CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 18059 depositata il 1° luglio 2024
Tributi – Cartella di pagamento – ICI – Notifica dell’avviso a mezzo posta – Irreperibilità relativa del destinatario – Legale rappresentante – Articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 – Rigetto
Rilevato
1. La società contribuente ha impugnato la cartella di pagamento per l’i.c.i. relativa all’annualità 2010, notificatale in data 20 marzo 2017 a mezzo p.e.c., deducendo la mancata notifica del relativo avviso e la conseguente decadenza e prescrizione della pretesa tributaria.
2. Il ricorso è stato rigettato in primo grado con sentenza confermata in appello, in cui si legge che l’accertamento i.c.i. è stato notificato con raccomanda spedita in data 15 dicembre 2014 presso la sede sociale in Campobasso, alla C/da (…) 22, con compiuta giacenza perfezionata il 30 dicembre 2014, e che “a nulla rileva l’opposto trasferimento di sede avvenuto con atto pubblico il 12 dicembre 2014, registrato il 15 dicembre 2014, … atteso che gli effetti del trasferimento, ai fini fiscali, si producono solo dopo i 30 giorni decorrenti nella fattispecie dal 15 gennaio 2015, ovvero in data posteriore alla notifica dell’avviso di accertamento”.
3. Avverso la sentenza di appello la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione.
4. Il Comune si è costituito con controricorso, lamentando la novità di alcune eccezioni proposte in questa sede, in ordine alla nullità del procedimento notificatorio, ed evidenziando che in sede di merito è stata denunciata solo l’erroneità del luogo dell’avvenuta notificazione.
6. La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 14 giugno 2024.
Considerato
1. La ricorrente ha dedotto:
1) la falsa applicazione dell’art. 60, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi dell’art. 60 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., potendo ricorrersi a tale procedimento notificatorio solo quando il contribuente risulta trasferito in luogo sconosciuto e non anche quando risulti momentaneamente irreperibile e dovendo, nel caso di specie, effettuarsi la notifica al legale rappresentante della società, presso la sua residenza o domicilio;
2) la violazione del combinato disposto degli artt. 145 cod. proc. civ. e 60, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., non essendo stata rispettata, nel caso di specie, la gradualità del procedimento notificatorio nei confronti delle società, che avrebbe imposto, prima di ricorrere al procedimento di cui all’art. 60, di effettuare la notifica al legale rappresentante della società;
3) l’omessa pronuncia su un motivo di appello, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e, cioè, sulla nullità dell’avviso di accertamento i.c.i. in conseguenza della sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise n. 440 del 2018, che ha accertato l’omessa notifica degli atti di classamento ed il loro improprio utilizzo ai fini i.c.i. – motivo da esaminare anche in caso di regolare notificazione dell’avviso di accertamento, non avendo potuto proporlo prima la società contribuente.
2. I primi due motivi sono inammissibili, in quanto presuppongono che la notifica dell’avviso di accertamento sia avvenuta ai sensi dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 lett. e (e, cioè, con l’affissione dell’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 cod. proc. civ., in busta chiusa e sigillata, nell’albo del comune), mentre dalla sentenza risulta che la notificazione è avvenuta a mezzo posta presso la sede sociale sita in Campobasso, C/da (…) 22 e si è perfezionata per compiuta giacenza.
In proposito va ricordato che, in tema di notificazione a mezzo posta, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio nel caso di irreperibilità relativa del destinatario deve avvenire – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8 della legge n. 890 del 1982 – attraverso l’esibizione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), in quanto solo l’esame di detto avviso consente di verificare che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del deposito dell’atto presso l’ufficio postale e che ne sia stato pertanto tutelato il diritto di difesa.
