CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 5596 depositata il 12 febbraio 2021
Reati tributari – Evasione – Occultamento o distruzione di documenti contabili – Prova del reato – Avviso di accertamento – Utilizzabilità – Condizioni
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 13 maggio 2019 la Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza del 17 marzo 2015 del Tribunale di Verona, ha rideterminato – con i doppi benefici di legge – in anni uno di reclusione la pena inflitta a H.H., quale legale rappresentante della ditta H.F. Montaggi, per il reato di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su sei motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente, allegando inosservanza delle norme processuali e vizio motivazionale, ha dedotto l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal teste A., esaminato a norma dell’art. 507 cod. proc. pen. benché mai citato né indicato nella lista testimoniale (dove era compreso il nominativo del funzionario dell’Agenzia delle Entrate che aveva sottoscritto la denuncia delle irregolarità tributarie dell’imputato, e che aveva delegato per iscritto l’A.). Al contrario di quanto sostenuto dalla Corte territoriale, la deposizione del teste era stata utilizzata dal primo Giudice, e non poteva considerarsi assorbita dalla valutazione circa la responsabilità penale del ricorrente.
In proposito, l’ufficio di teste non era delegabile, né sussistevano le condizioni per procedere a norma dell’art. 507 cit., tra l’altro ancor prima di procedere all’esame testimoniale. Oltre a ciò, il teste in questione non aveva partecipato ad attività nell’ambito del procedimento tributario, ed era stato autorizzato a consultare in udienza non ben definiti atti comunque non da lui redatti.
La motivazione della Corte territoriale, che aveva ritenuto la questione assorbita, era quindi da ritenersi apparente.
2.2. Col secondo motivo è stato lamentato vizio motivazionale in relazione alla mancata risposta della Corte di Appello alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’esame dei testi B. e V., i cui atti erano stati richiamati nell’irrituale deposizione dell’A.
Né poteva desumersi rigetto implicito di detta istanza dall’iter motivazionale della sentenza impugnata.
2.3. Col terzo motivo è stata contestata l’utilizzabilità dell’avviso di accertamento prodotto dal Pubblico ministero avanti al primo Giudice, atteso che esso conteneva indizi di reità in relazione all’art. 8 d.lgs. 74, per il quale era intervenuta dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, ed altresì conteneva valutazioni dell’Agenzia delle Entrate, cui era precluso di dare ingresso in giudizio anche ai fini della prova del reato di cui all’art. 10.
Sì che non erano state rispettate le norme di rito di cui all’art. 220 disp. att. cod. proc. pen.
2.4. Col quarto motivo, quanto alla ricorrenza degli elementi soggettivo ed oggettivo del reato di cui all’art. 10 cit., al più poteva anzitutto discutersi invece dell’illecito amministrativo di inottemperanza all’invito a fornire la documentazione, attesa la provata esistenza della documentazione dal commercialista L. ed in ragione del fatto che i Giudici del merito si erano limitati a ravvisare il reato nella mancata ottemperanza all’invito dell’Amministrazione finanziaria, ossia sanzionando in sede penale una condotta che non costituiva reato.
In relazione poi alla ritenuta impossibilità di ricostruire reddito e volume d’affari, esso poteva essere ricostruito, come era stato scritto anche nella memoria del consulente della difesa, ed invero andava applicato il principio secondo cui non vi era offensività laddove il risultato economico poteva essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore.
In proposito andava altresì rilevata la scusabilità dell’errore, atteso che dall’avviso dell’Agenzia delle Entrate si evinceva, in caso di mancata ottemperanza alla presentazione della documentazione, il pagamento di una mera sanzione pecuniaria. Né i Giudici del merito, benché investiti dalla questione, avevano fornito risposte appaganti.
Del pari, quanto all’elemento soggettivo, il fine specifico di consentire l’evasione fiscale a terza società era stato ravvisato nelle considerazioni contenute nell’avviso di accertamento, documento di per sé inutilizzabile. Né si ravvisava, nell’intenzione del ricorrente, volontà alcuna di evasione.
2.5. Col quinto motivo il ricorrente si è doluto del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, benché fossero stati rappresentati plurimi elementi che tale riconoscimento avrebbero giustificato (incensuratezza, assenza di precedenti di polizia, atteggiamento collaborativo con l’Ufficio, presentazione delle scritture in dibattimento, scarsa gravità del fatto).
Al contrario, a fronte di ciò non erano state allegate le ragioni di rigetto dell’istanza, mentre la sentenza impugnata aveva illogicamente giustificato detto rigetto in forza dei reati che il ricorrente avrebbe commesso nell’ambito del procedimento.
