattaforma fattuale posta a fondamento della richiesta di applicazione della pena e la sproporzione della sanzione, come unilateralmente rideterminata dal giudice, previa esclusione dei capi oggetto di separata sentenza.
3. Con requisitoria scritta pervenuta in Cancelleria il 23 ottobre 2019, il Procuratore generale presso questa Suprema Corte ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato e per la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1. In tema di incidenza delle vicende modificative dell’imputazione sulla richiesta concordata di pena, in ipotesi di plurimi reati legati dal vincolo della continuazione, in relazione all’obbligo di immediata declaratoria imposto al giudice dall’art. 129 cod. proc. pen., si è registrato nella giurisprudenza di questa Corte – come rilevato dalla difesa – un duplice orientamento.
1.1. Secondo una prima opzione interpretativa, la necessaria declaratoria di improcedibilità di uno o più reati determina il venir meno di uno dei termini essenziali del contenuto dell’accordo che ha portato al patteggiamento e travolge l’intero provvedimento poiché la pronuncia liberatoria incide in modo significativo in ordine sia alla determinazione dell’aumento in continuazione, che alla valutazione complessiva della condotta contestata (V. Sez. 2, n.40259 del 14/07/2017, Ndlaye, Rv. 271035, N. 9651 del 2011 Rv. 249716, N. 47287 del 2012 Rv. 253922, N. 40522 del 2015 Rv. 265499; V. anche Sez. 3, n.23150 del 17/04/2019, El Zitouni, Rv. 275971).
Siffatta impostazione valorizza l’imprevedibilità della modifica dei termini fattuali dell’accordo, che è il frutto di valutazioni complessive sulle quali non può che avere influito anche la contestazione del fatto escluso, invece ragionevolmente preso in considerazione «oltre che per la identificazione del singolo aumento in continuazione anche per la valutazione complessiva della condotta contestata, dato che il disvalore della progressione criminosa anche nella dimensione “consolidata” conseguente al riconoscimento della continuazione non è indifferente al numero ed alla qualità dei reati unificati», ritenendosi, pertanto, necessario rimettere le parti nella condizione di rivalutare le condizione dell’eventuale accordo.
1.2. Altro orientamento ha ritenuto, invece, modificabile la pena complessivamente pattuita mediante espunzione della porzione sanzionatoria riferibile al reato oggetto di declaratoria ex art. 129 cod. pen., anche nel giudizio di legittimità (Sez. 4, n.26092 del 27/02/2019, PG C/ Belardinelli, Sez. 5, n.3752 del 18/10/2018 – dep. 2019, Scarpa, Rv. 275107, N. 356 del 2000 Rv. 215286, N. 41676 del 2016 Rv. 268454, N. 33888 del 2017 Rv. 271631, in conformità a quanto statuito da Sez. Un. N. 3464 del 2018 Rv. 271831; contra n.47287 del 08/11/2012 Rv. 253922, n.40522 del 30/04/2015 Rv. 265499), non ravvisando lesione di prerogative difensive e trattandosi, sostanzialmente, della rideterminazione di una pena complessiva in parte illegale.
1.3. Sul tema sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (n. 40256 del 19/07/2018, F., Rv. 273936) che, pur pronunciandosi in riferimento alla modifica dell’assetto delle imputazione derivante da abolitio criminis, hanno enunciato, con valenza generale in tutti i casi di obbligo di declaratoria ex art. 129 cod. proc. pen., il principio per cui “in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti per più reati unificati dalla continuazione, qualora sia sopravvenuta per uno dei reati satellite “l’abolitio criminis”, la Corte di cassazione, senza annullare l’intera sentenza, può procedere alla eliminazione della porzione di pena inflitta per il reato abrogato nella misura determinata dall’accordo“.
A tal fine, le Sezioni Unite hanno richiamato il principio di diritto secondo il quale, in tema di esecuzione, qualora, per effetto di abolitio criminis, sia parzialmente revocata la sentenza di patteggiamento per il reato base e per alcuni di quelli posti a fondamento del vincolo della continuazione che venga cosi ad essere risolto, rendendosi necessaria la nuova determinazione della sanzione per un residuo reato (già satellite), là dove l’originario aumento computato a titolo di continuazione non corrisponda – per genere, per specie o per quantità di pena – alla sanzione prevista astrattamente dalla legge, la relativa quantificazione può essere operata direttamente dalla Corte di cassazione avendo riguardo alla massima riduzione consentita per le circostanze attenuanti ed alla diminuzione per l’eventuale rito alternativo richiesto dall’imputato (Sez. 1, n. 7857 del 09/01/2015, Ndiaye, Rv. 262465), inferendone come il principio di intangibilità e inscindibilità del patteggiamento finisca per soffrire di una rilevante eccezione, perché non solo tocca l’accordo raggiunto dalle parti, ma addirittura lo supera; eccezione che, del tutto ragionevolmente, connota anche la sopravvenuta abolizione di un reato, posto, dall’accordo fra le parti, in continuazione, ove sia fissata dalle stesse parti per il medesimo reato l’esatta porzione di pena ritenuta equa per tale violazione di legge.
