CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 15006 depositata il 29 maggio 2024

Tributi – Avviso di accertamento – Agevolazione IRAP – Superamento della soglia “de minimis” – Accertamento parziale di cui all’  art. 41-bis, D.P.R. n. 600/1973 – Obblighi comunitari di neutralizzazione degli aiuti di stato – Principio di unitarietà dell’accertamento fiscale – Recupero dell’aiuto – Accoglimento

Rilevato che

1. La CTR, nel respingere con la sentenza impugnata l’appello proposto dall’Agenzia, ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti del contribuente (anno d’imposta 2006), conseguente alla contestazione di aver lo stesso superato la soglia “de minimis” rilevante ai fini dell’agevolazione IRAP fruita, e ciò dopo aver già in precedenza emesso altro avviso di accertamento in cui veniva svolto analogo recupero, non integrale però, ma limitato al differenziale fra la “soglia” (Euro 100 mila) e l’importo effettivamente fruito (Euro 131.849,81)

A fondamento della decisione entrambi i giudici hanno ritenuto che non fossero stati allegati dall’amministrazione elementi o fatti sopravvenuti.

L’Agenzia propone così ricorso in cassazione affidato ad un unico motivo, mentre il contribuente resiste a mezzo di controricorso.

Considerato che

1. Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 41-bis e 43, d.p.r. n, 600/1973, in quanto ad avviso dell’Agenzia la stessa in presenza di un mero accertamento parziale, quale era da qualificarsi quello operato sulla medesima vicenda nel 2011, rimaneva intatta la possibilità in capo alla stessa di operare una rivalutazione degli stessi elementi, al fine peraltro di recuperare aiuti di Stato, sottolineando la differenza tra il disposto dell’art. 41-bis, d.pr. n. 600/1973, in tema appunto di accertamento parziale, e quello di cui all’art. 43 stesso decreto, in tema invece di accertamenti integrativi.

1.1. Il motivo è fondato.

In via generale deve confermarsi che l’accertamento parziale di cui al predetto art. 41-bis, d.p.r. n. 600/1973, è fondato sulle risultanze di ulteriori “elementi”, ricavabili da “attività istruttorie” o “segnalazioni” provenienti da vari uffici, da cui si possa dedurre la presenza di ulteriori redditi o maggiore imposta.

Risulta invece estranea a tale sistema l’ipotesi di un “ripensamento” dell’ufficio sulla base degli stessi elementi già presi in considerazione in sede di precedente atto impositivo, ricostruzione che si porrebbe in insanabile contrasto con esigenze di difesa del contribuente. In tal senso si è infatti pronunciata questa Corte

L’avviso di accertamento parziale ex artt. 41 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, e 54, comma 5, d.P.R. n. 633 del 1972, non impedisce all’Ufficio di procedere ad un ulteriore accertamento, per il medesimo periodo di imposta, nei termini di decadenza previsti dalla Legge, purché questo sia fondato su fonti diverse da quelle poste a base del primo o comunque su dati la cui conoscenza, da parte dell’ente impositore, sia ad esso sopravvenuta, non già in applicazione degli artt. 43, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, e 57, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, in tema di accertamento integrativo, stante la non sovrapponibilità dei due istituti, ma in applicazione del generale principio della tendenziale unicità degli accertamenti, di cui gli strumenti previsti da queste due disposizioni costituiscono deroga, altrimenti pregiudicandosi il diritto del contribuente ad una difesa unitaria e complessiva che tale principio garantisce (Cass.04/12/2020, n. 27788).

Tuttavia qui occorre verificare se, ove l’oggetto del recupero sia costituito da aiuti di stato (ricordando che come tali si devono intendere non solo erogazioni ma anche risparmi d’imposta, cfr. in particolare considerando da 110 a ss. della decisone della Commissione di cui subito infra), ciò possa determinare una differente soluzione, segnatamente tramite la disapplicazione della disposizione interna.