2.6. Col sesto motivo il ricorrente ha censurato la determinazione della pena, attesa la mancata indicazione dei motivi tali da giustificare il potere discrezionale di dosimetria sanzionatoria.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è infondato.
4.1. I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente, il secondo essendo una logica derivazione del primo.
4.1.1. Al riguardo, la Corte territoriale ha sostenuto di ritenere assorbiti i motivi di censura formulati in sede di gravame in relazione alla deposizione testimoniale di P.A., assunta a norma dell’art. 507 cod. proc. pen.
Tutto ciò in ragione dell’infondatezza di altri due motivi di impugnazione, e quindi dell’affermazione comunque di responsabilità dell’odierno ricorrente quanto al contestato reato di cui all’art. 10 cit.
In ragione di ciò, il ricorrente ha invece sostenuto che il primo Giudice aveva valutato le deposizioni testimoniali, ivi compresa quella dell’A., al fine di giungere alla decisione.
Va da sé, peraltro, che vi è difetto di interesse concreto e rilevante all’impugnazione e quindi alla verifica della ritualità dell’assunzione testimoniale, nonché della rinnovazione istruttoria tendente all’assunzione dei testi B. e V., i cui atti erano stati richiamati dall’A. “nella sua irrituale testimonianza”.
4.1.2. In proposito, infatti, l’interesse alla proposizione della impugnazione non consiste nella mera aspirazione all’esattezza tecnico-giuridica del provvedimento, dovendo essere rivolto a conseguire un concreto vantaggio (cfr. Sez. 1, n. 39215 del 03/07/2017, Morrone, Rv. 270957), non potendosi lo stesso individuare nella pretesa di una formale applicazione della legge (Sez. 6, n. 24608 del 02/04/2015, K., Rv. 264166).
In specie, da un lato la testimonianza dell’A., e quindi i lamentati vizi dai quali sarebbe stata affetta, è stata ritenuta ininfluente; dall’altro la rinnovazione istruttoria era richiesta perché in detta deposizione – ritenuta appunto ininfluente dalla Corte territoriale per le ragioni colà esplicate – erano stati richiamati atti a firma dei funzionari B. e V., sì che la deposizione era avvenuta de relato. Né risultano puntualmente e specificamente allegate le ragioni – anzi per vero il ricorso è silente in proposito – per le quali detta rinnovazione avrebbe consentito all’odierno ricorrente di dimostrare la sua “assoluta estraneità rispetto ai fatti contestati”.
Al riguardo, infine, va appunto ricordato che, allorché con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di una prova, è doveroso procedere, anche in sede di legittimità, alla cosiddetta “prova di resistenza”, e cioè verificare la presenza di altre prove che, una volta espunto l’elemento inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 4, n. 48515 del 17/09/2013, Alberti, Rv. 258093).
In specie va invero osservato che la prova siffatta è stata invece compiuta già in secondo grado, atteso il riconosciuto assorbimento della doglianza in conseguenza dell’infondatezza degli altri motivi di gravame, ed in proposito nulla il ricorso ha specificamente aggiunto.
4.2. Anche il terzo motivo di censura non merita accoglimento.
In proposito, infatti, deve ribadirsi il principio per il quale non possono essere proposte per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni di inutilizzabilità la cui valutazione richieda accertamenti di merito che, come tali, devono essere necessariamente sollecitati nel giudizio d’appello (Sez. 4, n. 2586 del 17/12/2010, dep. 2011, Bongiovanni e altro, Rv. 249490; cfr. Sez. 6, n. 18889 del 28/02/2017, Tornasi, Rv. 269891; cfr. Sez. 6, n. 21877 del 24/05/2011, C. e altro, Rv. 250263).
In appello nulla era stato eccepito al riguardo circa l’utilizzabilità dell’avviso di accertamento, come è stato osservato dalla stessa Corte territoriale.
Ciò posto, qualora invero emergano indizi di reato, il processo verbale di constatazione (o comunque, come in specie, l’avviso di accertamento) diventa inutilizzabile nella parte redatta successivamente a tale emersione se non si procede secondo le modalità di cui all’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, dep. 2009, Ceragioli e altri, Rv. 242523; Sez. 3, n. 7820 del 01/04/1998, Molayem, Rv. 211225; Sez. 3, n. 1969 del 21/01/1997, Basile, Rv. 206944), norma la cui osservanza, nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza appunto di indizi di reato ed è presidiata dalla inutilizzabilità (cfr. Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599).
