CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 54024 depositata il 3 dicembre 2018
Lavoro – Omesso versamento dei contributi assistenziali e previdenziali – Decreto di sequestro preventivo – Delitto di sfruttamento del lavoro
Ritenuto in fatto
1. Il difensore di W.T. e H.F. propone ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Padova del 11.6.2018 che ha rigettato il riesame e confermato il decreto di sequestro preventivo del GIP in sede, finalizzato alla confisca (per equivalente) della somma di € 550.249,00 in relazione al reato di cui all’art. 603-bis cod. pen., corrispondente al vantaggio ottenuto per l’omesso versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dovuti per i singoli lavoratori nel periodo compreso tra il 2012 e dicembre 2016.
2. I ricorrenti lamentano, in primo luogo, la violazione di legge in relazione all’art. 600-septies cod. pen., all’art. 2 cod. pen., all’art. 7 CEDU, all’art. 25 Cost., all’art. 12 delle cd. Preleggi, avendo il Tribunale ritenuto che la fattispecie di confisca prevista dall’art. 600-septies cod. pen. fosse applicabile al reato di cui all’art. 603-bis cod. pen.
Deducono che erroneamente il Tribunale ha respinto l’eccezione sollevata dalla difesa in sede di riesame secondo cui, sul presupposto della natura sanzionatoria della confisca per equivalente e della conseguente applicazione alla confisca della disciplina dell’irretroattività della legge penale sfavorevole, veniva dedotta la nullità del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente operato ai sensi dell’art. 603-bis.2 cod. pen., norma introdotta dall’art. 2 della legge 199/2016, in vigore dal 4.11.2016, quindi in epoca successiva a quasi tutti i fatti contestati.
Secondo il Tribunale, già prima della introduzione dell’art. 603-bis.2 cod. pen., era prevista una ipotesi di confisca per equivalente per i fatti di cui alla contestazione provvisoria, atteso che l’art. 600-septies cod. pen. già richiamava, per i delitti della sezione I, una duplica ipotesi di confisca: diretta e per equivalente.
A tale conclusione i ricorrenti oppongono che, sulla base di una analisi diacronica e sistematica degli interventi normativi che hanno regolato la materia in esame, non è corretto quanto statuito dal Tribunale in merito all’applicabilità ai delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro – prima della riforma introdotta dalla legge 199 cit. – della disposizione di cui all’art. 600- septies cod. pen., che è stata introdotta nel nostro ordinamento al fine esclusivo di contrastare fenomeni di abuso nei confronti dei minori, come dimostrato dalle pene accessorie previste dall’art. 600-septies.2 cod. pen., chiaramente ritagliate per quel tipo di reati. Del resto, se quella confisca fosse stata suscettibile di essere applicata anche al reato di sfruttamento della manodopera, non si comprenderebbe la ragione dell’introduzione dell’art. 603-bis.2 cod. pen., il quale prevede un’ipotesi specifica di confisca per equivalente per il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen.
Con il secondo motivo, i ricorrenti contestano che l’omesso versamento dei contributi INPS sia un risparmio di spesa che può essere oggetto di confisca per equivalente quale profitto del reato.
Con il terzo motivo, lamentano che nel decreto di sequestro preventivo non è dato comprendere le ragioni sottese al calcolo attraverso cui è stata determinata la somma da sequestrare.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente degli ulteriori profili di censura evidenziati dai ricorrenti.
2. Nel caso che occupa è indiscusso che il sequestro oggetto di riesame sia stato emesso in relazione all’ipotesi di reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. (“Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”), per fatti commessi dal 2012 al dicembre 2016, e sia finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato realizzato – sotto forma di “risparmio di spesa” – con le condotte di sfruttamento della manodopera oggetto di indagine.
E’ lo stesso Tribunale a riconoscere che, conformemente a quanto richiesto dal PM, il sequestro preventivo in disamina sia stato disposto – ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. – essenzialmente con riferimento all’ipotesi di confisca per equivalente introdotta, per tale specifica ipotesi di reato, dall’art. 603-bis.2 cod. pen.
Tale norma, tuttavia, è stata inserita nell’ordinamento dall’art. 2, comma 1, della legge n. 199/2016, a decorrere dal 4.11.2016, mentre il reato per cui si procede attiene a fatti commessi dal 2012.
