Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza interlocutoria n. 6205 depositata il 1° marzo 2023
proposizione dell’appello nel processo tributario a tutte le parti – applicabilità degli art. 331 e 332 c.p.c.
RITENUTO CHE
1. La Commissione tributaria provinciale di Salerno, con sentenza n.2094/01/17, depositata il 6 aprile 2017, sull’opposizione ad estratto di ruolo per una cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Dogane di Salerno per imposte di sua competenza relative all’anno 2014, per complessivi euro 80.442,2, aveva accolto, in via preliminare, l’eccezione di carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Dogane, costituendo la cartella esattoriale un atto esecutivo fondato su un accertamento non contestato e divenuto definitivo ed avendo il ricorrente articolato vizi di notifica dell’atto in ordine ai quali era chiamato a rispondere l’agente di riscossione Equitalia; i giudici di primo grado, poi, rilevata la tardività della produzione documentale per l’Agente di riscossione, costituitosi soltanto quindici giorni prima della data di udienza, aveva accolto il ricorso per mancata dimostrazione della legale conoscenza della cartella di pagamento.
2. La Commissione tributaria regionale, adita dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, ha accolto il gravame proposto, sulla base delle seguenti considerazioni:
-) l’oggetto della originaria opposizione era la nullità della cartella di pagamento n. 10020160001924365001 e del ruolo n. 2016/122/26001, risultanti da un estratto di ruolo rilasciato al G.D. in data 11 novembre 2016, per tributi doganali anno di imposta 2014, di cui veniva annotata la notifica in data 27 giugno 2016;
-) la documentazione, benché prodotta tardivamente in primo grado, poteva essere nuovamente prodotta in sede di giudizio di appello come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, come poteva essere prodotta dalla parte rimasta contumace in primo grado, anche se si trattava di documentazione preesistente al giudizio;
-) pertanto, analizzando la produzione documentale, si osservava che la cartella era stata indirizzata a G.D. presso un domicilio non determinato, sito in Pontecagnano Faiano alla «Via V. E. SC» e che dalla relata di notifica del messo notificatore risultavano eseguiti due tentativi infruttuosi in data 21 maggio 2016 e 8 giugno 2016, ai quali aveva fatto seguito il deposito alla casa comunale e l’affissione alla porta dell’abitazione o dell’ufficio, informando poi il destinatario con raccomandata con avviso di ricevimento e che, di tanto, si dava atto nella relata di notifica datata 13 giugno 2016, cui aveva fatto seguito l’attestazione di mancato recapito con ritorno al mittente per compiuta giacenza in data 28 luglio 2016;
-) dal certificato di residenza risultava, tuttavia, che G.D. fosse residente, sin dal 30 marzo 2015, in «via V. Emanuele III, n. 64», indirizzo il cui preciso numero civico non consentiva di ritenere ad esso equiparabile quello cui era stato di fatto destinato l’atto, non foss’altro perché non era dato sapere a quale numero civico della medesima arteria stradale fosse stato effettuato dal messo notificatore l’accesso che aveva avuto esito infruttuoso;
-) tuttavia, una volta accertato che le formalità della notifica non erano state regolarmente espletate, andava esclusa sia l’inesistenza della stessa (in mancanza di una esplicita querela di falso sulle annotazioni riportate dal messo notificatore), sia la sanzione di nullità dell’atto da essa portato (il ricorrente, infatti, nulla aveva eccepito in ordine al merito contenutistico e formale della cartella di cui, attraverso l’estratto di ruolo, era venuto comunque a conoscenza);
-) parimenti nell’atto di appello nulla si diceva in ordine alla validità del titolo ed alla causale impositiva in esso riportata, né in ordine alla regolarità della iscrizione a ruolo.
