Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 16290 depositata il 16 giugno 2024
DINIEGO RIMBORSO – IRAP
FATTI DELLA CAUSA
1. G.E.C. presentava all’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale II di Milano – istanza di rimborso dell’IRAP versata per il periodo d’imposta 2014, per un importo complessivo pari ad euro 754,40.
Nell’istanza la contribuente sosteneva che aveva svolto, nell’anno in questione, la propria attività professionale di consulente nell’ambito della più ampia struttura organizzativa costituita dalla società di revisione K.A. Spa, di cui era una dei soci; che K.A. Spa era il suo unico committente, e pertanto tutto il reddito professionale da lei dichiarato proveniva dalla suddetta attività; che, nell’espletamento degli incarichi assegnati, svolgeva l’attività in assenza di una propria autonoma organizzazione; che, pertanto, non sussisteva il presupposto impositivo di cui all’art. 2 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
2. Formatosi il silenzio-rifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano, che lo rigettava.
3. Interposto gravame dalla contribuente, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia lo rigettava.
I giudici di appello valorizzavano la circostanza che l’appellante esercitava la propria attività professionale di consulente nell’ambito dell’organizzazione costituita dalla società di consulenza K.A., di cui era socia-partner (come risultava dal “documento di trasparenza” pubblicato sul sito web della società), per trarne la conclusione che la contribuente si sarebbe avvalsa in modo non occasionale di beni, servizi, tecnologie e lavoro dipendente altrui, in modo da superare la soglia dell’impiego di un collaboratore svolgente mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive e da integrare una capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista.
4. Avverso tale ultima sentenza G.E.C. propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati con memoria.
5. Resiste con controricorso l’Agenzia delleEntrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del lgs. n. 446 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che erroneamente la CTR aveva attribuito rilievo, ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell’“autonoma organizzazione”, non già alle dotazioni di personale e capitale facenti capo alla ricorrente (sostanzialmente nulle, come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata), bensì al personale e alle strutture organizzative riferibili alla K.A. Spa, ossia il committente dei servizi della dott.ssa G.E.C. e dal quale quest’ultima traeva – circostanza pure accertata in giudizio – tutti i suoi compensi professionali.
2. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente eccepisce violazione degli 115 c.p.c. e 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.
Deduce che la sentenza impugnata avrebbe posto a fondamento della decisione l’esistenza di una sua propria autonoma organizzazione, mentre tale circostanza sarebbe stata esclusa pacificamente, in quanto l’utilizzo di strutture e dell’organizzazione della committente K.A. Spa non era oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio, ed era pacifico che ella non avesse svolto attività di consulenza aziendale nei confronti di clienti suoi propri.
3. Il primo motivo è fondato.
4. Questa Corte ha già deciso in tal senso controversie analoghe (tra le ultime, Cass., sez. 5, 08/02/2024, n. 3632 e n. 3624, alla cui motivazione ci si riporta; Cass., sez. 5, 17/01/2024, n. 1857; Cass., sez. 5, 08/01/2024, n. 589, n. 586, n. 562 e n. 558), tutte citate nella memoria illustrativa depositata dalla ricorrente e tutte afferenti alla medesima attività prestata da professionisti nell’ambito della K.A. Spa, affermando principi dai quali non si rinvengono ragioni per discostarsi.
5. Come confermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), il requisito dell’“autonoma organizzazione” di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, quale presupposto impositivo dell’IRAP, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi attività di segreteria ovvero meramente esecutive (v. anche Cass. 25 maggio 2019, n. 12111; Cass. 19 aprile 2018, n. 9786).
6. Orbene, affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato ad IRAP, è necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma che egli sia anche titolare di questa organizzazione, e ne sia dunque responsabile (Cass. 16 giugno 2022, n. 19397).
7. Nella fattispecie in esame è incontroverso che la contribuente, pur essendo una lavoratrice autonoma, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione, ma fosse invece inserita stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico, e cioè la società di consulenza K.A. Spa, che ne è l’unica responsabile organizzativa.
A nulla rileva, pertanto, che la contribuente si avvalesse di tale organizzazione, in quanto ciò che importa, ai fini dell’assoggettabilità all’IRAP, è che il contribuente sia il titolare e il responsabile di tale organizzazione. Peraltro, poiché non era la ricorrente a sostenere i costi per i collaboratori e i dipendenti, non si vede come ella avrebbe potuto assumere decisioni sulla gestione di tale personale, al di là delle singole e specifiche direttive impartite nell’ambito del singolo incarico di revisione di volta in volta svolto (sul punto, Cass, 15 marzo 2018, n. 6439; Cass., 2 settembre 2016, n. 17566).
8. Questa Corte, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata (v. Cass. 13 giugno 2012, n. 9692, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta e organizzata da altri).
Tale principio ha trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgano, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza, in casi del tutto analoghi al presente, ove il professionista svolge un’attività di consulenza per una società, di cui è socio, peraltro in misura molto ridotta (Cass. 28 aprile 2023, n. 11238; Cass. 16 giugno 2022, n. 19397; Cass. 28 aprile 2021, n. 11140); in tali arresti è stato affermato il principio per cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione (da ultimo, v. Cass. 25 luglio 2023, n. 22266; Cass. 5 maggio 2023, n. 11924).
9. Irrilevante è, poi, a tal fine, la circostanza che la contribuente detenesse all’epoca una quota di partecipazione nel capitale sociale della società di revisione: infatti, in ogni caso la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva capo ad un soggetto (la K.A. Spa) diverso dalla contribuente (nello stesso senso, per fattispecie analoghe, v. Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
10. Escluso il requisito dell’“autonoma organizzazione” ai fini IRAP, il secondo motivo è da ritenere assorbito.
11. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originario proposto dalla contribuente.
12. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell’Agenzia delle entrate, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, mentre le spese delle fasi di merito vanno compensate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto da G.E.C..
Condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 1.700, per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15 per cento, e accessori se dovuti.
Spese compensate per le fasi di merito.