CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 9754 depositata il 11 marzo 2021
Sicurezza sul lavoro – Violazione delle norme antinfortunistiche – Lesioni colpose – Responsabilità – Delega di funzioni – Valutazione dei rischi – Esclusione
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza emessa in data 3 marzo 2012, ha confermato la pronuncia resa dal Tribunale di Lanciano con cui C.O. era stato ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose commesse con violazione delle norme antinfortunistiche e condannato alla pena di giustizia.
All’imputato era addebitato, nella qualità di amministratore della “T.S. s.r.l.”, datore di lavoro di D.G., di avere cagionato al suddetto dipendente lesioni personali gravi, consistite in una frattura pluriframmentaria scomposta radiale e ulnare, dovuta ad una rovinosa caduta lungo la linea del carroponte esistente nell’azienda, denominata “T.”. Si legge nella imputazione che l’imputato aveva, per colpa generica ed in violazione degli artt. 2087 cod. civ. e 71, comma 2, dlgs. n. 81/2008, omesso di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, erano necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, predisponendo, sul “carroponte” a cui era addetto l’operaio, la realizzazione di interventi atti ad impedire il rischio di inciampo e caduta dovuto alla presenza di tubi idraulici sullo stesso innestati i quali, al momento dell’infortunio, erano ubicati a un’altezza variabile da 33 a 35 cm. dal suolo.
I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, hanno ritenuto dimostrata la responsabilità dell’imputato, evidenziando che il datore di lavoro non aveva considerato il rischio di caduta dei lavoratori connesso alla presenza dei suddetti tubi idraulici, omettendo di interrarli o rimuoverli.
2. Avverso la sentenza di cui sopra ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, il quale articola i seguenti motivi di ricorso (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
I) Contraddittorietà della motivazione risultante dal testo dei provvedimento impugnato con riferimento alla ritenuta violazione dell’art. 71 d.lgs. 81/08.
Nella sentenza oggetto di gravame i giudici sarebbero caduti in contraddizione, addebitando all’imputato la violazione dell’art. 71 d.lgs. 81/08 benchè, nel corpo della motivazione, si dica che il rischio da caduta fosse stato previsto nel documento di valutazione rischi. Verrebbe in rilievo il passaggio nel quale i giudici affermano: «proprio l’ottemperanza alle prescrizioni ha determinato l’esatta qualificazione del rischio come “basso”, essendo invece errata la qualificazione precedente per le ragioni esposte».
II) Erronea applicazione degli artt. 28 e 29 del d.lgs 81/2008 relativamente ai criteri di valutazione del rischio utilizzati dal C.O. per la redazione del DVR.
L’oggetto e le modalità per l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori sono indicate negli articoli 28 e 29 del d.lgs. 81/08 che contengono direttive generali di applicazione. L’art 28 del dlgs. 81/2008 prevede la metodologia di valutazione dei rischi per la sicurezza e l’art. 29, al comma 3, prevede che “la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità”.
La Corte d’appello, nella parte motiva, dopo aver dato atto dell’intervenuta analisi e valutazione del rischio da parte del C., ha censurato i criteri di valutazione dei rischio impiegati, che, al contrario, risultano essere stati rispettati nel caso in esame, attesa anche l’assenza di precedenti eventi infortunistici.
III) Erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art. 17 d.lgs. 81/08 e 71 della medesima fonte normativa.
Il C., accertata la valutazione del rischio, si è avvalso di una delega di funzioni in materia di sicurezza del lavoro. Tale procura venne rilasciata al fine di permettere, al soggetto che vive all’interno dell’azienda (delegato), l’identificazione delle scelte operative e dei compiti connessi per dare attuazione alle misure di prevenzione e protezione. In ossequio all’orientamento giurisprudenziale, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante.
IV) Annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato.
3. Nei termini di legge hanno rassegnato conclusioni scritte per l’udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020) il P.G. e la difesa dell’imputato.
Il P.G. ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione.
La difesa si è riportata ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento. In subordine, ha chiesto la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
Considerato in diritto
1. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Non si individua il vizio di motivazione lamentato dalla difesa nel primo motivo di ricorso.
La Corte di appello sostiene che il rischio, la cui concretizzazione ha determinato la caduta del lavoratore, non era stato preso in considerazione nel documento di valutazione. Ciò risulta evidente nel passaggio motivazionale in cui si afferma che “le previsioni specifiche per la linea denominata Tandem 2 (p. 37 del documento di valutazione rischi sottoscritto il 9.9.2011) non menzionano in nessun modo il rischio connesso alla presenza di cavi sta bit mente non interrati, la cui rimozione non poteva avvenire quotidianamente come prescritto a p. 30”.
Con argomentazioni lineari e coerenti rispetto alla ricostruzione dei fatti, la pronuncia di appello, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, individua la responsabilità datoriale nella mancata previsione del rischio specifico della possibilità di caduta o inciampo del lavoratore a causa della sporgenza di tubi idraulici innestati sul carroponte denominato “T.”, a cui era addetto il dipendente.
La contraddizione rilevata dalla difesa nel successivo passaggio motivazionale richiamato nel ricorso è soltanto apparente: la lettura dell’intero periodo rivela che il “basso rischio” a cui fanno riferimento i giudici, a pag. 5 della motivazione, è quello risultante dal successivo adeguamento del documento di valutazione dei rischi [«Con l’aggiornamento del 5.6.2012 del documento di valutazione rischi (p. 37) il “rischio inciampo” è stato correttamente qualificato “basso”, essendo stato “effettuato intervento per eliminazione tubo pneumatico con carro in posizione di apertura atta a ridurre rischio inciampo con carro portastampo”»].
3. Manifestamente infondati risultano anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente per la stretta connessione delle argomentazioni ivi esposte, in cui la difesa ribadisce che la Corte di appello avrebbe riconosciuto che il ricorrente aveva adempiuto agli obblighi imposti dall’art. 17 d.lgs. 81/18.
La premessa è evidentemente smentita dal testo della motivazione: come già detto nel precedente paragrafo i giudici addebitano al C., sulla base di argomentazioni lineari e coerenti, la responsabilità di non avere previsto il rischio inciampo sulla linea “T.”.
Le deduzioni che vengono fatte discendere dall’erroneo presupposto da cui muove la difesa risultano inidonee a confutare l’esattezza del ragionamento spiegato dalla Corte di merito.
La individuazione del rischi presenti in azienda, come risulta dal chiaro tenore dell’art. 17 d.lgs. 81/08, è prerogativa del datore di lavoro, non delegabile (“Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28”).
Pertanto, non rileva, ai fini della esclusione della responssabilità del ricorrente, la circostanza che il C. rilasciò a terzi un’apposita delega di funzioni per provvedere agli adempimenti di cui all’art. 71 d.lgs. 81/08, come sì legge nel ricorso.
L’argomento, tuttavia, non centra la problematica riguardante la mancata previsione del rischio nel documento sottoscritto dall’imputato.
4. L’inammissibilità delle doglianze proposte dalla difesa riverbera i suoi effetti anche riguardo al motivo relativo alla dedotta prescrizione del reato, atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità, a norma dell’art. 129, cod. proc. pen., ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione (così Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266). Pertanto, benchè la prescrizione sia maturata in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di appello essa non spiega alcuna efficacia nel caso in esame.
5. Segue all’adottata decisione la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
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