CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 14161 depositata il 21 maggio 2024
Tributi – Avvisi di accertamento – IRES – IVA – Rigetto – nel giudizio di rinvio, il quale e un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo é inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate
Rilevato che
– la società contribuente impugnava gli avvisi di accertamento notificati per IRES e IVA 2006 e 2007;
– la CTP accoglieva in parte i ricorsi, rideterminando il dovuto;
– impugnava la società;
– la CTR accoglieva in parte l’appello, rideterminando ancora il dovuto;
– era quindi emessa la cartella di pagamento, in forza della rideterminazione della CTR, ex art. 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992;
– avverso tale cartella di pagamento G.M. Srl proponeva ulteriore ricorso alla CTP;
– tale ricorso era accolto e la cartella annullata;
– l’Ufficio appellava tale sentenza e la CTR confermava la pronuncia di primo grado;
– tale sentenza era oggetto di ricorso per cassazione da parte dell’Agenzia delle Entrate; questa Corte accoglieva il gravame con ordinanza n. 8329/2019, cassando con rinvio la pronuncia impugnata;
– riassunto quindi il giudizio di fronte al giudice di appello, la CTR rigettava l’appello della società e confermava la legittimità della cartella in parola;
– ricorre a questa Corte la G.M. Srl con atto affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria;
Considerato che
– il primo motivo censura la pronuncia gravata per violazione ed errata applicazione dell’art. 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto non consentito alla società far valere le ragioni a sostegno della erronea quantificazione degli importi pretesi con la cartella di pagamento oggetto del processo per effetto della sentenza della CTR n. 612/30/2014;
– il motivo è infondato;
– in primo luogo, va ricordato che per giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24357 del 10/08/2023) nel giudizio di rinvio, il quale e un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo é inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità;
– ne deriva che la CTR, giudice del rinvio, nella sentenza impugnata ha correttamente solo preso atto del giudicato, che precludeva un nuovo esame della determinazione degli importi dovuti escludendo una nuova emissione di ulteriore e diversa cartella di pagamento perché questa Corte ha ritenuto, invece, sufficiente e idoneo ad adattare la situazione di fatto alle previsioni giudiziali il semplice sgravio parziale del dovuto da parte dell’Amministrazione Finanziaria;
– il secondo motivo denuncia la violazione di legge e l’errata applicazione dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto correttamente assolto, nella cartella di pagamento, l’onere di motivazione quanto al calcolo degli interessi;
– anche tale motivo e infondato;
– recentemente, questa Corte ha chiarito come (Cass. Sez. Un. , sentenza n. 22281 del 14/07/2022) la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, e congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo;
– nel presente caso, la CTR ha accertato come “gli interessi sono stati applicati per il tempo decorrente dalla data del termine per la presentazione della dichiarazione fino alla data di consegna del ruolo al concessionario, come previsto dall’art. 20 del DPR 602/73”; si tratta di interessi che seguono un avviso di accertamento, oggetto di parziale riduzione della pretesa, e quindi è evidente che la cartella in oggetto non è il primo atto con il quale sono richiesti gli interessi, ma atto successivo a quello sul quale la pretesa in argomento si fonda;
– nel presente caso, infatti, la conoscenza da parte del contribuente sia dell’avviso di accertamento precedente, sia della pronuncia giudiziale che ha ridimensionato le pretese ivi manifestate sono elementi che soddisfano l’obbligo motivazionale della cartella, sia pure per relationem, rendendo sufficiente ai fini della legittimità di quest’ultima il conteggio degli interessi e la loro quantificazione in dettaglio senza ulteriori indicazioni in ordine ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li sostengono dal momento che tali elementi si trovano già sia nell’avviso di accertamento, sia nella pronuncia giudiziale di cui si è detto;
– conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato;
– le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 – bis, dello stesso art. 13, se dovuto.