3. G.D. ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
4. L’Agenzia delle Entrate Riscossione si è costituita per l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma primo, cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, in quanto l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, aveva notificato il ricorso in appello soltanto al contribuente e non anche all’Agenzia delle Dogane, litisconsorte nel giudizio di primo grado. Il giudizio di secondo grado era stato caratterizzato dalla violazione del principio del contraddittorio in quanto l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. di Salerno) aveva notificato l’appello soltanto al difensore di G.D., evitando di estendere il contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle Dogane di Salerno. Nonostante il Giudice del primo grado avesse dichiarato la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Dogane, l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546/1992, prevedeva, a carico dell’appellante, l’obbligo di evocare in giudizio tutte le parti che avevano partecipato al giudizio di primo grado, pena l’inammissibilità dell’appello. La predetta eccezione era stata sollevata da G.D. in sede di costituzione nel giudizio di secondo grado ed era stata completamente ignorata dalla Commissione tributaria regionale nella sentenza impugnata.
2. Il secondo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 138, 139, 140, 148 e 160 cod. proc. civ., nonché dell’art. 26, comma 1 e 4 del d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600/1973, per aver ritenuto valida la notifica della cartella esattoriale nonostante l’evidente nullità della medesima per errata indicazione, sulla relazione di notifica e della cartella, dell’indirizzo del destinatario, della via e del numero civico e per avere l’agente notificatore, in presenza di dette incertezze inerenti la persona del destinatario, proceduto al successivo deposito presso la casa comunale. La decisione della Commissione tributaria regionale era contraddittoria, in quanto da un lato aveva avallato la tesi sostenuta dal difensore del contribuente, statuendo che le formalità della notifica non erano state regolarmente espletate, e dall’altro aveva ritenuto valida la notificazione compiuta presso un indirizzo sprovvisto di numero civico. Nel caso in esame, vi era un duplice vizio relativo alla notifica: l’originario errore omissivo dell’Ufficio che non aveva compiutamente indicato l’indirizzo del contribuente omettendo il numero civico; l’intero procedimento notificatorio, in quanto l’agente postale aveva indicato «Via V. Emanuele» al posto di «Via Vittorio Emanuele III s.c.». Dall’annotazione dell’agente postale, riportata nell’avviso, non poteva ricavarsi il corretto espletamento di tutte le formalità prescritte e la notifica compiuta nei confronti del sig. G.D. era nulla ab origine, non rilevando la necessità della querela di falso prospettata dai giudici di secondo grado.
3. Il terzo mezzo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per non avere la sentenza di secondo grado sussunto correttamente l’iter notificatorio seguito in concreto alle norme in materia di notifica degli atti esattoriali, nonché per omessa pronuncia sull’onere incombente sulla esattoria di produrre l’originale della cartella esattoriale affinché fosse possibile valutare la riconducibilità della relata di notifica della cartella esattoriale alla cartella medesima, in presenza della omessa indicazione sulla relata dell’indicazione della persona e del luogo della notifica. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, nel giudizio di appello, si era limitata ad esibire una copia fotostatica della relazione di notifica priva di qualsiasi attestazione di conformità. La Commissione tributaria regionale non avrebbe dovuto ritenere sufficiente la produzione agli atti di causa della predetta fotocopia, valutando necessaria la produzione dell’originale della cartella esattoriale, valutazione che era stata del tutto omessa.
4. Il Collegio ritiene che le questioni sottese all’esame del primo motivo meritino di essere sottoposte alla valutazione delle Sezioni Unite per la loro rilevanza nomofilattica, alla luce dei diversi orientamenti emersi in tema di unitarietà del litisconsorzio nel processo tributario di appello, da ricondurre nell’alveo normativo di cui all’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, con specifico riferimento alle cause scindibili ed inscindibili, da coniugare, in chiave sistematica, con l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in tema di proposizione dell’appello incidentale, e con la rilevanza costituzionale del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost..
