CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 12895 depositata il 10 maggio 2024
Tributi – Avviso di accertamento – IVA – IRES – IRAP – Operazioni inesistenti – P.V.C. – Accertamento ex art.39 comma 1 lett. d) d.P.R. n. 600/73 – Spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate – Appaltante risponde illimitatamente e solidalmente dei contributi dei subappaltatori – Accoglimento
Rilevato che
1. Con sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, veniva rigettato l’appello proposto dalla società D.D.O.M. Srl avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Brescia n.14/4/2017 che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento impo-esattivo per IVA, IRES, IRAP e accessori relativo all’anno d’imposta 2013 notificato dall’Agenzia delle Entrate.
2. Le operazioni alla base delle riprese poste in essere con le società S.P. Srl e C.S. di Dr.Ga. erano qualificate dall’Amministrazione finanziaria sulla base di p.v.c. nel quadro di un accertamento ex art.39 comma 1 lett. d) d.P.R. n.600/73 come inesistenti per un imponibile complessivo di Euro 3.652.368,00. Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria qualificava come indeducibili i costi e indetraibile l’imposta IVA addebitata.
I giudici del merito, in entrambi i gradi di giudizio ritenevano l’atto impugnato legittimo e le riprese fondate.
3. Avverso la decisione del giudice d’appello propone ricorso la contribuente affidato a due motivi cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso. La contribuente ha prima depositato istanza di sospensione del giudizio ex lege 197/22 e poi una nota in cui ha reso noto di non voler adire alla definizione agevolata di cui alla legge da ultimo citata, chiedendo la trattazione del processo.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. la contribuente prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lett. d) d.P.R. 600/73 e degli artt. 54 e 19 d.P.R. 633/72 in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. Secondo la ricorrente il giudice d’appello ha posto a base della propria decisione elementi e circostanze irrilevanti ai fini della qualificazione giuridica delle operazioni come inesistenti, sostanzialmente invertendo il riparto dell’onere probatorio tra le parti, e senza considerare la documentazione prodotta dalla società allegata alla memoria depositata il 14 giugno 2016, rilevante per la dimostrazione dell’effettività delle operazioni oggetto di accertamento e la buona fede della contribuente. Sarebbero stati anche violati i principi eurounitari in tema di imposta armonizzata, dal momento che la contribuente non sapeva, né avrebbe potuto sapere, di partecipare ad un’operazione economica diretta all’evasione dell’imposta.
5. Il motivo non è inammissibile, in quanto non diretto ad ottenere un mero rinnovato apprezzamento dei fatti come eccepito dalla controricorrente bensì a censurare il canone di riparto dell’onere della prova applicato nella fattispecie, ed è fondato nei limiti che seguono.
5.1. Va premesso che le operazioni di cui ai costi disconosciuti sono state contestate dall’Agenzia come oggettivamente inesistenti, come si evince anche dalla lettura della p. 8 del ricorso, e che la contribuente ritiene tale qualificazione non congruente con la fattispecie e ritiene trattarsi di operazioni soggettivamente inesistenti, dal momento che la merce oggetto delle fatture contestate è stata effettivamente consegnata.
5.2. Non può essere utilmente chiesta una riqualificazione delle operazioni inesistenti nel corso del giudizio. Infatti, il Collegio rammenta che l’onere della prova in caso di riprese per operazioni soggettivamente inesistenti e di operazioni oggettivamente inesistenti non è il medesimo. Nel primo caso, per giurisprudenza consolidata della Corte (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018) se l’Amministrazione finanziaria contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.
5.3. Diversamente da quanto sopra, quando le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti, questa Sezione ha più volte affermato (cfr. ad es. Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018) che una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.