All’evidente obiezione difensiva che aveva lamentato la violazione degli artt. 25 Cost., 7 CEDU e 2, comma 1, cod. pen., in relazione al divieto di retroattività della legge penale sfavorevole, il Tribunale ha replicato che già dal 2012 era comunque in vigore una ipotesi di confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono profitto del reato di cui all’art. 603-bis cod. pen., vale a dire quella disciplinata dall’art. 600-septies cod. pen., trattandosi di ipotesi di confisca che troverebbe applicazione a tutte le ipotesi di reato previste nella stessa sezione I in cui è collocata la norma incriminatrice in disamina.
Si tratta di un argomento giuridico che il Tribunale non ha elaborato ulteriormente nell’ordinanza impugnata, limitandosi a sostenere l’applicabilità al reato ex art. 603-bis cod. pen. della confisca prevista dalla norma dianzi citata, in ragione della sua mera collocazione “topografica” nella stessa sezione richiamata da quella stessa norma sulla confisca.
3. Il Collegio, alla luce dei fondati rilievi di parte ricorrente, non ritiene di condividere la suddetta impostazione del Tribunale, dovendosi di contro affermare l’inapplicabilità della confisca ex art. 600-septies cod. pen. alla fattispecie di cui all’art. 603-bis cod. pen., sulla base delle seguenti considerazioni.
4. Occorre muovere da una lettura sistematica e diacronica delle norme che hanno introdotto e modificato nel tempo l’art. 600-septies cod. pen., lettura da cui pare lecito desumere che la confisca in esso prevista non abbia mai riguardato il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen.
4.1. L’art. 600-septies cod. pen. è stato introdotto dall’art. 7 della legge n. 269/1998, e nella sua prima formulazione prevedeva delle pene accessorie nel caso di condanna per i delitti previsti dagli artt. 600-bis cod. pen. (prostituzione minorile), 600-ter cod. pen. (pornografia minorile), 600-quater cod. pen. (detenzione di materiale pornografico) e 600-quinquies cod. pen. (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile); tutti delitti inseriti nella sezione I (Dei delitti contro la personalità individuale) del capo III, titolo XII, libro II del codice penale, caratterizzati dalla tutela contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di soggetti minori.
In tale prima formulazione era assente qualsiasi riferimento ai “delitti di cui alla sezione prima” o a reati diversi da quelli in essa espressamente indicati, e non era prevista alcuna forma di confisca.
4.2. Una prima modifica è intervenuta con l’art. 15 delle legge n. 228/2003, con la quale è stata introdotta una forma di confisca per equivalente in relazione ai reati di cui agli articoli «previsti dalla presente sezione», vale a dire quelli sopra indicati, oltre a quelli già previsti in tale sezione, vale a dire gli artt. 600, 601 e 602 cod. pen., oggetto di modifica legislativa proprio ad opera della legge n. 228/2003.
4.3. Un’ulteriore modifica è stata apportata con la legge n. 38/2006, in materia di “Lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet”, con la quale è stato introdotto un secondo comma all’art. 600-septies cod. pen. che prevedeva, in caso di condanna per i reati dianzi menzionati, «l’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori».
Si tratta di una ulteriore pena accessoria che continua a riguardare soltanto la tutela dei minori in ambito penale.
4.4. Infine, la legge 1 ottobre 2012, n. 172, intitolata: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno», con l’art. 4, comma 1, ha sostituito l’art. 600-septies con l’attuale formulazione, che prevede la confisca «per i delitti previsti dalla presente sezione», nonché per i reati in materia di violenza sessuale ai danni di minori. Si tratta, come è reso evidente dal titolo della legge, di confisca che continua a riguardare, essenzialmente, reati che tutelano persone offese di minore età.
4.5. Poco prima dell’introduzione di quest’ultima modifica, la legge n. 148/2011 aveva introdotto nuove “Misure a sostegno dell’occupazione”, tra cui la nuova fattispecie incriminatrice di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis cod. pen. (poi modificata nel 2016), inserita nella stessa Sezione I in cui è collocato l’art. 600-septies cod. pen. 5. Alla luce di quanto sopra, si deve ritenere che il mero dato formale costituito dal fatto che l’ultima versione dell’art. 600-septies cod. pen. sia entrato in vigore in epoca successiva alla introduzione della norma di cui all’art. 603-bis cod. pen. non comporti l’automatica applicabilità a tale specifico reato di quella ipotesi di confisca, sulla base del mero richiamo, ivi contenuto, ai «delitti previsti dalla presente sezione».