4.1 Deve premettersi, sotto il profilo normativo, che il giudizio di appello nel processo tributario trova la propria disciplina negli art. 52- 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992 ed è disciplinato in parte da regola dettate dal legislatore specificamente per tale grado di giudizio e in parte mutuate dal procedimento di primo grado cui espressamente rinvia l’art. 61 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Inoltre, l’art. 49 del decreto legislativo n. 546 del 1992, dettato in materia di impugnazione, dispone espressamente l’applicabilità alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie delle disposizioni del titolo III (Delle impugnazioni), capo I (Delle impugnazioni in generale) del libro II (Del processo di cognizione) del codice di procedura civile e, per quel che rileva specificamente in questa sede, anche degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., fatto salvo quanto disposto nel decreto legislativo citato. In tal senso, giova richiamare anche il contenuto della legge delega 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30, comma 1, lett. g), n. 2, che ha stabilito tra i principi e i criteri direttivi da realizzare un adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile, facendo espresso riferimento alla necessità di «una previsione e disciplina dell’intervento e della chiamata in giudizio di soggetti che hanno interesse allo stesso in quanto, insieme al ricorrente, destinatari dell’atto impugnato o parti del rapporto tributario controverso».
Ciò premesso l’art. 53, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992, prevede, con riferimento al giudizio tributario di secondo grado, che il ricorso sia proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado. Ancora l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992 prevede che la costituzione in giudizio della parte appellata e la proposizione dell’appello incidentale (quest’ultima a pena di inammissibilità) avvengano nei modi e nei termini di cui all’art. 23, depositando apposito atto di controdeduzioni. Occorre precisare che questa Corte ha affermato che la costituzione dell’appellato può anche avvenire mediante trasmissione delle controdeduzioni e dell’atto di impugnazione con plico raccomandato spedito nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale, perché, sebbene l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992 richiami l’art. 23 del medesimo decreto, il quale fa riferimento al solo deposito degli atti, una soluzione che escluda l’ammissibilità del gravame incidentale spedito per posta sarebbe irragionevolmente diversa rispetto a quella prevista dal combinato disposto degli artt. 53 e 22 del decreto legislativo citato che consente di spiegare appello principale anche a mezzo di invio postale, e quindi in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., tanto più che il processo tributario è ispirato al modello della semplificazione delle attività processuali e che l’uso dei mezzi di trasmissione è ampiamente ammesso nel sistema dei processi civili e amministrativi (cfr. Cass., 19 novembre 2021, n. 35393; Cass., 19 ottobre 2012, n. 17953, in motivazione).
4.2 Premesso, dunque, che la norma di cui all’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 è finalizzata a tutelare il cumulo soggettivo in sede di impugnazione, questa Corte si è trovata ad affrontare il problema delle conseguenze della mancata osservanza di tale norma e soprattutto la questione se, nel giudizio tributario di secondo grado, si possa far ricorso o meno agli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., nonché se la costituzione volontaria del contraddittore sia idonea a sanare eventuali profili di nullità e se produca o meno gli stessi effetti dell’ordine di integrazione, ove ritenuto necessario. In proposito, questa Corte ha rilevato che dalla lettura dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 non si evince che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità e, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista o quando comunque l’atto abbia raggiunto il suo scopo (cfr. Cass., 5 giugno 2010, n. 14423, in motivazione).
4.2.1 Mette conto rilevare che l’art. 331 cod. proc. civ. disciplina il litisconsorzio nelle fasi di gravame, in presenza di cause inscindibili e di cause tra loro dipendenti e si applica qualora l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte le parti processuali presenti nel giudizio di primo grado; tale norma consente al giudice d’appello di ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissando un termine perentorio per l’effettuazione della notifica, con l’ulteriore corollario che, in caso di ottemperanza dell’ordine, essendo sanato il vizio con efficacia retroattiva, il giudizio proseguirà normalmente; mentre, in difetto di ottemperanza all’ordine del contraddittorio, l’appello sarà dichiarato inammissibile. L’art. 332 cod. proc. civ., di contro, regola l’ipotesi di litisconsorzio nelle cause scindibili, quando ancora una volta l’atto di appello non viene proposto nei confronti di tutte le parti presenti nel giudizio di primo grado; in questo caso, la notifica dell’atto di impugnazione, ordinata dal giudice, può avvenire, sempre in un termine perentorio, nei confronti delle parti per le quali non sia preclusa o esclusa l’impugnazione per decorrenza del termine o per acquiescenza e lo stesso art. 332 cod. proc. civ. prevede che, qualora le parti interessate non provvedano ad effettuare detta notifica, il processo rimarrà sospeso fino al momento in cui non siano decorsi i termini per impugnare, e una volta decorsi il processo proseguirà il suo svolgimento.