Se quindi il discrimen si incentra sul momento di emersione degli indizi di reato, ossia se sussistessero o meno gli indizi di reato all’epoca, ciò integra una valutazione di merito in ordine al significato degli atti fino ad allora acquisiti (cfr. Sez. 3, n. 27449 del 04/06/2014, Corcione, non mass.), ed in proposito, trattandosi di quaestio facti, ogni indagine al riguardo è ormai preclusa e non può essere certamente svolta dal giudice di legittimità.
4.2.1. In proposito, peraltro, va in ogni caso precisato che la violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. non determina automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l’inutilizzabilità o la nullità dell’atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l’art. 220 disp. att. rimanda (è stato così dichiarato inammissibile il ricorso poiché i ricorrenti non avevano indicato né dedotto le violazioni codicistiche che avrebbero determinato l’inutilizzabilità del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza)(Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, dep. 2017, Pelini e altro, Rv. 269299). Ancora più recentemente, nel ribadire che il processo verbale di constatazione costituisce prova documentale utilizzabile nel processo penale, ma che tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 cit. perché, altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria, è stato appunto osservato che la violazione dell’art. 220 non determina automaticamente l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti o la nullità dell’atto, se una tale sanzione non è prevista dalle norme del codice di rito a cui detta disposizione rimanda (cfr. Sez. 3, n. 54379 del 23/10/2018, G., Rv. 274131).
4.2.2. Le questioni di fatto agitate solamente col ricorso, pertanto, non possono istituzionalmente essere esaminate in questa sede.
4.3. Non è fondato neppure il quarto, articolato, motivo di censura.
In ordine alla configurazione del fatto di cui all’imputazione, al ricorrente è stato contestato il fatto di reato dell’occultamento. Al riguardo, l’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 punisce colui il quale, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire a terzi l’evasione, salvo che il fatto costituisca più grave reato, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari.
La condotta punibile consiste quindi nella distruzione o nell’occultamento totale o parziale delle scritture: la distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione, la quale può consistere o nella stessa eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature o abrasioni. L’occultamento consiste invece nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento. La condotta di occultamento, tipizzata nell’art. 10, definisce, secondo il suo preciso significato filologico, il comportamento di colui che nasconde materialmente, in tutto o in parte, le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, mantenendo celate le predette cose in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari.
E’ stato così ribadito che l’occultamento, a differenza della distruzione, dà luogo ad un reato permanente perché l’obbligo di esibizione perdura finché è consentito il controllo fiscale, con la conseguenza che la condotta antigiuridica si protrae nel tempo a discrezione del reo, il quale, a differenza della distruzione, ha il potere di fare cessare l’occultamento esibendo i documenti. Il reato permanente, infatti, si distingue da quello istantaneo proprio perché, perdurando la fase di consumazione del reato, il soggetto attivo ha la possibilità di fare cessare in qualsiasi momento la perdurante condotta antigiuridica.
La permanenza cessa allorché scade l’obbligo della conservazione o per altre cause (sequestro aliunde della documentazione, chiusura dell’accertamento fiscale). D’altra parte occultare un documento non significa solo nasconderlo ma anche mantenerlo nascosto e siccome l’occultamento, per essere punito, deve avere avuto incidenza, sia pure relativa, sulla ricostruzione dei redditi o del volume di affari, la condotta antigiuridica perdura finché esiste in favore dell’amministrazione il potere di controllare l’ammontare dei redditi o del volume degli affari.
Sulla base di ciò, appare del tutto pretestuoso il motivo di ricorso allorquando il ricorrente impropriamente parifica l’occultamento…al rifiuto di esibire la documentazione nel corso dell’accertamento, casi nei quali ultimi si applica la sanzione non penale prevista dall’art. 9 d.lgs. 18 settembre 1997, n. 471, essendo, all’evidenza, diverso il perimetro fattuale delle condotte poste a confronto e differente anche la ratio dell’incriminazione, da un lato, e della previsione della sanzione amministrativa, dall’altro (cfr., così complessivamente in motivazione, Sez. 3, n. 46049 del 28/03/2018, Carestia, Rv. 274697).
4.3.1. In particolare, è stato altresì osservato – sì da rendere sostanzialmente ininfluente che la documentazione contabile fosse a disposizione di terzi professionisti, come sostenuto dal ricorrente, al quale in ogni caso la documentazione contabile era stata resa già nel 2009, ben prima quindi degli accertamenti d’ufficio – che l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante (Sez. 3, n. 7051 del 15/01/2019, Ferrigni, Rv. 275005).
