Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 37532 depositata l’ 11 settembre 2019

reati tributari – omessa dichiarazione – determinazione del dolo

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 settembre 2018 la Corte di Appello di Messina ha confermato la sentenza del 15 luglio 2016 del Tribunale di Messina, in forza della quale R.I., nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. C.I., era stato condannato alla pena, sospesa, di anni uno di reclusione per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, attesa la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali Ires ed Iva in relazione all’anno d’imposta 2011 e la conseguente evasione d’imposta, con confisca per equivalente della somma di euro 334.646.

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su due motivi di impugnazione.

2.1. Col primo motivo il ricorrente, deducendo violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, ha osservato che la sentenza doveva considerarsi viziata laddove vi era stata sovrapposizione dell’elemento soggettivo con i connotati tipici dell’elemento oggettivo del reato, mentre in ogni caso il semplice ritardo nell’accertamento comportava la sola applicazione degli interessi di mora.

2.1.1. In ogni caso, secondo il ricorrente sussistevano gravi errori in diritto, dal momento che la Corte territoriale aveva individuato il dolo in re ipsa, ossia nello stesso fatto materiale dell’omissione, mentre al contrario doveva provarsi la consapevole preordinazione dell’omessa dichiarazione all’evasione d’imposta, e ciò per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale. Oltre a ciò, il provvedimento impugnato, richiedendo quale causa di esclusione del dolo specifico la colposità della condotta, postulava una confusione del rapporto tra dolo e colpa rispetto alla relazione tra dolo generico e dolo specifico di evasione. In tal modo la sentenza si era attardata ad escludere l’involontarietà dell’omissione, tra l’altro travisando la documentazione prodotta dall’interessato in ordine alla predisposizione di quanto necessario per la dichiarazione reddituale. In realtà la documentazione prodotta e i comportamenti tenuti non lasciavano dubbi in ordine al fatto che sussisteva incompatibilità col dolo specifico di evasione, dal momento che comunque non era mai stata occultata al fisco la base imponibile della tassazione.

2.1.2. Secondo la sentenza, inoltre, il dolo specifico sarebbe stato comprovato dal fatto che non erano stati interrotti i rapporti col commercialista che non aveva presentato la dichiarazione, condotta successiva al fatto e che poteva peraltro avere tutt’altre motivazioni, e comunque un’incidenza solamente sul trattamento sanzionatorio.

2.2. Col secondo motivo, quanto alla dedotta violazione dell’art. 12-bis d.lgs. 74 cit., in relazione all’art. 240 cod. pen., il ricorrente ha osservato che la confisca non poteva operare per la parte che il contribuente ha versato (ovvero versa) all’erario. Sì che la confisca andava revocata, atteso l’intervenuto accertamento con adesione ed in considerazione dell’accoglimento dell’istanza di rateizzazione col conseguente piano di ammortamento.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è fondato.

4.1. In relazione al primo motivo di censura, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare, in tema di reati tributari, che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una culpa in vigilando sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento anti-doveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Porzio, Rv. 265087; cfr. altresì Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, V., Rv. 267022). Laddove il dolo specifico di evasione è integrato dalla deliberata ed esclusiva intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte nella piena consapevolezza della illiceità del fine e del mezzo (cfr. Sez. 3, n. 43809 del 24/10/2014, dep. 2015, Gabbana e altri, Rv. 265120).

4.2. Ciò posto, vero è che, a fronte della censura contenuta nell’atto di appello in ordine alla mancata considerazione dell’elemento soggettivo del reato, la sentenza impugnata si è limitata ad affermare che l’omessa presentazione della dichiarazione impediva la liquidazione delle imposte in tal modo determinando di fatto un oggettivo vantaggio per il contribuente, quantomeno in relazione al tempo necessario per la verifica dell’omissione e per la ricostruzione del reddito che avrebbe dovuto essere dichiarato. Né il rispetto degli ulteriori adempimenti fiscali avrebbe escluso l’oggettiva offensività della condotta e l’effetto di evasione fiscale, mentre la condotta omissiva “difficilmente” avrebbe potuto avere finalità diverse dall’evasione fiscale.

4.2.1. In tal modo, peraltro, alle questioni sollevate in sede di gravame è stata fornita risposta che non tiene conto dei principi richiamati, limitandosi in realtà a ribadire l’oggettività – invero incontestabile ed in sé sicuramente ascrivibile al soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione, a prescindere dall’eventuale conferimento di incarico professionale – della condotta omissiva quanto alla presentazione delle dichiarazioni fiscali.

4.2.2. Alla stregua di quanto rilevato, pertanto, la motivazione siccome allegata dalla Corte territoriale non si presenta di per sé idonea a sorreggere la decisione assunta.

4.3. L’accoglimento del primo motivo di censura assorbe l’esame del secondo motivo di impugnazione.

5. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Reggio Calabria.