A ciò si aggiunga che la notificazione a persona giuridica eseguita presso la sede legale, poi trasferita in luogo diverso, è idonea a produrre gli effetti che le sono propri nei confronti dell’ente medesimo a condizione che sussista un collegamento fattuale tra il luogo presso cui la notifica è stata effettuata e le sedi in cui, nel tempo, l’attività della società si è svolta e che il consegnatario dichiari di essere incaricato della ricezione degli atti, consentendo tali elementi di ritenere che detto luogo costituisca ancora una sede operativa dell’ente e di escludere che il ricevente sia estraneo all’ente medesimo (Cass., Sez. 5, 5 giugno 2020, n. 10694).
Parte ricorrente non ha dedotto la violazione di tali principi, in quanto non si è confrontato affatto con l’accertamento del perfezionamento della notifica a mezzo posta per compiuta giacenza, effettuato nella sentenza impugnata (in cui si legge anche “dell’avvenuto deposito è stata correttamente informata la società con raccomandata”).
Deve evidenziarsi che la notifica dell’avviso di accertamento, sebbene sia soggetta alla disciplina del codice di procedura civile, non integra un fatto processuale, sicché non può essere verificata direttamente dal giudice di legittimità, che deve attenersi all’accertamento di fatto compiuto in sede di merito (nel caso di specie, con doppia conforme sul punto).
In proposito può rinviarsi a Cass., Sez. 5, 29 gennaio 2024, n. 2630, secondo cui la denunciata illegittimità o tardività della notifica dell’avviso di accertamento non si traduce in un error in procedendo, attesa la natura sostanziale e non processuale dell’atto impositivo, e ciò impedisce alla Suprema Corte di controllare direttamente, quale giudice del fatto processuale, la data di perfezionamento, trattandosi di verifica rimessa al giudice di merito che, in presenza di doppia decisione conforme, non può essere contestata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., salvo che il ricorrente dimostri che le ragioni di fatto, su cui si fondano la pronuncia di primo grado e quella di appello, sono diverse.
Va pure ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v., per tutte, Cass., Sez. 5, 10 novembre 2020, n. 25137), l’obbligo di notificazione degli atti tributari (nella specie dell’avviso di accertamento) presso il domicilio fiscale ex art. 60, comma 1, lett. c, del D.P.R. n. 600 del 1973 non esclude la possibilità, prevista dall’art. 145, primo comma, c.p.c., così come modificato dalla legge n. 263 del 2005, di eseguire la notificazione alle persone giuridiche, in via alternativa a quella nella loro sede, direttamente alla persona fisica che le rappresenta, purché ne siano indicati nell’atto la qualità, nonché la residenza, il domicilio o la dimora abituale.
Tuttavia, la notifica al legale rappresentante della società presso la sua residenza, domicilio o dimora, prevista dall’art. 145 cod. proc. civ. come alternativa (e non come ipotesi prioritaria o residuale), è una mera facoltà e non un obbligo o onere per l’ente impositore, sicché la sua omissione non determina l’invalidità della notifica dell’atto impositivo effettuata alla sede sociale.
Per completezza occorre ricordare che:
– la notifica a mezzo posta di un avviso di accertamento i.c.i. è del tutto legittima ai sensi dell’art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 e 1, comma 161, della legge n. 296 del 2006;
– l’art. 14 della legge n. 890 del 1982, intitolato “Avvisi ed atti che per legge devono essere notificati al contribuente”, fa salvo l’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, che prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, per le società dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli artt. 35 e 35 – ter del D.P.R. n. 633 del 1972 (come precisato nella sentenza impugnata).
4. Per quanto concerne l’ultimo motivo, a prescindere dall’allegazione del controricorrente (secondo cui la sentenza invocata della Commissione tributaria regionale del Molise n. 440/2018 è oggetto di impugnazione e, quindi, non ancora passata in giudicato ed anzi, allo stato attuale, risulta cassata con rinvio con ordinanza di questa Corte, n. 8504 del 2023), la mancata tempestiva impugnazione dell’atto impositivo, in presenza di una valida notificazione dello stesso, preclude la proposizione in questa sede dei motivi ad esso riferiti (anche di motivi aggiunti, che avrebbero potuto essere proposti solo nel giudizio di impugnazione avente ad oggetto l’atto impositivo, ove tempestivamente instaurato).
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.