Ciò posto, e tenuto conto che la Corte territoriale ha fatto uso dell’avviso di accertamento, sulla cui utilizzabilità non vi è più questione alla stregua di quanto osservato sub 4.2. (ed anche in tal caso contrariamente ai rilievi del ricorrente, che nei confronti del contenuto di detto avviso non ha inteso prendere posizione, limitandosi invero a formulare tardiva censura di inutilizzabilità, v. supra), tanto in relazione all’affermata impossibilità di ricostruzione contabile quanto in ordine alla dedotta inesistenza di operazioni sottostanti all’emissione di fatture da parte del ricorrente nei confronti di altra società in accomandita semplice, è stata di conseguenza ritenuta del tutto ragionevole – con ragionamento né illogico sotto il profilo motivazionale né viziato in diritto – l’esistenza del dolo specifico, la cui sussistenza era stata già indicata dalla Corte lagunare a pag. 7 della sentenza impugnata.
Invero l’elemento soggettivo del delitto di occultamento e distruzione di documenti contabili è integrato dal dolo specifico di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire l’evasione fiscale di terzi, essendo irrilevanti, per contro, l’interesse o il movente che abbiano eventualmente spinto l’agente a commettere il reato (Sez. 7, n. 9439 del 06/12/2019, dep. 2020, Zanghi, Rv. 278872).
4.4. In ordine alla doglianza relativa al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, di cui al quinto motivo di ricorso, è nozione comune che il giudice del merito esprime in proposito un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
A questo proposito, vero è che – come ha ricordato la sentenza impugnata – il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis cod. pen., per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986).
In specie, la Corte territoriale – negando che, contrariamente ai rilievi del ricorrente circa la corretta condotta complessivamente tenuta da costui, ciò fosse avvenuto – ha correttamente applicato il principio per il quale la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (cfr. Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826). In definitiva, con motivazione non illogica, la sentenza censurata ha semplicemente escluso che ci fossero le condizioni tali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena (cfr. Sez. 2, n. 30228 del 05/06/2014, Vernucci, Rv. 260054), sebbene in ogni caso (v. anche infra) la pronuncia gravata abbia significativamente ridotto l’ammontare della pena comunque inflitta, altresì concedendo anche il beneficio della non menzione.
4.5. In relazione all’ultimo motivo di ricorso, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, che deve essere calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288). Invero, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod, pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro e altro, Rv. 271243).
In specie, la pena, giudicata espressamente “congrua” dalla Corte territoriale, è stata determinata in un anno di reclusione, ossia in una dosimetria ben lontana dalla media edittale (all’epoca la forbice edittale era compresa tra
sei mesi e cinque anni, per cui la media edittale era fissata in anni due mesi nove di reclusione).
5. Alla stregua dei complessivi rilievi che precedono, non può quindi che concludersi nel senso dell’infondatezza dell’impugnazione.
Ne conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 31223 depositata il 16 luglio 2019 - Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale e, qualora emergano…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 10106 depositata il 16 marzo 2021 - In tema di reati tributari, il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all'art. 10 del d. lgs n. 74 del 2000 costituisce un reato di pericolo…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 10106 depositata il 16 marzo 2021 - In tema di reati tributari, il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all'art. 10 del d. Igs n. 74 del 2000 costituisce un reato di pericolo…
- Corte di Cassazione sentenza n. 26593 depositata il 9 settembre 2022 - Nel processo tributario le parti hanno, quindi, facoltà di produrre nuovi documenti in appello, ai sensi del d.lgs. n. 546 del, 1992, art. 58, al di fuori delle condizioni poste dall'art.…
- Commissione Tributaria Regionale per la Calabria sez. 1 sentenza n. 127 depositata l' 11 gennaio 2022 - Quello che rileva è che il documento informatico sia sottoscritto digitalmente, indipendentemente dal formato del documento sia esso ".P7M" o ".PDF"), in…
- Utilizzabile in sede penale solo la parte del verbale di contestazione redatta prime dell'emergere gli indizi di reato
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Antiriciclaggio: i nuovi 34 indicatori di anomalia
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) con il provvedimento del 12 maggio 202…
- La non vincolatività del precedente deve essere ar
La non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di ga…
- Decreto Lavoro: le principali novità
Il decreto lavoro (decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 “Misure urgenti p…
- Contenuto dei contratti di lavoro dipendenti ed ob
L’articolo 26 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha introdotti impo…
- Contratto di lavoro a tempo determinato e prestazi
L’articolo 24 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha modificato la d…