4.2.2 Sulla questione dell’individuazione delle cause inscindibili (riconducibili al litisconsorzio necessario) e di quelle scindibili (riconducibili al litisconsorzio facoltativo), autorevole dottrina ha ritenuto che l’inscindibilità in sede di impugnazione non ricorre solo quando la necessità del litisconsorzio discende da ragioni di tipo sostanziale, ma anche quando discende da ragioni di tipo processuale e ciò succede in ragione di eventi sopravvenuti nel corso del giudizio di primo grado, ovvero quando: a) ad una delle parti siano succedute più persone; b) un terzo sia stato chiamato a partecipare al giudizio per ordine del giudice o su istanza di parte; c) altre parti, portatrici di una posizione non scindibile con la posizione delle parti originarie, siano intervenute nel processo. Le cause dipendenti, poi, sono quelle legate dal vincolo della pregiudizialità, tale per cui la decisione dell’impugnazione del rapporto principale condiziona, influenza e pregiudica quella sul rapporto dipendente. Le cause scindibili sono state individuate in quelle, invece, in cui il cumulo in primo grado, sia stato determinato da una connessione oggettiva (in assenza, tuttavia, di un rapporto di dipendenza), ovvero in presenza di una pluralità di rapporti giuridici distinti e separabili, autonomi, ma cumulati, in primo grado, in un unico giudizio. Più in particolare, con riferimento alla figura della connessione tra cause è stato precisato che mentre nel caso di connessione per identità di titolo, ovvero per identità di causa petendi, la causa è scindibile, nell’ipotesi, invece, di connessione per identità del diritto fatto valere in giudizio, deve comunque preferirsi la trattazione unitaria in quanto una eventuale trattazione separata in grado d’appello potrebbe portare a un contrasto tra giudicati.
4.3 La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto applicabile al processo tributario di secondo grado gli stessi principi che regolano nel processo civile le cause inscindibili e quelle scindibili.
4.3.1 In particolare, è stato affermato che l’esplicita e chiara formulazione dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, impone all’appellante principale nel giudizio tributario di notificare l’impugnazione a tutti i soggetti che erano stati parte nel giudizio di primo grado, determinando quindi un’ipotesi normativa di litisconsorzio necessario di natura processuale; sicché, coerentemente con tale impostazione, l’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel disciplinare le modalità di proposizione dell’appello incidentale, ne impone esclusivamente la formulazione nel contesto della memoria di controdeduzioni ed il deposito nei termini previsti per tale atto, senza imporre all’appellante incidentale alcun onere di notifica a parti non evocate in giudizio dall’appellante incidentale (Cass., 15 luglio 2020, n. 14982; Cass., 18 aprile 2017, n. 9757; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934; Cass., 6 novembre 2013, n. 24868).
E’ stato, altresì, precisato che il concetto di litisconsorzio necessario va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche alle ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio e che l’esplicita e chiara formulazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 546 del 1992 impone all’appellante principale nel giudizio tributario di notificare l’impugnazione a tutti i soggetti che erano stati parte nel giudizio di primo grado, determinando quindi un’ipotesi normativa di litisconsorzio necessario di natura processuale. Infatti l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 cod. proc. civ.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti siano state presenti nel giudizio di primo grado (cfr. Cass., 19 agosto 2020, n. 28562; Cass., 14 dicembre 2019, n. 33028; Cass., 6 novembre 2019, n. 28562; Cass., 9 dicembre 2019, n. 32085; Cass., 24 maggio 2019, n. 14213; Cass., 8 marzo 2019, n. 6833 del 2019; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27616; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934. Ancora è stato ritenuto che anche nel processo tributario l’art. 331 cod. proc. civ. trova applicazione anche nelle cause dipendenti, che riguardano due o più rapporti scindibili, ma logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune, che meritano, per esigenze di non contraddizione, l’adozione di soluzioni uniformi nei confronti delle diverse parti che abbiano partecipato al giudizio di primo grado (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4597; Cass. 13 luglio 2016, n. 14253; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1225), ribadendosi, altresì, che il concetto di causa «inscindibile», di cui all’art. 331 cod. proc. civ., va riferito non solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma anche a quelle di litisconsorzio necessario processuale, che si verificano quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio (Cass. 22 gennaio 1998, n. 567; Cass., 1 aprile 1999, n. 3114; Cass., 1 marzo 2011, n. 2998; Cass., 6 novembre 2002, n,. 15546; Cass., 8 agosto 2003, n. 11946; Cass., Sez. U., 12 dicembre 2006, n. 26420; Cass., 26 gennaio 2010, n. 1535; Cass., 8 novembre 2017, n. 26433; Cass., 29 marzo 2019, n. 8790).