5.1. Anzitutto, dalla analisi della ratio introduttiva dell’art. 600-septies cod. pen. e dal tenore delle stesse modifiche legislative ad esso apportate nel corso degli anni, appare evidente che tale disposizione ha sempre avuto lo scopo di contrastare in maniera più efficace fenomeni di abuso nei confronti dei minori (legati alla prostituzione, alla pornografia o a condotte di violenza sessuale), mediante la previsione di sanzioni aggiuntive per i responsabili di tali specifici delitti, costituite da pene accessorie e dalla confisca di beni costituenti prodotto, prezzo o provento dei reati in questione.
5.2. In tutti gli interventi normativi che hanno apportato modifiche all’art. 600-septies cod. pen. non vi è mai stato alcun riferimento – neppure implicito – al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. I lavori preparatori dell’ultima modifica dell’art. 600-septies cod. pen. (quella del 2012) risalgono addirittura al 2010, epoca precedente all’introduzione nell’ordinamento (nel 2011) dell’art. 603-bis cod. pen.; sicché pare evidente che vi sia stato un difetto di coordinamento fra i due interventi legislativi, con particolare riguardo a quello del 2012 per l’art. 600-septies cod. pen., che non ha in alcun modo considerato – nel mantenere la dizione «delitti previsti dalla presente sezione» – che in quella stessa sezione del codice penale era stato nel frattempo introdotto un nuovo articolo (603-bis cod. pen.) contenente una fattispecie penale del tutto autonoma e distinta rispetto ai reati della sezione diretti alla tutela dei minori, nei soli confronti dei quali era finalizzata tale confisca, visto che la modifica legislativa aveva ad oggetto proprio la ratifica della Convenzione di Lanzarote del 2007 per la protezione dei minori vittime di sfruttamento e di abuso sessuale.
Allo stesso modo, nessun riferimento alla confisca ex art. 600-septies cod. pen. è presente nel provvedimento legislativo che ha introdotto l’art. 603-bis cod. pen.
In buona sostanza, dai suddetti interventi normativi non è dato ricavare alcun dato sistematico né alcuna esplicita intenzione del legislatore di prevedere la confisca ex art. 600-septies cod. pen. anche ai casi di condanna per il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen.
5.3. La conferma di quanto precede è fornita dall’art. 600-septies2 cod. pen., anch’esso introdotto con la legge n. 172/2012, che, pur riportando la stessa espressione dell’art. 600-septies («delitti previsti dalla stessa sezione»), prevede per tali delitti pene accessorie (perdita della responsabilità genitoriale, interdizione perpetua da uffici attinenti alla tutela, curatela o amministrazione di sostegno, perdita del diritto agli alimenti e esclusione dalla successione della persona offesa) coerenti con i reati a tutela di vittime minorenni ma del tutto incongruenti rispetto alla tutela di lavoratori vittime di intermediazione illecita e di sfruttamento di cui all’art. 603-bis cod. pen. E’ infatti evidente che quelle pene accessorie non hanno alcuna attinenza con la condotta incriminatrice in disamina, riconducibile al fenomeno del cd. “caporalato” (forma illegale di organizzazione della manodopera attraverso intermediari che reclutano persone per destinarle al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento), rispetto al quale la modifica introdotta nel 2016 con la legge n. 199 ha aggiunto, quale condotta punibile, quella del datore di lavoro che “utilizza, assume o impiega” direttamente lavoratori in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno. Si tratta di una tipologia di reati posti a tutela dell’occupazione, diretti a punire condotte distorsive del mercato del lavoro (Sez. 5, n. 14591 del 04/02/2014, P.M. in proc. Stoican, Rv. 26254101), aventi scopi e finalità diverse rispetto a quelle riconducibili ai reati per la protezione dei minori di cui alla Convenzione di Lanzarote del 2007, cui si ricollega la confisca prevista dall’art. 600-septies cod. pen. nella sua vigente formulazione.