Donde, valorizzando l’effetto favorevole per l’imputato conseguente all’eliminazione, che comporta una riduzione della pena da lui stesso accettata come conseguenza delle sue condotte di rilievo penale, una volta che una di tali condotte non ha più rilievo penale, non vi è motivo di ritenere che l’accordo raggiunto fra le parti sulle residue condotte sarebbe stato diverso (ibidem, in motivazione), in tal guisa superando anche il profilo della prevedibilità in concreto sostenuto dal primo orientamento.
1.4. Alla luce dei principi espressi da questa Corte nella sua più autorevole composizione, applicabili per ogni ipotesi di applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., ritiene il Collegio che il delineato contrasto si sia rivelato, in realtà, solo apparente, ove si consideri che anche l’orientamento più rigoroso, che valorizza la libera determinazione delle parti in correlazione all’entità dei fatti oggetto del negozio processuale, finisce per censurare l’imprevedibilità della pena residua, evidentemente ove la stessa non sia stata analiticamente esplicitata nel calcolo della pena complessivamente riferibile al reato continuato.
Invero, anche l’orientamento – condiviso dalle Sezioni Unite – secondo cui, in caso di patteggiamento per una pluralità di reati uniti dal vincolo della continuazione, il proscioglimento, nel corso del giudizio, per una qualsiasi causa, per uno dei cd. reati satellite non determina la caducazione dell’intero accordo, ma solo l’eliminazione della pena prevista per suddetto reato pone, quale condizione dell’intervento modificativo, che nella motivazione della sentenza siano indicati i singoli aumenti da applicare per ciascun reato e non sia riportata la sola pena finale complessiva (Sez. 1, n.23171 del 01/03/2018, Famà, Rv. 273378, N. 4713 del 1997 Rv. 207620, N. 40320 del 2016 Rv. 267758, N. 39521 del 2017 Rv. 271022), non sussistendo, in tale ipotesi, il pericolo di un’indebita alterazione del profilo negoziale della pronuncia in quanto l’accordo sulla pena si qualifica non già per il risultato finale, bensì per le determinazioni che attengono al suo computo.
1.5. La valorizzazione di siffatta ratio deciderteli s’appalesa, altresì, rilevante in termini di interesse all’impugnazione, potendosi ravvisare l’aspirazione ad un trattamento maggiormente favorevole solo ove il giudice non sia vincolato a riduzioni già predeterminate in sede pattizia e proceda, pertanto, ad innestare una valutazione discrezionale su di un accordo processuale rispetto al quale l’Imputato avrebbe potuto diversamente determinarsi.
Deve essere, pertanto, affermato il principio per cui in caso di patteggiamento per una pluralità di reati uniti dal vincolo della continuazione, alcuni dei quali oggetto di pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen., l’imputato ha interesse a censurare la rideterminazione della pena, operata dal giudice mediante scorporo di una quota riferibile ai reati esclusi, solo laddove la misura del trattamento sanzionatorio riferibile ai singoli reati non sia stata previamente determinata dalle parti.
2. A siffatti principi non si è conformata la sentenza impugnata.
2.1. A fronte di una pluralità di contestazioni di bancarotta in continuazione, riferibili a diverse procedure concorsuali ed oggetto di separati procedimenti, il giudice di merito ha emesso pronuncia liberatoria in riferimento a 9 capi di imputazione ricompresi nell’accordo, incidendo sulla pena come complessivamente determinata dalle parti senza che risultassero analiticamente esplicitati gli incrementi di pena riferibili a ciascun reato, in tal guisa operando una riduzione del tutto discrezionale e, come tale, da un lato imprevedibile e, dall’altro, suscettibile di diversa declinazione in melius.
2.2. Nei termini predetti, trattandosi di un risultato finale che si discosta da quello concordato dalle parti, anche nel procedimento di computo, il vizio è deducibile con il ricorso di legittimità anche dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103 (V. anche Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, PG c/Bonfiglio, Rv. 276509 e Sez. 5, n.18304 del 23/01/2019, Rosettani, Rv. 275915).
3. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio, mentre gli atti vanno trasmessi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lucca.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Lucca-ufficio del Giudice dell’udienza preliminare.
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