E’ stato, inoltre, affermato che, nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27616; Cass., 27 maggio 2015, n. 10934) e che, nell’ipotesi di omessa impugnazione nei confronti di tutte le parti di sentenza pronunciata in causa inscindibile – da riferirsi, oltre che al litisconsorzio necessario sostanziale, anche a quello processuale – il giudice di appello, in applicazione dell’art. 331 cod. proc. civ., deve disporre l’integrazione del contraddittorio, sicché, in difetto di emissione di tale ordine, il gravame non è inammissibile, ma solo nullo l’intero procedimento di secondo grado e la sentenza che lo ha concluso e il relativo vizio è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass., 4 dicembre 2014, n. 25719).
4.3.2 Si tratta di pronunce, tutte, che muovendo dal presupposto dell’applicabilità dell’art. 331 cod. proc. civ., al processo tributario e dalla premessa che quest’ultima norma disciplina sia il litisconsorzio necessario sostanziale, che quello processuale, assumono la necessità, solo nelle cause inscindibili o dipendenti, di ordinare nel giudizio tributario di secondo grado l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti del processo di primo grado, in virtù del disposto normativo di cui all’art. 53, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992, che, tuttavia, nulla dice in tema di inscindibilità o di dipendenza di cause; considerazione che rileva a fronte di numerose altre pronunce che, partendo dal presupposto della scindibilità delle cause, hanno affermato l’insussistenza dell’obbligo di disporre la notificazione dell’atto di appello in favore della parte, pure presente nel giudizio di primo grado, sull’assunto della sua estraneità al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e della conseguente scindibilità della causa, ritenendo insussistente la violazione dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992.
4.3.3 E’ stato così affermato che il litisconsorzio in appello tra l’Amministrazione finanziaria e il concessionario del servizio di riscossione (nel caso di evocazione in giudizio di entrambi in primo grado) sussiste solo nel caso di cause inscindibili, per aver le censure investito, oltre al merito della pretesa tributaria, anche vizi propri della cartella, con la conseguenza che nelle ipotesi in cui le censure investano vizi propri della cartella non sussiste alcuna violazione del contraddittorio nei confronti dell’Ente di riscossione (Cass., 5 novembre 2021, n. 31922; Cass., 28 aprile 2021, n. 11165; Cass., 14 settembre 2020, n. 19074; Cass., 29 aprile 2020, n. 8329; Cass., 27 ottobre 2017, n. 25588; Cass., 3 gennaio 2014, n. 45) e che qualora la controversia abbia ad oggetto solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria, la mancata proposizione dell’appello anche nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto in primo grado unitamente all’Amministrazione finanziaria, non comporta l’obbligo di disporre la notificazione del ricorso in suo favore, quando sia ormai decorso il termine per l’impugnazione, essendo egli estraneo al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, con la conseguente scindibilità della causa nei suoi confronti, anche nel caso in cui non sia stato eccepito o rilevato il suo difetto di legittimazione (Cass., 14 luglio 2021, n. 20038).
