CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 12608 depositata l’ 8 maggio 2024
Tributi – Avviso di accertamento – IMU – Mancato riconoscimento benefici abitazione principale – Accoglimento
Rilevato che
1. Ba.Va. impugnava dinanzi alla CTP di Perugia l’avviso di accertamento n. 403 del 9.12.2019 con il quale il Comune di Passignano sul Trasimeno pretendeva il pagamento dell’importo di Euro 1.021,34 a titolo di imposta IMU non versata per l’anno 2014 relativamente ad un immobile di sua proprietà sito nel Comune di Passignano sul Trasimeno, in Loc. (…), sul presupposto che non sussistessero in capo al contribuente le condizioni per il riconoscimento dei benefici dell’abitazione principale.
2. L’adìta CTP rigettava il ricorso.
3. Sull’impugnazione del contribuente, la CTR dell’Umbria rigettava il gravame, affermando che, per poter beneficiare dell’agevolazione per l’abitazione principale, occorreva che il proprietario provasse che l’abitazione costituiva dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, laddove nel caso di specie era pacifica la residenza del coniuge in un Comune diverso, né risultava che i coniugi fossero tra loro separati.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Ba.Va. sulla base di tre motivi. Il Comune di Passignano sul Trasimeno ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
1. Preliminarmente, destituita di fondamento è l’eccezione, formulata dal resistente, di improcedibilità del ricorso per aver Ba.Va. prodotto unicamente la copia autentica della sentenza impugnata, anziché la copia notificata munita della relata di notificazione.
Invero, il ricorrente ha prodotto la copia informatica della sentenza qui impugnata, attestandone la conformità rispetto alla copia analogica dalla quale è stata estratta, corredata dalla pec ricevuta in data 27 settembre 2021 dal Comune di Passignano, laddove non erano nella sua disponibilità le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 21349 del 06/07/2022, con riferimento ad un caso in cui il ricorrente non aveva depositato alcunché a dimostrazione della data di ricezione della notifica della sentenza di secondo grado).
Ragion per cui, ferma restando la procedibilità del ricorso, il ricorrente ha tempestivamente proposto l’impugnazione avverso la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Regionale per l’Umbria, sez. terza, n. 234/3/2021, depositata in data 17 settembre 2021 e notificata via pec in data 27 settembre 2021 dal Comune di Passignano sul Trasimeno.
2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la “Erroneità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, per violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, così come interpretato dalla Circolare n. 3/DF del 18.05.2021 del MEF” (secondo cui, solo nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili situati nello stesso territorio comunale, l’aliquota e la detrazione per l’abitazione principale e per le relative pertinenze devono essere uniche per l’intero nucleo familiare indipendentemente dalla dimora abituale e dalla residenza anagrafica dei rispettivi componenti), per non essergli stata riconosciuta l’esenzione dal pagamento dell’imposta IMU per l’anno 2014 malgrado l’immobile fosse adibito ad abitazione principale.
2.1. Il motivo è fondato.
L’orientamento in tema di IMU che fino al recente intervento della Corte Costituzionale era prevalso in seno a questa Corte era nel senso di ritenere che l’esenzione prevista per la casa principale dall’art. 13 comma 2 del d.l. n. 201 del 2011 richiedesse non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorassero stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedessero anagraficamente. In applicazione di tale principio, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4166 del 19/02/2020, ad esempio, aveva confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che l’immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro Comune.
Tuttavia, questo orientamento deve essere rivisto alla luce del recente intervento della Corte Costituzionale con il quale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove, parlando di “nucleo familiare”, finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione.
In particolare, con sentenza n. 209 del 13.10.2022, la Corte ha stabilito quanto segue:
a) nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile;
b) in quest’ottica, l’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell’articolo 13, d.l. 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021);
c) quest’ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è infatti giunta “a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile”.
La Consulta ha chiarito che quest’ultimo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità; ha poi precisato che in “un contesto come quello attuale”, “caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.
Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla “prima casa”, non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto i quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio.
La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e, però, ha ritenuto “opportuno chiarire” che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare “i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli”, controlli che “la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci”.
Pertanto, nel caso di specie, in cui gli immobili dei coniugi adibiti ad abitazioni principale sono ubicati in comuni diversi (ovvero quello della moglie in R e quello del Ba.Va. nel Comune di Passignano sul Trasimeno), non avendo il Comune dedotto alcunché in ordine ad un possibile intento elusivo né avendo chiesto di essere a tal fine rimesso in termini alla luce della sopravvenienza, il motivo in esame merita accoglimento.
Va, dunque, ribadito il principio, già enunciato da Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32339 del 03/11/2022, secondo cui “In tema di esenzione IMU per la casa principale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011, va escluso che la nozione di abitazione principale presupponga la dimora abituale e la residenza anagrafica del nucleo familiare del possessore, per cui – salvo l’accertamento di comportamenti elusivi – il beneficio spetta al possessore dell’immobile ove dimora abitualmente e risiede anagraficamente, anche se il coniuge abbia la residenza anagrafica in diverso comune“.
Il Comune, a pagina 13 del controricorso, si è limitato ad evidenziare che “nel caso di specie, agli atti di causa non risulta allegata dal sig. Ba.Va. alcuna documentazione in grado di giustificare la diversa residenza del nucleo familiare e non si riesce neanche ad ipotizzarne i motivi, essendo il contribuente, per sua stessa ammissione, un pensionato”.
3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la “Erroneità della sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5.”, per aver la CTR omesso di considerare dei fatti decisivi ai fini del giudizio, ovvero per non avere considerato le seguenti circostanze che dimostravano la sua dimora abituale: a) sin dall’anno 1995 egli e sua moglie avevano fissato la loro residenza e tenuto il loro domicilio in immobili ubicati in comuni diversi; b) a partire dal 1995, egli e i suoi due figli Fa. e Pa. avevano risieduto e dimorato abitualmente nel Comune di R, facendo altresì parte dello stesso nucleo familiare; c) i consumi effettivi delle utenze dell’immobile sito nel Comune di Passignano sul Trasimeno.
4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la “Erroneità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, (“nullità della sentenza”) per violazione dell’art. 112 c.p.c.”, per non essersi la CTR pronunciata in ordine alla sua eccezione (reiterata con apposito motivo di appello) di nullità dell’avviso di accertamento notificato a causa dell’illegittimità delle aliquote applicate ai fini del calcolo dell’imposta IMU, essendo state deliberate dal Consiglio Comunale, anziché dalla competente Giunta Comunale.
5. Il secondo ed il terzo motivo restano assorbiti nell’accoglimento del primo.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di accogliere il ricorso originario del contribuente.
La circostanza che si sia reso necessario l’intervento della Corte Costituzionale per chiarire, con la sentenza n. 209 del 13.10.2022, la questione oggetto del presente contezioso giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente; compensa per intero le spese del giudizio.