CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 12902 depositata il 10 maggio 2024

Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – IRAP – Indagini bancarie – Inammissibilità

Rilevato

Il contribuente, rag. commercialista, era oggetto di indagini finanziarie ex art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 svolte su alcuni conti correnti a lui riconducibili e cui faceva l’emissione ex art. 39 d.P.R. n. 600/1973 di un avviso di accertamento ai fini Irpef e Irap per l’anno d’imposta 2008.

Stante l’esito negativo della procedura di accertamento con adesione, il contribuente adiva pertanto il giudice di prossimità. Il gravame, dopo che all’udienza di discussione era stata prodotta da parte del contribuente copia della sentenza n. 228/2014  della Consulta, veniva parzialmente accolto dalla CTP con conseguente riduzione della pretesa tributaria.

Avverso detta sentenza proponeva appello il contribuente, censurando la motivazione della sentenza sia in ordine alla dichiarata parziale legittimità dell’accertamento condotto, sia in ordine alla mancata valutazione della documentazione offerta a titolo di prova contraria. La CTR confermava la sentenza di primo grado, ribadendo la legittimità dell’avviso impugnato per la parte riferibile ai versamenti.

Invoca la cassazione della sentenza il contribuente che si affida a tre motivi di ricorso, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con controricorso eccentrico al giudizio, perché riguarda altre circostanze, non riferibili alla presente controversia.

In corso di causa si è costituito nuovo procuratore in sostituzione dell’originario difensore del ricorrente.

Considerato

In via preliminare di rito, deve rilevarsi che il controricorso erariale attiene a fatti e circostanze radicalmente estranei al tema del decidere, donde il controricorso stesso dev’essere dichiarato inammissibile.

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

Va premesso, anche ai fini dell’ammissibilità dei motivi, come la sentenza indichi quale appellante, nel suo frontespizio, solo il contribuente. Pertanto, l’inciso de “l’appellante ufficio” (pag. 2) integra un mero refuso, peraltro smentito dalla stessa sentenza ove si precisa che l’Ufficio non ha proposto appello incidentale (pag. 2 – ultima riga).

Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione di norme di diritto di cui agli artt. 32 d.P.R. n. 600/1973 e 51 d.P.R. n. 633/1972 con riferimento all’art. 39 d.P.R. n. 600/1973 e in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.

In sintesi, critica la sentenza per aver la CTR ritenuto legittimo l’accertamento emesso ai sensi dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973 pur in presenza di indagini bancarie eseguite ai sensi del precedente art. 32. Soggiunge che le operazioni bancarie sarebbero state utilizzate acriticamente e meccanicamente dall’Ufficio senza che le stesse fossero supportate da una congrua motivazione e senza tener conto delle analitiche prove contrarie offerte dal contribuente. Deduce altresì che l’Ufficio avrebbe inoltre potuto/dovuto indicare “/e indagini bancarie che, seppur debitamente autorizzate, non risultano supportate da alcuna deduzione perché l’avviso di accertamento si è limitato a riprodurre acriticamente le voci bancarie acquisite”.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e perché censura l’avviso di accertamento in quanto tale, anziché il contenuto della sentenza in rapporto a quest’ultimo (Cfr. Cass., V, n. 6396/2021).

Il contribuente si è invero limitato a contestare, in maniera peraltro generica e a tratti anche oscura, la (sola) motivazione dell’avviso di accertamento che pero non ha riprodotto, nemmeno per estratto, ai fini dell’autosufficienza. È stato invero affermato che “in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo” (cfr. Cass. nn. 16147/2017, 2928/2015, 8312/2013)” (cfr. Cass., V, n. 3829/2023).

In ogni caso il motivo è infondato giacché “mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che “ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine” (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

2.1.3. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare “che i versamenti sono registrati in contabilità e che il contribuente deve provare “che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità” (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).

2.1.4. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale “non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici”, la prova richiesta al contribuente è analitica, “con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze” (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017)” (Cfr. Cass., V, n. 7558/2024).

Il motivo va pertanto disatteso non avendo il ricorrente dimostrato di aver adempiuto, nei precedenti gradi di merito, all’onere probatorio che gli competeva.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denunzia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. per aver la CTR omesso di esaminare e valutare il materiale fornito dal contribuente. La CTR aveva invero rigettato l’appello anche perché generico e aspecifico e senza riferimento alcuno alle specifiche operazioni contestate: genericità che la CTR non ha ritenuto emendabile nemmeno in forza della documentazione versata in atti alla rinfusa”.

Denunzia poi l’apparenza della motivazione perché argomentata in modo evasivo, avendo peraltro richiamato una sentenza resa in relazione all’anno d’imposta 2007 ma dimenticandosi di quella più favorevole ottenuta per l’anno 2006 e peraltro senza alcuna specifica ragione. Soggiunge che sarebbe deducibile il motivo inerente il vizio di motivazione della sentenza perché proteso a rilevare la carenza del ragionamento logico giuridico sotteso alla decisione.

Con il terzo motivo avanza censura per violazione dell’art. 111, co. 6, Cost. precisando che i motivi addotti nel ricorso sarebbero riproponibili per invocare la carenza di motivazione della sentenza anche alla luce dei principi sanciti dalla Carta costituzionale.

I due motivi, scrutinabili congiuntamente, sono inammissibili.

Questa Corte ha invero già avuto modo di precisare che “la censura di omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 83/2012, convertito con modificazioni nella legge n. 134/2012, può trovare ingresso nel giudizio di legittimità solo quando abbia ad oggetto l’esame di un fatto storico, che abbia costituito oggetto di discussione inter partes e che abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia. Per fatto non deve pertanto intendersi una “questione”, quanto un vero e proprio fatto in senso storico e normativo ex art. 2697 c.c., ossia costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo, ovvero anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale. Inoltre, esso deve essere decisivo, nei termini sopra indicati. Ne consegue che non costituiscono “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., né le argomentazioni o deduzioni difensive, né gli elementi istruttori o i documenti in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato disatteso dopo essere stato preso in considerazione dal giudice, ed ancorché il giudicante non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014, Cass. n. 22786/2018).” (Cfr. Cass., V, n. 2231/2021).

Né può essere accolta l’ulteriore, e per vero promiscua, censura di apparenza della motivazione avendo la CTR congruamente espresso le ragioni del rigetto dell’appello, disatteso in ragione della genericità delle censure, di cui la ricorrente non ha fornito prova contraria non avendo avuto cura di riportarle in atti.

Donde il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese per sostanziale assenza di attività difensiva dell’Amministrazione finanziaria, dovendosi dichiarare il controricorso inammissibile per le ragioni sopra esposte in motivazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.