E’ stato, inoltre, osservato che, in tema di contenzioso tributario, l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., con la conseguenza che, in presenza di cause scindibili, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parti pretermesse, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (Cass., 27 ottobre 2017, n. 25588, citata, che ha ritenuto esente da critiche l’omessa integrazione del contraddittorio in appello nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, convenuto nel giudizio di primo grado insieme all’Amministrazione finanziaria, tenuto conto che l’impugnazione aveva ad oggetto solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria e che il termine per impugnare era già decorso (Cass., 12 novembre 2014, n. 24083). Cass., 9 maggio 2007, n. 10580).
Questa Corte, nelle pronunce citate, ha richiamato il principio secondo cui ≪In tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente abbia impugnato una cartella esattoriale, emessa dal concessionario per la riscossione, per motivi che non attengono a vizi della cartella medesima, il ricorso deve essere notificato all’ente impositore (nella specie l’Agenzia delle Entrate) quale titolare del credito oggetto di contestazione nel giudizio, essendo il concessionario un mero destinatario del pagamento, o più precisamente, mutuando lo schema civilistico dell’art. 1188 cod. civ., il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento≫ (cfr. Cass., 16 febbraio 2022, n. 5062; Cass., 14 settembre 2020, n. 19074; Cass., 15 aprile 2011, n. 8613; Cass. 24 settembre 2014, n. 201424), nonché l’ulteriore principio secondo cui ≪ In materia tributaria, ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo n. 546 del 1992 in caso di impugnazione di cartella esattoriale, la legittimazione passiva esclusiva del concessionario del servizio di riscossione dei tributi sussiste se l’impugnazione concerne vizi, propri della cartella o del procedimento esecutivo, mentre può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, qualora i motivi di ricorso attengano alla debenza del tributo≫ (Cass., 28 aprile 2017, n. 10528; Cass., 9 novembre 2016, n. 22729; Cass., 2 febbraio 2012, n. 1532).
4.3.4 Anche queste pronunce, così come le precedenti, pongono la questione della compatibilità o meno delle regole contenute negli artt. 331 e 332 cod. proc. civ. con il processo tributario e, in particolare, con l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, sulla base del presupposto secondo cui anche nel processo tributario vale la dicotomia cause scindibili e inscindibili, per cui, quando le cause sono scindibili e la parte pretermessa non ha avuto notificato l’appello e sono decorsi i termini per proporre l’appello, non occorre integrare il contraddittorio. Nella sostanza si afferma che il legislatore tributario, con la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 53 del decreto legislativo n. 546 del 1992 non abbia introdotto, con specifico riferimento al processo tributario di appello, una fattispecie di litisconsorzio processuale (generalizzato) senza deroghe, ovvero indipendentemente dalla circostanza che le cause siano scindibili o meno; va da sé che secondo l’opposta lettura dell’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, l’art. 332, primo comma, cod. proc. civ. non potrebbe trovare applicazione nel processo tributario per incompatibilità con le regole che lo disciplinano, secondo la clausola di salvaguardia ex art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992.
4.4 Nel processo tributario, inoltre, tenuto conto che l’appello incidentale può essere proposto solo con il deposito dell’atto contenente le controdeduzioni, ai sensi dell’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992, la parte appellata che ha interesse ad impugnare nei confronti di tutte le parti presenti nel giudizio di primo grado, nelle cause scindibili (come è quella in esame), non può notificare la sua impugnazione incidentale alle parti presenti nel giudizio di primo grado ai quali l’appellante principale non ha notificato il suo atto di appello, così non consentendogli di instaurare il contraddittorio con le parti interessate dal capo della sentenza da lui appellata e che lo ha visto soccombente, con l’evidente grave lesione del suo diritto di difesa. La questione posta è, dunque, quella di accertare se l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, disciplini o meno un litisconsorzio necessario processuale che imponga sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindibile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, ovvero se il legislatore abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile, così evidenziando gli aspetti peculiari della disciplina del processo tributario di appello e tra questi le modalità di proposizione dell’appello tributario stabilite dall’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
5. In conclusione, il Collegio, in considerazione della particolare importanza delle questioni di diritto sottoposte, ritiene opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente di questa Corte, ai sensi dell’art. 374, comma secondo, cod. proc. civ., ai fini dell’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite
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