5.4. Chiarito dunque che il giudice deve limitarsi a verificare se vi sono i presupposti per le riprese basate sulla qualificazione delle operazioni contestate come oggettivamente inesistenti, la CTR nel caso di specie ha motivato nei seguenti termini: “Quanto ai costi relativi a operazioni inesistenti oltre alla mancanza di documentazione probante della effettività delle prestazioni manca il pagamento perché se è vero che la compensazione è una forma di pagamento diffusa nel commercio internazionale questa per gli elevatissimi rischi utilizza gli schemi contrattuali ben precisi quali documenti contro pagamento con tratta accettata o avallata da una banca a favore del proprio fornitore, in questo caso si ha una verifica dei crediti da parte di una banca e l’emissione di un titolo che le marche da bollo possono attribuirgli la data certa. da accordi internazionali inoltre a garanzia delle controprestazioni future vi è il rilascio di fidejussioni di primarie banche cosiddette a “semplice cenno”. Di questo non vi è traccia nella documentazione e comunque se nella fattispecie concreta è possibile in teoria una compensazione “libera” correndo tutti i rischi di tesoreria e di insolvenza per la mancanza di contro garanzie di terzi solvibili in questo caso mancano le prove del pagamento ovvero l’incasso del credito dato in compensazione. Si conferma l’inesistenza dell’operazione di acquisto perché mancante della controprestazione, il pagamento del prezzo.
Quanto alla mancanza della Azienda, non vi sono prove che la S.P. Srl avesse una azienda, sicché le operazioni ascrivibili non possono esserlo perché le operazioni commerciali provengono da una azienda. Si rigetta tale motivo.
Quanto alla genericità dei contratti di appalto e dei relativi SAL, l’esperienza quotidiana del settore degli appalti ci insegna che i contratti sono molto voluminosi e che i Sal con il relativo verbale in contraddittorio richiedono informazioni minime che non troviamo in quelli prodotti dalla Società. Si rigetta tale motivo. Quanto al Durc, l’appaltante sa bene che risponde illimitatamente e solidalmente dei contributi dei suoi subappaltatori ma risponde di eventuali risarcimenti che l’Inail liquida in caso di infortunio sul lavoro per culpa in vigilando, in cui si incorre anche inconsapevolmente. Quindi l’imprenditore deve procurarsi il Durc dei suoi subappaltatori. Si rigetta tale motivo”.
6. Sulla base di tale motivazione la CTR, con riferimento alla qualificazione delle operazioni contestata dall’Amministrazione come oggettivamente inesistenti, non applica un chiaro riparto dell’onere della prova. Il giudice ritiene che il punto sia la dimostrazione che le società fatturanti non fossero cartiere (“mancanza della Azienda”) laddove afferma che “non vi sono prove che la S.P. Srl avesse una azienda”. Tuttavia, alla luce dell’insegnamento giurisprudenziale menzionato, l’onere, che ricade sull’Amministrazione, è speculare, ossia fornire la dimostrazione che la società è una cartiera. Inoltre, le presunte cartiere in ordine alle quali va data la prova sono due, oltre alla S.P. Srl vi è anche la C.S. di Dr.Ga. e la parte della “motivazione” a pag.4 della sentenza impugnata non vi fa riferimento. Infine, il tema dei pagamenti su cui insiste più volte la CTR come decisivo è, al contrario, non rilevante ai fini della prova dell’inesistenza, oggettiva come soggettiva, delle operazioni contestate. Il tema dev’essere perciò rimeditato dal giudice del rinvio alla luce dei principi di diritto che precedono.
7. Il secondo motivo di ricorso, dedotto in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. circa la violazione dell’art.109 TUIR da parte della sentenza impugnata per non aver la CTR consentito la deduzione dei costi sostenuti in presenza di operazioni soggettivamente inesistenti è assorbito. L’accoglimento del precedente motivo comporta che la questione della deduzione dei costi dovrà essere esaminata dal giudice del rinvio sulla base della qualificazione delle operazioni inesistenti.
8. In conclusione, accolto il primo motivo, assorbito il secondo, la decisione va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.