5.4. Ciò è tanto vero che, non a caso, per il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. sono state previste, dall’art. 603-ter cod. pen., specifiche pene accessorie, autonome e distinte rispetto a quelle di cui all’art. 600-septies2 cod. pen., a conferma della particolare specificità del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro rispetto agli altri delitti previsti nella stessa sezione a tutela dei minori, cui è ricollegata la confisca ex art. 600-septies cod. pen.
Di contro, se si dovesse seguire il ragionamento dell’ordinanza impugnata, si dovrebbero applicare al reato in disamina anche le sanzioni accessorie di cui all’art. 600-septies2 cod. pen., come già detto del tutto incongruenti rispetto al delitto di sfruttamento del lavoro, e ciò soltanto perché anche in quella norma è inserita l’espressione (che a questo punto può definirsi equivoca) «per i delitti previsti dalla stessa sezione», che, come è ormai chiaro a questo punto della trattazione, è la risultante di un difetto di coordinamento intervenuto fra disposizioni legislative succedutesi nel tempo ed aventi ratio e finalità diverse, in nessun modo sovrapponibili.
5.5. Un ulteriore argomento a favore della tesi qui propugnata, giustamente enunciato dalla difesa dei ricorrenti, è che se la confisca di cui all’art. 600-septies cod. pen. fosse stata suscettibile di essere applicata anche al reato di sfruttamento della manodopera, non si comprenderebbe la ragione dell’introduzione, con la legge n. 199/2016, dell’art. 603-bis.2 cod. pen. (in vigore dal 4.11.2016), che prevede, appunto, una specifica ipotesi di confisca obbligatoria – diretta o per equivalente – per il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen.
Pare evidente che la volontà del Legislatore, in questo caso, sia stata proprio quella di introdurre ex novo una ipotesi di confisca obbligatoria specificamente delineata per la fattispecie criminosa previste dall’art. 603-bis cod. pen.
5.6. Tale interpretazione è anche imposta da ragioni di necessaria determinatezza della norma penale e di prevedibilità della relativa sanzione, in ossequio a quanto previsto dagli artt. 25 Cost., 7 CEDU e 2, comma 1, cod. pen., che impongono di non limitarsi al dato letterale e “topografico” per cogliere l’esatto significato di norme penali a carattere sanzionatorio, aventi significativa incidenza sulla libertà e/o sul patrimonio dei soggetti indagati. Sotto questo profilo, non può sfuggire l’indubbia genericità ed equivocità dell’espressione «delitti previsti dalla presente sezione», che di per sé non può ritenersi sufficiente, alla luce di quanto detto, per poter ricondurre al reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. una previsione di confisca (art. 600-septies cod. pen.) che, peraltro, per quanto consta al Collegio, non ha mai trovato concreta applicazione in relazione al reato in questione, non essendosi riscontrato al riguardo alcun precedente giudiziario specifico.
6. Si deve, dunque, convenire con la difesa dei ricorrenti che l’espressione «delitti previsti dalla presente sezione» di cui all’art. 600-septies cod. pen. non può fare riferimento anche al reato di intermediazione illecita e sfruttamento della manodopera di cui all’art. 603-bis cod. pen. Ciò in quanto, sulla base di una interpretazione storica e sistematica della norma, della sua ratio e della chiara intenzione del Legislatore di circoscrivere la confisca di cui alla norma citata – al di là del dato letterale-topografico in essa riportato – ai delitti finalizzati alla tutela di minori vittime di abusi, non è possibile estendere al reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. la portata applicativa della confisca prevista dall’art. art. 600- septies cod. pen.
Ne discende che, nel caso in disamina, i beni non potranno essere confiscati sulla base della norma a carattere sanzionatorio di cui all’art. 600-septies cod. pen., come erroneamente statuito dal Tribunale, ma solo in ragione della specifica previsione di cui all’art. 603-bis.2 cod. pen., e con esclusivo riferimento ai fatti commessi a decorrere dal 4.11.2016, vale a dire dalla data di entrata in vigore di tale ipotesi di confisca, non potendo tale norma sanzionatoria essere applicata retroattivamente, in virtù del noto principio nulla poena sine lege di cui all’art. 25, comma 2, Cost. e di cui all’art. 7 CEDU.
7. Conseguentemente, va disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata ed il rinvio al Tribunale di Padova, che dovrà riesaminare la vicenda nel rispetto del principio di diritto dianzi enunciato.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Padova.
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