CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 16961 depositata il 19 giugno 2024

Tributi – Cartella di pagamento – IRPEF – IVA – IRAP – Rigetto – L’errore di fatto previsto dall’art. 395, numero 4, C.P.C., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste, infatti, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibilmente esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa

Rilevato che

1. Con sentenza n. 2103/03/2021, depositata in data 10 giugno 2021, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Calabria dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione proposto da Ca.Ro. nei confronti di E.T.R- Spa e dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 825/02/2014, con la quale la CTR della Calabria aveva accolto l’appello proposto da E.T.R. Spa avverso la sentenza della CTP di Cosenza n. 618/09/2010 che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso cartella di pagamento emessa ai fini Irpef, Irap e Iva per gli anni 2001-2005.

2. In punto di diritto, la CTR, adita in sede di revocazione, ha ritenuto insussistente il denunciato errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4 C.P.C. asseritamente risultante da atti e documenti di causa, per non essere state considerate nel giudizio di appello le eccezioni sollevate dal contribuente, osservando come fossero state correttamente disattese dal giudice del gravame le eccezioni di difetto di notifica della cartella, nella specie, ritenuta regolarmente effettuata ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, anche in mancanza dell’apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dell’art. 3 della legge n. 890/1982, implicante una mera irregolarità.

In ogni caso – ha aggiunto la CTR- “qualora il contribuente fosse stato nelle condizioni di provare quanto sul punto lamentato, il rimedio sarebbe stato il ricorso per cassazione (avverso la sentenza n. 825/02/2014) per asserita lesione del contraddittorio” trattandosi di una “presunta non esatta attività valutativa delle risultanze processuali” svolta dal giudice di appello da doversi considerare come “errore di giudizio e non di fatto”.

3. Avverso la suddetta sentenza, Ca.Ro. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui resistono, con controricorso l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle entrate-Riscossione (A.).

4. Il contribuente ha depositato memoria.

Considerato che

1. Con l’unico motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 C.P.C., la violazione e falsa applicazione dell’art. 395, n. 4 C.P.C. per avere la CTR adita in sede di revocazione dichiarato erroneamente inammissibile il ricorso, ritenendo che il denunciato errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice di appello – circa l’asserita inesistenza agli atti di causa della comparsa di costituzione dell’Avv. A. (nella quale erano stati riproposti espressamente tutti i motivi formulati e dedotti nel ricorso introduttivo e rimasti assorbiti nella pronuncia di primo grado) benché regolarmente acquisita al fascicolo d’ufficio come da dichiarazione rilasciata dal dirigente responsabile con la pec del 20/10/2014 – concretasse un errore di giudizio legittimante eventualmente il rimedio del ricorso per cassazione per violazione del principio del contraddittorio.

2. Il motivo è infondato.

3. L’errore di fatto previsto dall’art. 395, numero 4, C.P.C., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste, infatti, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibilmente esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa.

Esso si configura, quindi, in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e, pertanto, consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività.

Ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico. (ex plurimis Cass. 2529/2016, 14267/2007).

4. In particolare, questa Corte ha ripetutamente affermato che l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., e non di ricorso per cassazione (cass. 25556/2008, 11196/2007, 9628/1994).

5. Questa Corte ha tuttavia anche affermato che è necessario che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi – sì che ne discende che non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass.3289/1999, 14840/2000, 15466/2003, 27094/2011; Cass. n. Sez. L, Sentenza n. 19174 del 2016).

Ciò che rileva è – detto altrimenti – che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia in realtà pronunciato (Cass. 16439/2021).

Sul punto va anche ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ha, più di recente (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7435 del 15/03/2023), precisato ulteriormente che, in tema di revocazione delle sentenze per errore di fatto ai sensi dell’art. 395, n. 4, C.P.C., nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice di merito ha definito il processo (Sez. 1, Sentenza n. 30842 del 2023).

6. Occorre, innanzi tutto, ricordare il costante insegnamento di questa Corte, secondo il quale l’errore revocatorio presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti: una dalla sentenza e l’altra dagli atti e dai documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio, cioè frutto dell’apprezzamento del giudice delle risultanze processuali, e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti, non sia stata contestata dalle parti (Sez. 1, Sentenza n. 30842 del 2023).

7. Nella specie, la CTR, adita in sede di revocazione, si è attenuta ai suddetti principi di diritto, nel dichiarare inammissibile il ricorso in quanto – avendo il giudice di appello, nella specie, specificamente apprezzato, costituendo un punto controverso, l’inesistenza agli atti di causa della comparsa di costituzione (dell’Avv.to A.), accogliendo poi l’appello dell’Ufficio stante la riscontrata regolarità della notifica della cartella ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 (v. sentenza n. 825/02/2014 allegata in atti) – trattavasi della denuncia di “una presunta non esatta attività valutativa delle risultanze processuali svolta dal giudice di appello” e, dunque, di un errore di giudizio non di fatto.

8. In conclusione, il ricorso va rigettato.

9. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

 Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;

Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.