CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 11242 depositata il 26 aprile 2024
Tributi – Cartella di pagamento – IRPEF – Sospensione dei termini relativi ai versamenti tributari – Evento sismico dell’aquilano – Residenti all’interno del “cratere sismico” – Legittimo mancato versamento dell’acconto IRES – Finalità emergenziali – Rigetto
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate notificava a Ci.Lu., esercente un’impresa di manutenzione di impianti e macchinari, la cartella di pagamento n. (…), emessa ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 in relazione al tributo dell’Irpef con riferimento all’anno 2011.
L’Amministrazione finanziaria illustrava che il contribuente, titolare di impresa avente sede in Comune dell’aquilano interessato dall’evento sismico del 6.4.2009, e sito nell’area del c.d. cratere sismico, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2011 aveva annotato in compensazione un’eccedenza di imposta che sarebbe maturata nell’anno 2010, pari ad Euro 45.682 (ric., p. 2), in relazione ad acconti eccedenti il limite del saldo d’imposta dichiarato. Si trattava, però, contestava l’Agenzia delle Entrate, di importi non versati, in considerazione della normativa emergenziale che aveva sospeso i termini di pagamento, di crediti non maturati e perciò non utilizzabili.
2. Il contribuente impugnava la cartella esattoriale innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila, contestando sia l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria, sia l’utilizzo indebito della procedura di cui all’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 da parte dell’Ente impositore. La CTP respingeva il suo ricorso.
3. Spiegava appello, avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, Ci.Lu., innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo. La CTR riformava la decisione dei primi giudici, ritenendo fondate le ragioni del contribuente di cui accoglieva l’impugnazione, sia in relazione alla possibilità di utilizzare il credito maturato anche con riferimento ad acconti ancora da versare, sia in relazione all’illegittimo utilizzo da parte dell’Ente impositore della procedura di cui all’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 per avanzare la pretesa tributaria.
4. L’Amministrazione finanziaria ha introdotto ricorso per cassazione avverso la decisione adottata dalla C.T.R., affidandosi a due motivi di impugnazione. Il contribuente resiste mediante controricorso, ed ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione o falsa applicazione del combinato disposto dall’art. 1, comma 1, del D.m. 9.4.2009, dall’art. 1, comma 1, dell’Opcm n. 3780/09, dall’art. 25, comma 2, del D.L. n. 78 del 2009, come conv., del D.L. n. 78 del 2010 (ndr Legge 03 agosto 2009, n. 102), come conv., e dai Provv.ti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate nn. 42341 del 16.3.2010 e 151122 del 23.11.2010, nonché dall’art. 22 del TUIR, per avere il giudice dell’appello ritenuto legittimo il “riporto/rimborso/compensazione dell’eccedenza d’imposta derivante da versamenti in acconto non ‘eseguiti’ dalla contribuente (art. 22, TUIR)” (ric., p. 8), risultando integrato “un vero e proprio ‘abuso’ del diritto operato dalla contribuente” (ric., p. 12).
2. Mediante il secondo strumento d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria censura la violazione dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che, nel caso di specie, non potesse procedersi mediante cartella di pagamento ma occorresse provvedere mediante avviso di accertamento.
3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la C.T.R. per avere il giudice dell’appello ritenuto che possa essere utilizzato dal contribuente un preteso credito fiscale che però non è maturato, perché attinente a versamenti non (ancora) eseguiti (perché sospesi).
3.1. La questione oggetto di causa, come segnalato dal contribuente in memoria, è stata specificamente affrontata da questa Corte, in fattispecie analoga per quanto d’interesse, con la pronuncia Cass. sez. V, 22.4.2022, n. 12858, e si è rilevato che “dopo gli eventi sismici della primavera 2009, il d.m. Economia e Finanze del 9 aprile 2009 sospese i termini relativi ai versamenti tributari scadenti nel periodo fra il 6 aprile ed il 30 novembre 2009 per tutti i soggetti residenti nella provincia di L’Aquila.
Successivamente, l’art. 1, comma 2, del d.l. 28 aprile 2009, n. 39, nell’adottare gli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici, individuò il più ristretto ambito dei residenti all’interno del “cratere sismico”, interessato da eventi calamitosi di maggiore intensità; per questi ultimi, stabilì che le misure di agevolazione sarebbero state attuate con apposita ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri. Intervenne così l’OPCM 3780 del 6/6/2009, che per prima dispose la sospensione dei versamenti per i residenti all’interno del “cratere sismico” fino al 30/11/2009.