Come premesso l’avviso di accertamento atteneva al recupero di IRAP che non era stata pagata in virtù della supposta sussistenza di un beneficio derivante dalla L. reg. siciliana n. 21/2003, ed in particolare dall’art. 15, in virtù del quale “1. Al fine di incentivare lo sviluppo dell’economia siciliana, è concessa l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e successive modifiche ed integrazioni, per i cinque periodi di imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2003, alle imprese già operanti in Sicilia per la parte di base imponibile eccedente la media di quella dichiarata nel triennio 2001-2003, ad esclusione delle industrie chimiche e petrolchimiche.”. La stessa disposizione, al successivo comma 3, stabiliva che “L’applicazione della presente disposizione è subordinata al rispetto della vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, nonché della definizione della procedura di cui all’articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea”.

In proposito si deve ricordare che la Commissione europea, con decisione del 14 agosto 2015, affermando un principio sul tema degli aiuti di stato e sul dovere dei singoli Stati relativamente agli stessi in relazione al

Trattato, stabiliva che ” le misure in esame costituiscono aiuti incompatibili con il mercato interno”, ove non si rientrino entro i limiti “de minimis”, stabiliti dall’apposito regolamento, e disponeva l’annullamento di tutti i pagamenti effettuati a titolo di aiuti (nella specie si trattava di aiuti in relazione ad eventi calamitosi).

Va anche chiarito e ricordato che lo sforamento dei limiti “de minimis” comporta l’esclusione in radice del beneficio.

Al considerando 134 si stabilisce infatti che “La Commissione osserva che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perché il beneficio individuale è in linea il regolamento de minimis applicabile oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)”.

Si è quindi chiarito, anche dalla giurisprudenza di questa Corte, che la soglia “de minimis” non costituisce una sorta di franchigia (come invece di fatto ritenuto attraverso il primo avviso di accertamento) ma come una soglia di rilevanza, superata la quale l’impresa interessata non può essere interessata dall’aiuto (salvo non si tratti di un intervento meramente risarcitorio di danni verificati) in radice (cfr. Cass. 11228/2011).

Su tali basi appunto la Commissione ha imposto il recupero degli aiuti, ai sensi dell’art. 288 TFUE.

È principio consolidato quello secondo cui l’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento interno si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di stato con il mercato comune, disponga la sospensione di una misura di aiuto, ne dichiari l’incompatibilità o ne ordini la restituzione, e comporta l’invalidità e/o l’inefficacia delle norme di legge e degli atti amministrativi o negoziali in forza dei quali la misura di aiuto è stata erogata (Cass. 22/11/2021, n. 35984, Cass. 03/11/2010, n. 22318).

Venendo al caso di specie va altresì ricordato che la decisone della commissione ha altresì sancito che “dal momento in cui si accerta che l’aiuto in esame costituisce un aiuto di Stato illegale e incompatibile, in linea di principio, l’importo corrispondente deve essere restituito al fine di ripristinare la situazione di mercato precedente la concessione dell’aiuto. Tuttavia, il regolamento (CE) n. 659/1999 stabilisce dei limiti alle disposizioni di recupero. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, “la Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario”, ad esempio la tutela della certezza giuridica o il legittimo affidamento (considerando 139).

Si è però chiarito (considerando 141) che “in via di principio, il beneficiario di un aiuto non notificato non può opporsi a un ordine di recupero facendo legittimo affidamento sulla regolarità di un aiuto, poiché un’impresa diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che un aiuto sia stato notificato.”, e come si vedrà nel caso di specie la stessa disposizione che configura l’aiuto fa espresso riferimento ai limiti unionali che lo stesso subisce (cfr. art. 15, comma 3, l.r. n. 21/15).

Né sussistono per il recupero ostacoli attinenti alla certezza del diritto, per cui l’esistenza di sentenze esecutive di tribunali nazionali non preclude il recupero. In proposito si richiama quanto stabilito nella Causa C-119/05 Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato/L.s.p.a., Raccolta 2007, pag. I-06199.

