Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 778 depositata il 11 gennaio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – ACCESSO ISPETTIVO IN DITTA – VIOLAZIONI IN MATERIA DI FORMAZIONE E VALUTAZIONE DEI RISCHI – POLVERI SOTTILI – UTILIZZO DEI REAGENTI CHIMICI
Fatto
Con sentenza in data 8.3.2016 il Tribunale di Brindisi ha condannato F.P. alla pena di € 1.400 di ammenda, ritenendola responsabile del reato di cui all’art.227 comma 1 in relazione all’art.262 comma 2 lett. b) d.lgs. 81/2008 per aver omesso, in qualità di rappresentante legale della s.r.l. ADI.C.L.A., di formare ed informare due dipendenti sui rischi derivanti dalle polveri sottili e sull’utilizzo dei reagenti chimici, essendo stata trovata sprovvista nel corso di un accesso ispettivo presso un cantiere edile temporaneo, della documentazione attinente alla informativa ed assunzione assentita della valutazione rischi per i lavoratori. Avverso la suddetta pronuncia l’imputata ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso per Cassazione con il quale lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, l’inutilizzabilità della deposizione dell’Ispettore del Lavoro, dalla cui deposizione era stata essenzialmente tratta la penale responsabilità dell’imputata, sostenendo che: a) è precluso agli agenti di PG, ex art. 195, comma 4 c.p.p., deporre sul contenuto delle dichiarazioni loro rese dalle persone che possono riferire su circostanze idonee alla prosecuzione delle indagini, ovverosia nello specifico i due lavoratori dipendenti, rinvenuti nel cantiere al momento dell’ispezione; b) il teste aveva fatto riferimento alle dichiarazioni rese dai due dipendenti, configurandosi perciò la testimonianza indiretta, senza che i testi di riferimento – che peraltro indossavano al momento del sopralluogo la mascherina apposita per evitare di respirare sostanze dannose – fossero stati chiamati a deporre, malgrado l’esplicita richiesta formulata dalla difesa. Contesta, inoltre, il fondamento documentale della pronunciata condanna, non contenendo il fascicolo alcun documento e non risultando che il “complesso delle analisi cui era pervenuta la Direzione Provinciale del Lavoro”, menzionata dall’unico teste escusso, fosse stato mai acquisito.
Diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
Risulta dalla sentenza impugnata che il fondamento della responsabilità ascritta all’imputata è costituito non già dalle dichiarazioni rese dai lavoratori rinvenuti sul cantiere in occasione del sopralluogo ispettivo, bensì dalla mancanza dei documenti aziendali attestanti la regolare acquisizione dei dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio relativo agli agenti pericolosi presenti sul luogo di lavoro, la formazione e le informazioni fornite ai lavoratori ivi impegnati su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggersi, dati di cui la legale rappresentante della ditta appaltatrice era stata trovata sprovvista all’esito del sopraluogo ispettivo. Il reato in esame si perfeziona, invero, con la violazione dell’obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori gravante sul datore di lavoro, che è conseguentemente tenuto ad analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, in via preventiva, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per prevenirli (Sez.4, n. 20129 del 10/03/2016 – 16/05/2016, Serafica, Rv. 267253).
Mentre le dichiarazioni testimoniali che hanno dato solo occasione all’espletamento delle indagini, sono state ritenute irrilevanti rispetto all’accertamento della contravvenzione in contestazione, non essendo state neppure menzionate dal giudice di merito, la ratio decidendi che informa la sentenza impugnata è costituita dall’assenza della documentazione formale, idonea ad attestare la formazione dei dipendenti sui punti espressamente indicati dall’art. 262 del d.lgs. 81/2008 che, a riprova della mancata redazione, l’imputata ha esibito, come affermato dal Tribunale, solo in epoca successiva all’eseguito controllo dell’organo di vigilanza, con datazione, quindi, ad esso posteriore.
Inconferente ai fini della assunta illogicità della sentenza impugnata è, pertanto, anche il rilievo relativo alla circostanza che i due dipendenti trovati sul cantiere indossassero una mascherina di protezione dalla inalazione di sostanze dannose, perfezionandosi la contravvenzione in esame con la mancata redazione della documentazione richiesta ex lege ai fini della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Segue all’esito del ricorso la condanna della ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
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