Successivamente, l’art. 25, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009 dispose la ripresa dei versamenti a partire da giugno 2010, aggiungendo che le modalità per la relativa effettuazione sarebbero state “stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate”.
Nel frattempo, il d.l. 31/5/2010 n. 78, convertito nella L. n. 122/2010, all’art. 39, commi 3-bis e 3-ter, aveva differito al gennaio 2011, per i comuni interni al “cratere”, anche la ripresa degli importi non versati dal 6/4/2009 al 30/6/2010, sempre con 120 rate mensili senza interessi.
Infine, con riferimento agli stessi residenti interni al “cratere”, l’art. 33, comma 28, della L. 12.11.2011, n. 183, ha disposto che la ripresa della riscossione avvenga a decorrere dal mese di gennaio 2012, anche qui con delega al direttore dell’Agenzia di disciplinare le modalità dei versamenti, e che “l’ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento”.
Le concrete modalità di ripresa dei versamenti da parte dei soggetti residenti all’interno del “cratere sismico” sono state così disciplinate dal provvedimento direttoriale n. 151122 del 23 novembre 2010, ove è stabilito che il versamento avvenga mediante un numero massimo di 120 rate mensili di pari importo”.
3.2. Questa Corte regolatrice ha quindi osservato che in considerazione della ricostruita “specifica disciplina inerente alla sospensione dei versamenti delle imposte da parte dei soggetti residenti all’interno del “cratere sismico”, va condivisa la decisione dei giudici d’appello che hanno ritenuto legittimo il mancato versamento dell’acconto IRES per il 2009 da parte della società contribuente, per contro annullando la cartella di pagamento nella parte riguardante il recupero del credito corrispondente.
Detto recupero, infatti, si fonda, per espressa indicazione della stessa amministrazione, sull’applicazione alla fattispecie del provvedimento direttoriale n. 42431 del 16.3.2010, il cui par. 3.2 stabiliva che l’importo degli acconti sospesi andasse riferito al limite dell’imposta dovuta a saldo. Tale ultimo provvedimento, tuttavia, non si inserisce affatto nella sequenza normativa che ha riguardato la fattispecie qui in esame, essendo espressamente limitato alla disciplina della sospensione nei confronti dei soggetti residenti all’interno della provincia di L’Aquila, ma all’esterno del “cratere sismico”.
L’assunto della ricorrente” Amministrazione finanziaria, “in base al quale la diversa disciplina riguardante i residenti interni al “cratere” consentirebbe ai contribuenti l’indebita detrazione di acconti non versati non può essere condiviso: non si tratta, infatti, di vantaggio indebito, ma di mero effetto di una legislazione di favore giustificata dallo specifico pregiudizio conseguito ai suoi destinatari dagli eventi sismici verificatisi. Né, tantomeno, sussistono i presupposti per ravvisare, in capo alla condotta della contribuente, gli estremi dell’abuso del diritto invocati dall’agenzia ricorrente.
Quest’ultima fattispecie, per consolidato orientamento (v. Cass. Sez. U. n. 30055/2008) si fonda sul principio, immanente all’ordinamento, secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio. Siffatto principio non contrasta col canone di riserva di legge, in quanto si traduce “nel disconoscimento degli effetti di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali”; questi ultimi restano inopponibili all’Amministrazione finanziaria “per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione”, tanto da attribuire carattere elusivo ad ogni “operazione economica che abbia quale suo elemento (non necessariamente unico, ma comunque) predominante e assorbente lo scopo elusivo del fisco”, carattere viceversa escluso quando tali operazioni possano (in modo non marginale) spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta” (così, fra le altre, Cass. n. 3938/2014).
Nel caso di specie, in disparte l’assoluta mancanza di operazioni negoziali delle quali possa dubitarsi la finalità elusiva, l’omesso versamento del tributo fu determinato, come si è osservato, dalla diretta applicazione della disciplina di riferimento, ed è esclusivamente giustificato dalle finalità emergenziali di quest’ultima“, Cass. sez. V, 22.4.2022, n. 12858.
Il primo motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria risulta pertanto infondato e deve essere respinto, il secondo motivo di impugnazione rimanendo assorbito.
In definitiva il ricorso deve essere rigettato.
4. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.
4.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 7.600,00 per compensi, oltre 15% per spese generali ed Euro 200,00 per esborsi, accessori come per legge.