Peraltro, nel caso corrente il processo è tuttora in corso, quindi l’ostacolo in parola non si frappone comunque. Né ricorrono i presupposti per la sussistenza dell’impossibilità al recupero di cui al considerando 152, trattandosi di anno d’imposta 2006 rispetto alla data del recupero stesso (2013, pertanto nell’ambito del decennio indicato dalla già richiamata decisione).

Il fatto che la disciplina interna, per le finalità che si sono viste, stabilisca il divieto di accertamenti frazionati, non può allora essere di ostacolo al recupero dell’aiuto, dovendosi dare prevalenza alla disciplina unionale nel senso sopra inteso, comprensiva delle decisioni della Commissione e delle sentenza della Corte di Giustizia, anche in casi ben più incisivi sui principi dell’ordinamento interno, come quello dell’autorità del giudicato e dell’osservanza del principio di diritto da parte del giudice del rinvio.

In particolare, è stata fatta prevalere l’esigenza di recupero anche rispetto alle norme interne, disapplicandole, da parte di Cass. n. 25633 del 01/09/2023, affermando la cedevolezza del giudicato rispetto alla decisione della Commissione; di Cass. n. 36772 del 15/12/2022, disapplicando le condizioni di ammissibilità della domanda tardiva di insinuazione al passivo fallimentare; di Cass. n. 20173 del 22/06/2022, che ha disapplicato il termine di decadenza di cui all’art. 25, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 602 del 1973 – nonostante il rinvio dell’art. 24, comma 4, della L. n. 29 del 2006, anche alle norme in materia di riscossione, sul che si veda anche Cass. n. 4860 del 19/02/2019; di Cass. n. 15407 del 22/07/2015, che ha ritenuto la disapplicazione della disciplina del condono.

In definitiva in presenza di un aiuto di stato e delle necessità della relativa neutralizzazione ai fini dell’ottemperanza degli obblighi unionali nel senso sopra inteso, è dovuta la disapplicazione di una norma in generale altrimenti legittima.

Né sorgono dubbi di sorta nella specie, pur non direttamente attinta da ordine di recupero contenuto nella decisione, poiché pacificamente si tratta di aiuto di stato, soggetto alla normativa de minimis, come fa palese la stessa norma istitutiva sopra riportata (art. 15, comma 3, L.r. n. 21/2003), il che elimina in radice qualsiasi questione in ordine al legittimo affidamento.

Da quanto precede emerge che anche nel caso di specie, pur dovendosi in generale confermare l’interpretazione fornita da questa Corte in ordine alla portata del disposto di cui all’art. 41-bis, d.p.r. n. 600/1973, tale norma va disapplicata dando invece prevalenza all’esigenza di rendere esecuzione alla decisione della Commissione di cui s’è detto, e pertanto deve affermarsi che anche in assenza di circostanze o fatti sopravvenuti a fronte di un primo accertamento, l’amministrazione può provvedere al recupero degli aiuti di stato attraverso un nuovo avviso di accertamento, che sia così idoneo – nella specie – a neutralizzare un beneficio contrastante con la decisione in argomento.

Va dunque affermato il seguente principio di diritto

Il giudice nazionale, in relazione all’esigenza di ottemperare agli obblighi comunitari di neutralizzazione degli aiuti di stato, non contrastata dalla necessità di tutela della certezza del diritto o di un legittimo affidamento o ancora di impossibilità di esecuzione, deve disapplicare la disposizione di cui all’art. 41-bis, d.p.r. n. 600/1973, che stabilisce il principio di unitarietà dell’accertamento fiscale, e pertanto deve ritenere la legittimità di un recupero anche frazionato dell’aiuto, purché l’amministrazione giunga all’obbiettivo del rispetto della normativa di cui all’art. 289 TFUE.

2. Il ricorso dev’essere dunque accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che provvederà altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

 Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, che in diversa composizione provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.