Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 7521 depositata il 16 febbraio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – PROVVEDIMENTO DI ARCHIVIAZIONE DEL PROCEDIMENTO A CARICO DEL DATORE DI LAVORO – RICORSO IN CASSAZIONE
FATTO E DIRITTO
La persona offesa T.V. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Taranto in data 30.01.2017, con cui è stata disposta l’archiviazione del procedimento iscritto a carico di N.R., in ordine al reato di cui all’art. 589 cod. pen., in riferimento all’infortunio sul lavoro occorso a T.B..
La parte ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione all’effettivo contraddittorio. Osserva che il G.i.p., con l’ordinanza impugnata, ha provveduto a fronte della seconda richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero; e rileva che, a seguito della udienza camerale, il giudicante ha disposto l’archiviazione del procedimento non argomentando rispetto alla ulteriore opposizione che era stata proposta dalla persona offesa. L’esponente rileva che nell’atto di opposizione si era sottolineato il mancato espletamento di tutte le indagini ordinate dal G.i.p. in esito alla prima richiesta di archiviazione, non accolta.
L’esponente denuncia l’abnormità del provvedimento impugnato. Ciò in quanto il giudicante ha abdicato alla funzione di controllo sulle scelte del pubblico ministero, anche rispetto alla completezza delle indagini suppletive, ed al compito di prendere cognizione del contenuto dell’atto oppositivo.
La parte deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 409, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui limita il ricorso per cassazione nei soli casi di nullità ex art. 127, comma 5, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 112 Cost. Al riguardo, richiama la direttiva 2012/29/EU, recepita con d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, che delinea lo statuto della persona offesa.
Il ricorso in esame è inammissibile.
Deve osservarsi che questa Suprema Corte ha da tempo chiarito che a mente dell’art. 409, comma 6, cod. proc. pen. – norma tuttora applicabile al caso di specie, a fronte di ricorso proposto anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017 – il provvedimento di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5, cod. proc. pen. e cioè per la mancata fissazione dell’udienza in camera di consiglio o per il mancato avviso ai soggetti interessati, ipotesi nelle quali si verifica una violazione del diritto al contraddittorio. E che, diversamente, non possono essere dedotte in sede di legittimità le questioni afferenti al merito ed alla congruenza della motivazione posta a fondamento del provvedimento con il quale si è disposta l’archiviazione (Cass. Sez. U. sentenza n. 24 del 9.06.1995, dep. 3.07.1995, Rv. 201381; Cass. Sez. I, sentenza n. 9440 del 3.02.2010, dep. 9.03.2010, Rv. 246779).
Ciò premesso, deve considerarsi che, nel caso di specie, la parte ricorrente muove censure che involgono, in realtà, unicamente il merito dell’ordinanza di archiviazione resa dal giudice per le indagini preliminari, all’esito dell’udienza camerale fissata a seguito di opposizione alla seconda richiesta di archiviazione, presentata dal pubblico ministero. Ed invero, l’esponente, nel dedurre l’abnormità dell’atto, si limita a dolersi del contenuto del provvedimento di archiviazione, anche rispetto alla valutazione – pure contenuta nel provvedimento impugnato – circa la completezza delle indagini suppletive svolte.
Deve pure rilevarsi la manifesta infondatezza della eccezione di legittimità costituzionale dedotta dalla parte offesa ricorrente.
La Corte Costituzionale, infatti, ha rilevato la legittimità della disciplina codicistica in tema di opposizione alla richiesta di archiviazione. Si fa riferimento alle sentenze di rigetto n. 413 del 1994 e n. 95 del 1997. In quest’ultima sentenza, in particolare, la Corte Costituzionale ha osservato che “La disciplina apprestata dall’art. 410, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen., è infatti idonea a tutelare le ragioni della persona offesa sia nel caso in cui questa intenda contrastare carenze e lacune investigative, sia quando l’opposizione sia basata su una valutazione dei fatti ovvero su ragioni in diritto diverse da quelle poste a base della richiesta di archiviazione del pubblico ministero”. Deve altresì considerarsi che il d.lgs. n. 212 del 2015, citato dalla ricorrente, emanato in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, non ha altrimenti interpolato le norme riguardanti l’opposizione alla richiesta di archiviazione, per difetto di rilevanza, rispetto al tema della direttiva.
È poi appena il caso di considerare che l’art. 410-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 103/2017, nel prevedere il reclamo innanzi al tribunale avverso i provvedimenti di archiviazione nei casi di nullità, stabilisce, al comma 2, che l’ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall’art. 127, comma 5, cod. proc. pen. Come si vede, il legislatore, nel porre mano, da ultimo, alla disciplina codicistica afferente alle impugnazioni proponibili dalla persona offesa a fronte della archiviazione del procedimento, ha sostanzialmente confermato la previgente disposizione, limitando l’impugnazione, avverso l’ordinanza di archiviazione, ai casi previsti dall’art. 127, comma 5, cod. proc. pen., riguardanti le garanzie del contraddittorio.
?Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che si impone, segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, liquidata come a dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende.
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